Didattica online al tempo del Coronavirus, la difficile gestione degli studenti con sostegno o difficoltà di apprendimento
Le scuole che in alcune regioni sono state chiuse mostrano un’autentica capacità di rinnovarsi rendendo operative le nuove tecniche di didattica a distanza mediata dal pc.
Questo nuovo mezzo mostra delle difficoltà particolari per i ragazzi dva – però ci sono anche dei casi interessanti di successo comunicativo.
La pesante situazione che stiamo vivendo ha fatto avere seguito una serie di ripassi, spiegazioni, videolezioni realizzate tramite whatsapp, meet hangouts di google o email.
In buona parte queste tecniche erano già state studiate dagli esperti ed erano note agli appassionati ma finora il grande numero dei docenti se ne era tenuto al margine: forse perché non erano stati affascinati dall’innovazione o perché anche troppo sommersi dal cumulo di compiti che vengono riversati sulle loro spalle .
Certo il numero dei perché potrebbe essere infinito ma a noi non interessa.
Vogliamo solo sottolineare il cambiamento generale: infatti in queste ore l’assenza degli allievi e il comune obbligo a non frequentare la scuola ha portato tutti i docenti ad affacciarsi in modo concreto e fattivo alla didattica a distanza per cercare di recuperare attraverso lo schermo il contatto con i propri alunni.
Infatti, il quotidiano rapporto con i ragazzi ci è indispensabile per dare corpo alla nostra professione perché senza di loro la scuola non esiste e noi sappiamo che non può essere sostituita da una dotta serie di corsi di formazione e da vetrine letterarie o concorsi scientifici.
Tutte quelle realtà sono importati, stimolanti e a volte indispensabili ma non sono la scuola, che è fatta dal nostro continuo rapportarci con i ragazzi.
A volte in modo conflittuale ma sempre autentico, energico e sicuramente necessario.
Oggi che i ragazzi ci sono venuti meno, abbiamo scoperto la possibilità di ritrovarli tramite il pc e ci siamo appassionati.
Il problema è che non sempre i ragazzi sono disponibili a mettersi in contatto con noi, a studiare quello che noi assegniamo loro e non sono così diligenti nell’inviarci svolti i compiti che chiediamo.
Anche i docenti di sostegno vivono la stessa realtà nei casi di allievi con PEI ad obiettivi minimi: si devono confrontare con la poca disponibilità dei giovani a mettersi in contatto con i loro prof.
Infatti per tutti i ragazzi è necessario uno sforzo di volontà per rapportarsi con la scuola, con la classe e con i professori.
Le difficoltà crescono in modo esponenziale per i ragazzi che non vivono bene l’insegnante di sostegno, cioè che lo vedono come qualcuno che sottolinea i loro problemi e che li differenzia rispetto alla “aurea” normalità.
Spesso sono ragazzi oppositivi per i quali il docente “speciale” diventa il primo obiettivo da abbattere.
I casi di questo tipo sono numerosi: nella loro realtà il docente di sostegno è accettato solo come la figura che può ottenere clemenza in sede di consiglio di classe e trasformare in sufficienze dei voti onestamente impresentabili.
Purtroppo quando il docente non è visto come importante mediatore didattico, la situazione attuale diventa un’interessante momento di fuga, cioè un’insperata opportunità per sparire.
Infatti l’esclusivo utilizzo delle tecnologie non è abbastanza coercitivo per riuscire a convincerli che nel loro caso sia opportuno – e anche interessante- mettersi in contatto con il professore “che sa fare solo i riassuntini”.
E così i giorni di chiusura diventano giorni di vendetta e di fuga dal rapporto con il docente di sostegno che dovrà in futuro – sperando che nessuno si ammali e che l’epidemia venga sconfitta presto– riallacciare un rapporto faticoso che è diventato lontano.
Dalle nostre riflessioni fino ad ora sono rimasti esclusi tutti i ragazzi diversamente abili gravi – cioè con PEI ad obiettivi differenziati – che quando perdono la quotidianità scolastica hanno perso uno dei pochi momenti di autentico aggancio con la realtà.
L’unica possibilità dei docenti di sostegno che li seguono è mettersi in contatto con la famiglia affinchè li aiuti a connettersi con la scuola attraverso il pc e cercare di catturare la loro attenzione.
Sempre sperando nella disponibilità della famiglia che nei casi di ragazzi con profili diagnostici importanti è indispensabile, nel momento della connessione la nostra unica possibilità di insegnanti di sostegno per instaurare con loro un dialogo educativo attraverso un mezzo nuovo è di apparire interessanti ai loro occhi e di sapere coinvolgerli fin dal primo momento.
Ecco l’importanza di creare dei video o delle piccole lezioni in cui il colore sia l’elemento più importante e che richiedano la loro partecipazione.
A questo proposito non è necessario diventare pittori o scienziati come Leonardo ma è sufficiente mettere on line dei disegni da continuare a colorare accompagnati da musiche di sottofondo che non siano invasive, infatti lo stimolo sonoro può spesso disturbare e allontanare.
Questa potrebbe essere una lezione ideale: dopo averli coinvolti chiedendo la loro partecipazione nel completare una serie di figure, si potrebbe fare passare sullo schermo una serie di immagini selezionate da un monumento della città che si possa immaginare di visitare con loro quando la situazione sarà più tranquilla e il coronavirus sarà stato sconfitto.
I ragazzi sono spesso più consapevoli di quello che noi pensiamo possano essere: hanno perfettamente capito che oggi è tutto sottosopra e spesso si interrogano sulla realtà e sul futuro.
La possibilità di progettare un piccolo tour e cioè di pensare a un “futuro possibile” è stato accolto con incredibile entusiasmo da molti ragazzi che si sono scossi dalle loro difficoltà – anche se solo per un breve periodo di tempo – e che si sono mostrati disponibili a seguire e a prendere parte al video e alla attività richiesta.
Nelle tristi ore che stiamo vivendo questo tipo di tecnica ha dato dei risultati insperati su casi che erano stati ritenuti perduti e su allievi che erano stati considerati irraggiungibili.
Nonostante tutte le difficoltà.