Didattica a distanza, le testimonianze degli studenti diventano un’inchiesta

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Andare a scuola restando a casa? Sì, mi piace, però… E’ così che si potrebbe sintetizzare l’inchiesta della pagina Repubblica@Scuola nata un po’ per caso.

Il quotidiano voleva raccogliere alcune testimonianze direttamente dai ragazzi su questo nuovo modo di stare in classe a distanza. Sono arrivate in redazione oltre 700 contributi e così le testimonianze si sono tramutate – come scrive proprio il giornale – in un’inchiesta “dal di dentro”.

D’altra parte si tratta di un’esperienza che non si sarebbe mai potuta verificare in condizioni di normalità. L’emergenza sanitaria ha imposto obtorto collo una sperimentazione assolutamente unica. Non raccogliere le reazioni sarebbe davvero un peccato.

Repubblica le ha messe tutte in fila e le ha raggruppate per emozioni, criticità, nuove richieste con un dialogo mai sperimentato prima. Ne è emerso che i ragazzi si sono resi conto che la scuola è fondamentalmente un coacervo di emozioni: paura, ansia, timore, gioia, allegria, solidarietà e complicità. Insomma lo stare in classe è un pezzo di giornata in cui si fanno i conti con gli stati d’animo oltre che con le nozioni da assimilare. E se per gli adulti questo concetto è decisamente assodato, gli studenti lo avrebbero constatato con mano nel momento in cui sono stati fisicamente isolati.

Certo è stato difficile all’inizio capire come gestire la lezione e i compiti da assegnare – come si comprende dalla sintesi riportata sul quotidiano – ma alla fine si è trovato il meccanismo con cui interagire in questa situazione di emergenza.

In questa inchiesta firmata a più mani direttamente dai protagonisti della scuola a distanza viene confermato il problema del digital divade, cioè il divario tecnologico, che non ha consentito a tutti di prendere parte alle lezioni nello stesso modo.

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