Didattica e neuroscienze: tra approcci consolidati e nuovi orizzonti. FIRENZE, 21 e 22 marzo 2025. Auditorium di Sant’Apollonia Via San Gallo 25

di Alessandro Artini (Presidente ANP Toscana) – Che senso ha un convegno dedicato al rapporto tra il pensiero pedagogico e didattico, da un lato, e quello delle neuroscienze, intese nella loro pluralità e poliedricità, dall’altro? La risposta è tutt’altro che scontata, nel contesto attuale di un dibattito scolastico dove si parla soprattutto della molteplicità delle educazioni (affettiva, alla legalità, alla salute, per l’alfabetizzazione informatica, finanziaria, ecc.). In altri termini, pare che, per riformare oggi la scuola, occorrano nuovi insegnamenti o nuovi spezzoni di sapere che arricchiscano i curricoli tradizionali e li attualizzino. Ma la questione fondamentale, forse, è quella di ragionare su come ricomporre i curricoli stessi, anziché frammentarli con nuove indicazioni.
Muovendo dalla consapevolezza che non si possono creare nuove forme di educazione in funzione delle emergenze sociali ed economiche, le scuole dovrebbero dispiegare la forza della loro autonomia per riconnettere in forma organica e con un disegno unitario l’insieme delle conoscenze. La coralità dei saperi, tra loro interagenti, potrebbe così tradursi in messaggi educativi potenti, atti a offrire alle singole istituzioni scolastiche, di fronte all’opinione pubblica, un’identità forte. Ciò consentirebbe alle scuole stesse di affrontare la prospettiva di un dialogo interdisciplinare finalizzato a cucire strutturalmente i saperi, in particolare quelli storicamente separati. Le discipline facenti parte dei curricoli sono già abbastanza numerose e ciò che serve oggi è potare le conoscenze anziché moltiplicarne i rami, per estrarre da esse ciò che è essenziale. Solamente così è possibile consentire la formazione di apprendimenti significativi, che incidano e intarsino la mente dei giovani. Oggi i “curricoli a collezione” (Basil Bernstein), classificati rigidamente, forieri di una separazione disciplinare irremovibile, dotati di propri specifici orari, non funzionano più, perché non rispondono alle problematiche cognitive emergenti con le quali si confrontano gli alunni, futuri cittadini adulti.
Edgar Morin scrive che occorre integrare le discipline esistenti e “stimolare gli sviluppi di una conoscenza atta raccogliere le sfide della nostra vita individuale, culturale e sociale”. È necessario cioè “promuovere una conoscenza capace di cogliere i problemi globali e fondamentali per iscrivere in essi le conoscenze parziali e locali”. Questo è il problema capitale, da sempre misconosciuto nelle scuole, che invece professano una conoscenza frammentata nelle diverse discipline, la quale rende i giovani inabili a effettuare il legame tra le parti e la totalità, “incapaci di cogliere gli oggetti nei loro contesti, nei loro complessi, nei loro insiemi”.
Anche per Albert Einstein non ha molto senso sbriciolare il sapere al proprio interno, creando quel pulviscolo di discipline (ed educazioni) che oggi caratterizza le pratiche d’insegnamento. Non ha senso, dacché la meraviglia e il mistero costituiscono la dimensione fondamentale da cui si irradiano i percorsi umani di ricerca, che nutrono “il seme di ogni arte, di ogni vera scienza”. Dunque quelle due condizioni – meraviglia e mistero -, oggettive e soggettive al contempo, accomunano i saperi, e consentono di superare la faglia tra quelli umanistici e scientifici che Charles Percy Snow aveva descritto acutamente. Non ha senso il solco profondo che ne divide i territori, perché la pluralità disciplinare di quei curricoli che abbiamo definito come “a collezione”, gli uni a fianco degli altri, in una disposizione orizzontale parallela, priva di ibridazioni e di incroci, in fondo si radica proprio su quella radicale divisione.
Per questo nel prossimo convegno organizzato dalla struttura toscana dell’“Associazione Nazionale dei Dirigenti Pubblici e delle Alte professionalità della Scuola” (ANP) – che si svolgerà a Firenze nei giorni 21 e 22 marzo 2025 e ha per titolo “Didattica e neuroscienze: tra approcci consolidati e nuovi orizzonti” – cercheremo di far dialogare il punto di vista pedagogico-didattico con quello delle neuroscienze. Oggi, infatti, le scoperte germinate nel terreno pluridisciplinare di queste ultime, incrociano i saperi pedagogici e le pratiche didattiche e riverberano i loro effetti, di cui le scuole non sempre sono consapevoli. Certamente, tutti i saperi possiedono una loro autonomia, ma nessuno di essi può pretendere uno stato di insularità, una sorta di sovranismo disciplinare che mal si concilia con lo stato effettivo della realtà di cui noi abbiamo una visione multi-angolare, che muove dalle ottiche disciplinari più eterogenee. Soprattutto è inconciliabile con la realtà dei problemi che affrontiamo nella nostra vita e che evoca saperi diversi, umanistici e scientifici. Particolarmente sul piano della didattica, cioè sul piano pratico dell’insegnamento, questi ultimi si intrecciano e si sovrappongono: l’insegnamento viene così fecondato dai diversi punti di vista.
La scuola italiana richiede il coraggio di riforme complessive e radicali, che tuttavia indossino l’abito della concretezza e rifuggano da qualsiasi idealità utopistica. Se essa – come è stata definita dal Censis – è una “fabbrica degli ignoranti” non c’è tempo da perdere, anche perché i motori della storia si sono riaccesi e i vecchi paradigmi declinano con la forza di stelle cadenti che si dissolvono nell’impatto con l’atmosfera. Una sola cosa è certa, che la società di domani sarà come la scuola oggi (Albert Szent-Györgyi, premio Nobel per la Medicina).