D’Avenia: “13 anni sui banchi e i giovani non sanno cosa fare della loro vita. Se la scuola non li prepara al mondo del lavoro è un fallimento”
Lo scrittore Alessandro D’Avenia, durante l’evento ‘Donne, lavoro e sfide demografiche’ organizzato da Fondazione Gi Group e Gi Group Holding, ha lanciato una provocazione sulla scuola e il suo rapporto con il mondo del lavoro.
“I nostri figli trascorrono 13 anni sui banchi di scuola, ma ne escono incerti persino se intraprendere o meno un percorso universitario e quale scegliere. Il problema è che li abbiamo trattati come se fossero assenti dalla realtà”, ha affermato D’Avenia.
Secondo lo scrittore, la scuola dovrebbe spingere i giovani a interrogarsi sul proprio ruolo nel mondo fin dalla tenera età. “Immaginate se, a partire dai sei anni, chiedessimo ai bambini, e poi ai ragazzi, di giustificare la loro presenza nel mondo. Se la domanda fosse ‘perché sei venuto al mondo?’, che è la domanda fondamentale, a cui se non sappiamo rispondere non possiamo dare vita a nessun altro”.
D’Avenia sottolinea l’importanza di scoprire la propria vocazione, il proprio posto nel mondo, per poter dare un senso alla propria esistenza e contribuire alla crescita della società. “Solo chi occupa il suo posto nel mondo ha vita in sé”, ha dichiarato.
Lo scrittore ha poi evidenziato il legame profondo tra lavoro e realizzazione personale, utilizzando un’interessante analogia linguistica: “È bello che la parola lavoro, nella mia terra, Terronia, si dica ‘travagliu’, travaglio, che è il termine che utilizziamo per il parto. C’è quindi l’idea che se tu fai bene il tuo lavoro, ma soprattutto se il lavoro fa del bene a te, tu nasci e fai nascere attorno a te il mondo”.