Dal 1° gennaio torna la Legge Fornero “pura”, in pensione a 67 anni o con 43 anni di contributi: appello Anief al Governo che verrà perché si impegni ad evitare questa catastrofe

L’inaspettato anticipo delle elezioni politiche a fine settembre, fa naufragare diverse riforme che il Governo Draghi stava portando a termine, tra cui quella delle pensioni: si rimette quindi in pista la Legge Fornero “pura”.
Entro fine 2022, infatti, Quota 102 terminerà ufficialmente la sua breve vita e salvo interventi in extremis del prossimo Esecutivo, dal 1° gennaio 2023 tornerà la legge voluta dal Governo Monti: ovvero uscita dal del lavoro a 67 anni, con l’unica possibilità di anticipo accordata ai pochi che possono vantare 42 anni e 10 mesi di contributi (appena uno in meno per le donne).
Secondo Marcello Pacifico, presidente del sindacato Anief, “non è accettabile la prospettiva che dopo dieci anni si ritorni alla legge Fornero, con le porte della pensione che si aprirebbero solo a partire dai 67 anni o con 43 di contributi. