Dimesso volontariamente e poi riammesso in servizio su richiesta: nella buonuscita mancano soldi e fa causa all’INPDAP. Ecco cosa hanno detto i giudici
Un lavoratore già dipendente MIUR, prima responsabile amministrativo e poi DSGA, si era dimesso volontariamente i ricevendo la corresponsione dell’indennità di fine servizio. A domanda, era stato riammesso in servizio con contratto individuale di lavoro stipulato con qualifica di DSGA, e poi collocato a riposo per raggiunti limiti di età. Il lavoratore ha adito il Tribunale impugnando il prospetto di calcolo della buonuscita predisposto dall’INPDAP, che aveva ridotto la retribuzione virtuale indicata dal modello PL1 del Centro Servizi Amministrativi di Lecce del MIUR. Si pronuncia la Cassazione Civile Ord. N° 13957/2024 su una questione particolare, ovvero quella della riammissione in servizio.
L’istituto della riammissione in Servizio
Occorre premettere che l’art. 115 del d.P.R. n. 417 del 1974 prevede, per quanto qui rileva: “Al personale di cui al presente decreto si applicano, per quanto concerne la riammissione in servizio, le disposizioni di cui al testo unico approvato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n.3. La riammissione in servizio è subordinata alla disponibilità del posto o della cattedra e non può aver luogo se la cessazione dal servizio sia avvenuta in applicazione di disposizioni di carattere transitorio o speciali. Il personale riammesso in servizio assume nel ruolo la posizione giuridica ed economica che vi occupava all’atto della cessazione dal rapporto di servizio”. Dunque, specifica la Corte di Cassazione, la norma consente il ripristino, in favore del singolo dipendente, di un rapporto di pubblico impiego, in via eccezionale, al di fuori delle ordinarie procedure concorsuali e subordinatamente all’esercizio di un potere di natura discrezionale (Cons. Stato, Sez. VI, 22/09/2006, n. 5582, Cons. Stato, Sez. II, 05/06/2023, n. 5449). La stessa richiama le disposizioni di cui al d.P.R. n. 3 del 1957. A sua volta, l’art. 132 del d.P.R. n. 3 del 1957 prevede “L’impiegato riammesso è collocato nel ruolo e nella qualifica cui apparteneva al momento della cessazione dal servizio, con decorrenza di anzianità nella qualifica stessa dalla data del provvedimento di riammissione”.
La riammissione in servizio costituisce un nuovo rapporto di lavoro
La Cassazione afferma nettamente che la differente disciplina relativa al collocamento nel ruolo e nella qualifica in sede di riammissione, non esclude che in entrambi i casi, che rientrano nell’ambito dei rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, l’istituto della riammissione in servizio dopo che il rapporto di lavoro è cessato, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, non dà luogo alla reviviscenza del precedente rapporto di lavoro. Ed infatti, ha luogo la costituzione di un rapporto di lavoro nuovo, anche se disposizioni di legge o di contratto collettivo prevedono la riammissione nel ruolo precedentemente ricoperto oppure, come il citato art. 115, l’attribuzione dell’anzianità pregressa (cfr., Cass., n. 30342 del 2017, Cass., S.U., n. 26827 del 2009, Cass., n. 26556 del 2008). La disciplina richiamata anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 344 del 1999, riguarda gli effetti della riammissione con riguardo alla conformazione del nuovo rapporto di lavoro che si viene a costituire, ma ciò non esclude e anzi presuppone che con la riammissione in servizio si venga ad instaurare un nuovo rapporto di lavoro, rispetto a quello in precedenza cessato. Nella fattispecie in esame, atteso che la riammissione era intervenuta nel 2004, con contratto individuale di lavoro concluso il 27 settembre 2004, correttamente la Corte d’Appello ha affermato che ha trovato applicazione l’art. 2, comma 5, della legge n. 335 del 1995, attesa l’inderogabilità della normativa previdenziale, nel cui ambito rientra l’indennità di buonuscita (Cass., S.U., n. 14 del 2007).
Nel caso in commento la Corte d’Appello con accertamento di fatto ha rilevato che il lungo lasso temporale intercorso tra i due rapporti di lavoro, sei anni, escludeva l’unicità degli stessi. All’esito della valutazione delle risultanze istruttorie il giudice di appello ha affermato che non vi erano stati errori di computo, in quanto il beneficio economico ex lege n. 336/70 era stato applicato (in occasione della prima liquidazione intervenuta il 3 marzo 2008), e di fatto l’appellato aveva goduto anche degli aumenti stipendiali previsti dal CCNL del 29 novembre 2007. In merito a tali statuizioni il ricorrente non ha svolto circostanziate censure, limitandosi a sollecitare un riesame nel merito delle risultanze istruttorie di causa, inammissibile in sede di legittimità e pertanto il ricorso è stato respinto.