D’Avenia: “Vorrei una pagella fatta non solo da numeri, ma da una consegna di speranza. Anche per chi ha insufficienze”

“Cerco di portare a termine spiegazioni e verifiche entro metà maggio, per poter dedicare l’ultima parte dell’anno scolastico all’esplorazione della vocazione. Esistere (ex- e -stare: essere saldi fuori) significa ‘uscire con coraggio’, e corrisponde alla tappa vitale in cui si trovano i ragazzi. Come supportare un’energia ridotta spesso a ‘ribellione’ adolescenziale, quando è invece la sana crescita di un essere autonomo che vuole essere sempre più vivo?”.
Lo scrive Alessandro D’Avenia, scrittore e insegnante che su Il Corriere della Sera riflette sulla conclusione dell’anno scolastico.
“Vedo ragazzi che non ‘escono’, cioè non iniziano a esistere, ripiegati su abitudini e oggetti che li ‘addomesticano’, proprio perché offrono ‘illusioni’ di uscita, cioè di esistenza, quando sono in realtà ‘dipendenze’. E invece di allenarsi a esistere, uscire, andare incontro al mondo, sedotti dal suo quotidiano miracolo, per paura, si ripiegano, accartocciano, deprimono. Le due chiavi per un’educazione a ‘esistere’, eroticamente ed eroicamente, e quindi a ‘resistere’, sono il respiro e il desiderio”, prosegue D’Avenia.
“Negli anni – continua – ho provato a costruire un percorso di esercizi e letture per aiutare i ragazzi a trovare e allenare respiro e desiderio. Per me è parte integrante del programma: a che serve raccontare la vocazione di uomini e donne del passato, se poi non aiuta quelli del presente a trovare la loro? Vorrei una pagella fatta non solo da una colonna di numeri, ma da una consegna di speranza, anche per chi ha insufficienze e quindi non riceve i voti”.
“Un ragazzo deve ‘uscire’ da scuola non solo sapendo quanto vale da 1 a 10 la sua preparazione in italiano, matematica e inglese, ma anche come respira (che cosa lo ispira e come ispira altri) e come desidera (in che modo riceve e dà vita al mondo). In pagella vorrei un giudizio su ‘quanto sei fuori’, che poi significa ‘quanto sei dentro’. Ma esiste ancora ‘un dentro’ (respiro e desiderio) nelle nostre parole di educatori?‘”, si chiede in conclusione di intervento Alessandro D’Avenia.