Dimostriamo loro che un’altra vita è possibile! Lettera
Inviata da Cristina Sbarra – Confesso che la politica dei respingimenti non è nelle mie corde, come non lo dovrebbe essere per nessun lavoratore del settore istruzione, dato che la scuola è per sua natura, per fortuna, inclusiva e accogliente delle situazioni di disagio.
Anzi, la scuola dovrebbe essere uno strumento gratuito messo nelle mani dei più giovani, che arrivano da ogni parte del mondo, in fuga da miseria e disperazione, per riscattarsi e crearsi un futuro migliore, e crescere con una società migliore. L’aveva capito bene quel piccolo, il senso del suo viaggio, che era anche il senso dell’unico documento che aveva in tasca: la sua pagella scolastica. Quel bambino è affogato, col barcone (come descrive Cristina Cattaneo nel suo libro sui naufragati). E io sono sempre di più per l’accoglienza, e per dare una possibilità a quei bambini, a quei ragazzi, anche nel nostro territorio.
Confesso altresì che sono pienamente d’accordo con la proposta di re-introdurre le buone maniere a scuola: alzarsi quando arriva l’insegnante, alzare la mano prima di parlare, mettere il grembiule onde evitare discriminazioni, esibizionismi e cattivo gusto e onde ripristinare un ‘senso di appartenenza’ ad una comunità (la ‘comunità educante’, vedi nuovo CCNL Scuola) che, anche attraverso la forma, aiuta a ripristinare la sostanza, perché anche l’abito e le buone maniere fanno il monaco.
E trovo encomiabile pure la proposta di vietare l’uso dei cellulari a scuola; non se ne può più, come dice Mario Bocola in queste lettere, di vedere ragazzi con gli occhi abbassati verso il palmo della mano, mentre camminano per i corridoi, quando va bene, se non quando parla l’insegnante.
Mi chiedo: da quanto tempo è che questi ragazzi non aprono un libro per leggere un romanzo? (Non parliamo poi dei libri scolastici…) e quanto tempo perdono sulle chat?
Sappiamo che le chat di classe servono anche per copiare i compiti, e in questo senso le nuove tecnologie aiutano, certo. Solo che anche per copiare bisogna avere la testa, e se non si sviluppa il pensiero critico studiando sulle fonti, ripetendo i concetti e organizzando i pensieri con un metodo di studio, il fatto di copiare dalla chat un compito per casa (se non un compito in classe…) può essere solo dannoso. L’insegnante se ne accorgerà subito, e le conseguenze sono un brutto voto come minimo. A meno che l’insegnato non sia ‘distratto’, perché magari impegnato anche lui (o lei) a cercare per i ragazzi l’ultimo video, o l’ultima canzone su i-tunes , con la testa chinata sul proprio cellulare, o perché non sta firmando il registro, sempre dal suo smartphone, in quanto Lim e pc non sono proprio a un passo dalla propria sedia (!?)…
A quei solerti insegnanti suggerisco di cuore che, per una volta, possono essere meno diligenti: “la scuola ti deve fornire le tecnologie per poter firmare il registro elettronico!” per cui state tranquilli, non è un dovere usare il vostro smartphone per firmare il registro, e siate liberi di dare il buon esempio non usandolo, specialmente di fronte a loro.
Come suggerito in un’altra lettera a OS (https://www.orizzontescuola.it/scuola-e-smartphone-il-suono-del-silenzio-lettera/), noi insegnanti abbiamo invece il dovere morale di di-sconnetterci dallo smartphone e ri-connetterci con loro, gli studenti. Riapprezzando, insieme, il suono del silenzio e dell’attenzione. Per tutto il resto (firme, video didattici, piattaforme online, ecc…) ci sono Lim, pc o aule di informatica. E se anche tutto il resto dovesse mancare, abbiamo la parola.
Dimostriamo loro che un’altra vita, reale, fatta di sguardi e interazioni umane, di ascolto e di accoglienza degli altri, e non di dipendenza continua dalla tecnologia è ancora, anche oggi, possibile!