Daniele Novara: “Basta voti e lezioni frontali a scuola. Servono laboratori applicativi e valutazioni evolutive”

Settembre è il mese del rientro in classe, ma è anche l’occasione per riflettere su come cambiare il modello di insegnamento, che spesso si ripete uguale a se stesso, stanco e anacronistico.

Secondo il pedagogista Daniele Novara, fondatore del Centro psico-pedagogico per l’educazione, in un’intervista a L’Italia che cambia, è possibile trovare modelli alternativi, più moderni, per organizzare e vivere la scuola.

Il ciclo di studi più criticato è quello delle medie e superiori, “abbarbicato al modello gentiliano, molto arcaico e tradizionalistico”, che si ripropone sempre la solita sequenza lezione-studio-interrogazione, con gravi danni per la motivazione degli alunni. Novara sostiene che questo schema nacque in tutt’altra epoca e con tutt’altri presupposti, e che non trova riscontro né nell’apprendimento né tantomeno nella storia della pedagogia.

La struttura lezione-scuola-interrogazione risale all’Ottocento, quando studiavano solo le classi di élite, che a casa disponevano di libri, avevano il culto della disciplina, dell’obbedienza e della ripetizione. Lo schema è stato tratto dalle istituzioni militari e in parte da quelle ecclesiastiche, e non ha una tradizione pedagogica.

A forza di far assomigliare le scuole a delle piccole caserme, si è finiti per chiedere agli studenti semplicemente di eseguire gli ordini del docente, privandoli di qualunque spazio per esprimere il proprio contributo unico e creativo, per dar sfogo alle proprie riflessioni, esplorazioni e interessi personali.

La lezione è un dispositivo difficilissimo, che non ha una tradizione pedagogica, e che non ha più ragione di esistere da quando si può leggere per conto proprio. Le scienze pedagogiche ci insegnano che l’apprendimento ha molto a che fare con la partecipazione, e che gli alunni imparano se li si coinvolge attivamente in laboratori scientifici, letterari, storici, artistici.