Dal 2025 per lasciare prima il lavoro serviranno 41 anni di contributi? Anief: per docenti e Ata non sarebbe la risposta migliore, serve l’equiparazione con le forze armate

Cambiano ancora gli anticipi pensionistici: secondo le anticipazioni del Quotidiano nazionale, dal 2025 molto probabilmente la flessibilità in uscita sarà data dalla soglia di 41 anni di lavoro e contributi, a prescindere dall’età.
La novità dovrebbe essere contenuta in un pacchetto firmato Lega che dovrà passare nella prossima legge di Bilancio. La novità porterebbe alla fine di quota 103, che secondo Orizzonte Scuola avrebbe fatto da freno alla spesa pensionistica di quest’anno. Per il sindacato Anief questo genere di misure non sono quelle che servono per introdurre equità e per rispettare le esigenze dei lavoratori, soprattutto quelli che operano in contesti difficoltosi e portatori di stress.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “chi lavora nella scuola ha alte possibilità di incorrere nel burnout, ma questo non viene riconosciuto, come non c’è volontà a riconoscere il rischio biologico per l’attività svolta a contatto con gli alunni. Pensare di introdurre quote di accumulo previdenziale altissime, come i 41 anni di cui si parla ora, non sono la soluzione al problema: la Commissione Lavori gravosi è bene che esamini le situazioni dei singoli comparti di lavoro, con modalità di assegnazione legate agli effettivi danni fisici e psicologici derivanti dallo stressa da lavoro. Siamo convinti che per docenti e personale Ata la risposta più corretta sia quella di permettergli di riscattare gratuitamente i periodi di studio universitario ed equipararli in toto ai lavoratori delle forze armate, così da permettere loro di lasciare il servizio attorno ai 62 anni e senza tagli all’assegno di quiescenza”.