Decreto contro i rave party, Piantedosi: “La norma non sarà valida per altre situazioni, ma si decide in Parlamento non sui social”

Divampa la polemica sul decreto anti rave approvato dal governo lunedì scorso. Previsti dai 3 mesi ai 6 anni di carcere per gli organizzatori, multa fino a 10mila euro e sorveglianza speciale.
Il nuovo reato può essere contestato anche a chi si limita a partecipare ai rave (con pena diminuita). Con più di 50 persone si configura l’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico.
Sul Corriere della Sera, il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, spiega il provvedimento: “L’obiettivo di queste norme approvate dal Consiglio dei ministri è allinearci alla legislazione degli altri Paesi europei anche ai fini di dissuadere l’organizzazione di tali eventi che mettono in pericolo soprattutto gli stessi partecipanti e finiscono per tenere in scacco intere zone pregiudicando attività commerciali e viabilità”.
Sul fatto che il provvedimento possa riguardare anche le occupazioni presso scuole e università, Piantedosi precisa: “Credo sia interesse di tutti contrastare i rave illegali. Trovo invece offensivo attribuirci la volontà di intervenire in altri contesti, in cui si esercitano diritti costituzionalmente garantiti a cui la norma chiaramente non fa alcun riferimento. In ogni caso la conversione dei decreti si fa in Parlamento, non sui social. In quella sede ogni proposta sarà esaminata dal governo”.
E ancora: “Occorre agire su più fronti rafforzando la presenza delle forze di polizia nelle nostre città, ma anche affrontando questioni come il degrado urbano, la fragilità e le marginalità operando insieme con il mondo della scuola e della cultura”.