Dispersione implicita, disastrosi dati Invalsi: in Campania 1 studente su 5 prende la maturità solo sulla carta. Per Anief è troppo facile prendersela con le famiglie

Anief – Gli esiti delle prove Invalsi pubblicati da pochi giorni confermano non solo l’alto numero di abbandoni di scuola prematuri, ma anche il fenomeno della dispersione implicita, ossia quella fetta di giovani che conseguono il diploma di maturità solo di fatto, perché in realtà non raggiungono i livelli di competenza minimi previsti.
Se in generale la dispersione implicita riguarda il 9,7% di studenti, facendo registrare una flessione rispetto al passato – l’anno scorso era al 9,8% con un aumento importante rispetto al 2019 (7,5%) – ci sono alcune regioni dove il fenomeno rimane a dir poco preoccupanti. Per due regioni – Puglia (-4,3 punti) e Calabria (-3,8 punti) – c’è stata una importante inversione di rotta, ma rimane il fatto che la stessa Calabria resta tra le regioni con le percentuali più alte (16%), insieme a Sicilia (18,7%) e Sardegna (18%). Quest’ultima registra un incremento rispetto all’anno precedente. La Campania, scrive la stampa specialistica, è la regione con la percentuale più alta in assoluto, 19,8%: uno studente su cinque è “maturato” solo sulla carta. L’Invalsi fa notare che “la dispersione implicita è più che doppia per gli allievi che provengono da famiglie meno avvantaggiate e quasi quadrupla per gli allievi di cui non sono disponibili i dati di background”. È infine indicativo che la dispersione implicita è rimasta stabile al 5,6% fra gli studenti provenienti da ambienti più favorevoli.
Anief ritiene che non si possono addebitare le responsabilità di questa discrepanza solo ai contesti familiari difficili. “La realtà è che chi governa la scuola potrebbe fare molto di più per dare un aiuto concreto agli alunni provenienti da quei contesti familiari e sociali sfavorevoli – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – perché si continua a proporre la stessa didattica pre-Covid, con gli effetti del dimensionamento scolastico introdotto dal 2009, con il Dpr 81, che hanno tolto ore di scuola, classi, sedi scolastiche, compresenze e in generale qualità al nostro sistema scolastico. Se in realtà territoriali positive tutto questo è superabile, nelle zone culturalmente e socialmente arretrate, il passo indietro è a dir poco deleterio. E meno male – continua Pacifico – che nell’ultimo biennio ci sono stati gli insegnanti precari anche durante la pandemia hanno permesso di sopperire a tante mancanze. La politica non è stata invece all’altezza, perché ora anziché stabilizzare quei supplenti di lunga data, li ignora completamente. Non si fa così”.
“Se si vuole cambiare marcia, quello che serve – continua Pacifico – è quindi un intervento economico importante a favore dell’Istruzione pubblica: vanno dimezzati gli alunni per classi, aumentate le ore di tempo scuola, riportate le compresenze dei docenti, riportati i docenti specializzati nella lingua alla primaria, oltre che incentivato il personale con carriere, profili professionali ulteriori e stipendi in linea con il resto d’Europa”.