Dal Lazio alla Calabria per insegnare Cinese: “Mi manca la famiglia ma non sto qui a versare lacrime. Abolire il vincolo, hanno cambiato le carte in tavola”. INTERVISTA alla prof Imperato

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“Non sono qui a versare lacrime perché mi manca la mia famiglia o perché è troppo dispendiosa una vita del genere, visto che ho scelto io come e dove vivere la mia vita. Quello per cui io e molti neoimmessi in ruolo 22-23 stiamo lottando, piuttosto, è l’abolizione del vincolo”. Marzia Imperato ha 28 anni ed è di Civitavecchia. Insegna cinese, come docente di ruolo nell’anno di prova, al Liceo “Ferrari” di Chiaravalle, un paesino di 5000 abitanti in provincia di Catanzaro, dopo avere superato, nella primavera 2022, il concorso bandito nel 2020. Erano solo 9 le cattedre della sua materia messe a bando in tutta Italia. Una di esse era in Calabria.

La docente, come altri cinquantamila suoi colleghi che insegnano dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado, è incappata suo malgrado negli effetti nel decreto legge 36 di giugno 2022, poi trasformato in legge, che ha introdotto il vincolo triennale a carico dei docenti che hanno superato questo concorso, è che dovranno rimanere in sede non dopo la scelta della sede di preferenza, scelta successiva al superamento dell’anno di prova, ma nella sede originaria del concorso.

I docenti lamentano il fatto che sarebbero state cambiate le carte in tavola, con un decreto retroattivo, ritenuto per questo motivo ingiusto. In molti peraltro non avrebbero accettato di scegliere una sede lontana e spesso lontanissima dalla propria famiglia qualora avessero immaginato che ci sarebbe stato il vincolo fin da subito. Avrebbero cioè preferito restare precari nella zona di residenza, dove, sostengono loro, “i posti ci sono e vengono dati a supplenza”.    

Professoressa Marzia Imperato, è così

“Io ero certa, in base alla normativa vigente, che in Calabria avrei dovuto svolgere un solo anno, ovvero l’anno di prova, e appena terminato avrei potuto chiedere il trasferimento. Stiamo lottando per i nostri diritti. Ad oggi siamo 49.359 a svolgere l’anno di prova, e tutti rivendichiamo lo stesso diritto: vogliamo la mobilità come ci è stata garantita. Il famoso decreto legge 36 pubblicato nel giugno 2022, e che prevede il vincolo triennale dal momento in cui si è immessi in ruolo, parla dei neoimmessi riferiti ai nuovi bandi di concorso, non parla del concorso del 2020. È ovvio che molti dei 49.359 immessi in ruolo avrebbero fatto scelte diverse se avessero saputo di non poter presentare la mobilità”.

Come mai ha scelto la Calabria?

“Innanzi tutto c’erano in totale 9 posti in Italia, uno per ognuna delle regioni interessate, cioè Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna, Toscana, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Lombardia. Nella mia regione, il Lazio, non sono stati banditi posti e dunque ho dovuto scegliere un’altra regione, pur non avendo affetti in nessuna di queste. E senza nemmeno sapere la scuola che avrebbe messo la cattedra a concorso, perché gli organici di alcune province in molte regioni non sono stati pubblicati. Perciò ho scelto la Calabria intanto sulla base del costo della vita e degli affitti che pensavo sarebbero stati meno cari. E poi sulla base di quella che sarebbe potuta essere la concorrenza, bassa in Calabria, per la mia classe di concorso. Mi sono chiesta: quale sarà la regione con meno candidati? Sicuramente la Calabria, mi sono detta: chi ci vuole andare dal Nord in Calabria? Dunque avevo buone possibilità di vincere e così è stato. Sapevamo che ci sarebbe sarebbe stato l’anno di prova qui e sapevamo che dopo l’anno di prova avremmo potuto chiedere il trasferimento. Non è che io volessi andare in Calabria per starci per tutta la vita. Devo dire che mi piace stare in Calabria e il ruolo non si rifiuta, lo accetti. Ma lo accetti perché sai che è previsto il diritto di trasferimento. Al momento del bando e anche al momento della prova orale finale, insisto, la norma prevedeva il diritto al trasferimento”

Prima del concorso aveva già insegnato?

“Dopo la laurea e durante le lunghe fasi del concorso ho insegnato come precaria in Toscana, a Grosseto, perché era la sede più vicina a casa mia, Civitavecchia. E dopo due anni ho partecipato finalmente al concorso, che è stato espletato nel 2022 dopo due anni, con posti riservati che poi sono stati tolti. O sono aumentati in altre regioni. La situazione è cambiata. Io sono risultata vincitrice, e il ruolo non si rifiuta, soprattutto perché è la mia missione di vita, e purtroppo la vocazione non si sceglie, perciò sono finita in provincia di Catanzaro. Il decreto 36 non avrebbe dovuto avere effetti retroattivi. Anche i sindacati e alcuni politici – i quali sostengono tesi diverse, in campagna elettorale e dopo le elezioni  – ammettono che il decreto non deve riguardare noi, che al concorso ci siamo iscritti nel 2000 e lo abbiamo espletato prima del decreto stesso. Che senso ha?”

