“Diritto allo studio” deve essere tutelato nonostante il “carcere duro” del 41 bis. Sentenza

La Corte di Cassazione (Sezione VII Penale, Ordinanza n. 12199 del 31.03.2021) ha precisato che, nonostante i contemperamenti con le caratteristiche imposte dal particolare regime carcerario dell’art. 41 bis Ord. Pen., il diritto allo studio resta comunque garantito e tutelato. Le limitazioni sono giustificate dal peculiare regime del 41 bis, ed attengono esclusivamente a determinate modalità di esercizio del diritto stesso.
Cos’è il 41 bis Ord. Pen.
I detenuti sottoposti al regime 41-bis, applicabile per i delitti più gravi (commessi per finalità di terrorismo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’associazione mafiosa, di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, e via dicendo) sono ristretti in carceri a ciò dedicate, o in reparti separati dal resto dell’istituto penitenziario. La custodia avviene in sezioni specializzate della polizia penitenziaria. L’applicazione del cd. “carcere duro” comporta limitazioni ulteriori rispetto ai carcerati in regime ordinario, tra cui:
- vengono adottate misure di elevatissima sicurezza interna ed esterna;
- è previsto un solo colloquio al mese, in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti, e solo con familiari e conviventi;
- somme ed oggetti che possono essere ricevuti dall’esterno sono limitati;
- è previsto un visto di censura della corrispondenza (ad eccezione di quella coi membri del Parlamento o con autorità europee o nazionali che hanno competenza in materia di giustizia);
- la permanenza all’aperto non può svolgersi in gruppi superiori a quattro persone e la durata massima è di due ore al giorno;
- sono adottate le misure necessarie per impedire la comunicazione tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità e scambiare oggetti.
La vicenda
Il Tribunale di sorveglianza aveva respinto il reclamo proposto da un detenuto contro il provvedimento col quale il Magistrato di sorveglianza aveva rigettato il reclamo formulato dallo stesso detenuto, mirante ad ottenere:
- l’autorizzazione ad iscriversi presso un istituto scolastico superiore di Ragioneria;
- che l’Amministrazione penitenziaria provvedesse alla fornitura dei libri di testo necessari;
- che l’Amministrazione consentisse l’accesso al carcere di un insegnante almeno due volte alla settimana per assisterlo nel percorso di studio;
- o, in subordine, che gli venisse consentito per due volte alla settimana di collegarsi attraverso la rete internet con un insegnante;
- che le ore di sostegno scolastico non gli venissero decurtate dalle ore di socialità o di aria.
Il Tribunale escludeva che potesse ravvisarsi, in danno del reclamante, un pregiudizio grave e attuale all’esercizio del diritto allo studio ed alla formazione, osservando:
- che al detenuto non era preclusa dalla normativa di riferimento la possibilità di iscriversi ad un corso di scuola media superiore, che poteva aver luogo con l’unica limitazione dell’obbligo d’iscrizione nell’istituto scolastico più vicino al luogo di detenzione;
- che, ai sensi della circolare D.A.P. del 02.10.2017, il detenuto poteva anche fruire degli strumenti informatici necessari per lo studio e per la preparazione degli esami a conclusione del percorso;
- che il diritto allo studio non poteva dirsi violato dal diniego opposto dall’Amministrazione alla richiesta della fornitura gratuita dei libri di testo, atteso che la legge penitenziaria non prevedeva tale possibilità, ma contemplava dei sussidi e dei premi che potevano essere erogati ai detenuti in presenza di determinati presupposti, in particolare, nel caso in cui essi versassero in condizioni di indigenza;
- che, per quanto concerneva l’ingresso in maniera costante nell’istituto di pena di un insegnante o, comunque, l’utilizzo del sistema Skype per il sostegno scolastico, trattavasi di modalità non previste dalla normativa penitenziaria, anche per intuibili esigenze di sicurezza, atteso che concretizzavano un elevato rischio di veicolazione di messaggi da o verso l’esterno.
In conclusione, il Tribunale condivideva il tenore del provvedimento reclamato, affermando che il diritto allo studio del detenuto, garantito da norme di legge nazionali e sovranazionali, doveva essere necessariamente contemperato con le esigenze di ordine e di sicurezza sottese al regime differenziato ex art. 41-bis Ord. Pen., con la conseguenza che non era individuabile alcuna lesione grave ed attuale del diritto allo studio e alla formazione, laddove questo fosse garantito e assicurato, come nel caso di specie, seppure con alcune limitazioni rese indispensabili dall’interesse pubblico al mantenimento della sicurezza.
Permane il diritto allo studio, nonostante la sottoposizione al regime 41 bis
Il detenuto si è rivolto alla Cassazione, che tuttavia, al pari dei precedenti giudici, ha escluso la ricorrenza del pregiudizio grave ed attuale all’esercizio del diritto allo studio in danno del detenuto, posto che tale diritto che resta, in ogni caso, tutelato, seppure con le inevitabili limitazioni giustificate dal particolare regime del 41 bis cui egli è sottoposto, e che attengono esclusivamente a determinate modalità di esercizio del diritto stesso.