Dalla soddisfazione per il ruolo, agognato, alla delusione. Come è cambiata la sua vita dopo il decreto?

“Sono rimasta delusa, ma sono ottimista visto che in passato le cose sono poi andate diversamente. Io mi sono iscritta al Comitato nazionale docenti vincolati. Stiamo facendo valere i nostri diritti in base alla normativa vigente cercando di giungere a un’interpretazione più chiara della normativa. Visto che ci sono cattedre vicino a casa mia vorrei tornare. Andrei anche a Grosseto, come pendolare da Civitavecchia: là c’è una cattedra non messa a concorso, ora c’è un supplente, è questo che non capisco. Lo fanno per risparmiare? Possono non metterla a concorso, quella cattedra, e può anche andare bene, ma allora mi ci posso trasferire. Se avessero messo tante cattedre a concorso tanti problemi sarebbero stati evitati. E invece sono qui in Calabria, dove pure mi trovo benissimo. Non voglio fare la piagnucolona perché l’ho scelto io e se dura un anno va bene. E’ uno stile di vita che mi sono scelta io ma perché sapevo, e sapevamo, che sarebbe durato un anno”.

Perché questo decreto, secondo lei?

“Non lo so. Ma ora darci una deroga non costerebbe nulla. Nel 2022 quando abbiamo espletato il concorso, il vincolo non ci riguardava, io la prova orale l’ho fatta ad aprile, il decreto è di giugno. Ci sono colleghi di cinese, in Toscana che ancora attendono di espletare la prova orale: quell’unico posto messo a concorso è ancora lì, libero. Ci siamo iscritti due anni orsono, in questi due anni oltre a fare il giochino del vincolo, hanno cambiato la prova concorsuale in base al ministro che c’era al momento. Prima la prova era a domanda a risposta aperta, poi a risposta multipla, una prova sempre più nozionistica. Ma ci siamo accollati tutto: ora anche il vincolo? No, questa no”.  

Ne è valsa la pena?

“E’ stato un investimento troppo oneroso. Paghiamo doppio affitto, doppia bolletta. Io me lo posso permettere e non mi lamento, ma vogliamo i nostri diritti. Ripeto, non sono una piagnucolona, è solo una questione di diritti. Non voglio fare la sptupida e sentirmi dire: potevi fare la domanda vicino a casa tua. Il fatto è che i posti ci sono ma non sono a concorso e dunque è chiaro che si spera di potersi avvicinare con la mobilità e non capisco perché ce l’abbiano vietata. A me sta bene che mettano il vincolo triennale ma solo dopo l’anno di prova, una volta scelta la sede, come è sempre stato, e non prima”.

Lei insegna cinese. Einusuale

“Siamo speciali, pochi e rari (sorride)”

Quando è nata lidea di insegnare cinese?

“Alle superiori, da studentessa. E fu un amore a prima vista. All’epoca frequentavo il liceo classico e ho frequentato un corso extracurricolare, è tutto nato per curiosità. Poi è diventata una missione di vita”.

È stata in Cina?

“Ho fatto un erasmus a Pechino e a Wuhan”

La città del Covid

“Già. Si sono stata l’anno prima, non avevo intuito nulla, non c’era il sentore del Covid”.

Dove si è laureata?

“Mi sono laureata alla Sapienza di Roma, nel 2019, e nel 2020 ha partecipato al concorso. Ho poi insegnato cinese a Grosseto, come detto, subito dopo la laurea nei licei linguistici con studenti italiani”

I ragazzi italiani sono interessati al cinese?

“Sì, assolutamente”.

È davvero difficile imparare il cinese?

“Io andavo malissimo in spagnolo, in cinese non ho avuto difficoltà: non bisogna essere geniali per studiare cinese, ci vuole costanza e dedizione”

È un buon investimento per uno studente italiano imparare il cinese?

“Se non è abbinato a una professione, oggi il cinese serve molto meno che in passato, quando potevi lavorare come interprete. Quindi a chi si iscrive all’università per poter svolgere una determinata professione dico sì, studiate le lingue, curate l’inglese e il cinese qualunque sia la facoltà scelta. Ma non abbinato a un mestiere no ha molto peso. Se io vado a un colloquio di lavoro dicendo: so il cinese, il datore di lavoro risponde che ha bisogno di qualcosa di più, una competenza specifica. Prima bastava sapere il cinese e ti mettevano a fare l’interprete. Ora il mercato mercato è un po’ cambiato”

Torniamo in Calabria. Si trova davvero bene a Chiaravalle?

“Sì, è un bell’ambiente. È stimolante, e sono tutti bravi ragazzi. Io mi ci sono trovata benissimo e poi qui i posti sono meravigliosi. Io ho casa a Soverato, sul mare, più in là c’è Copanello, è una costa spettacolare. Penso che rimpiangerò questi luoghi quando me ne sarò andata da qui”

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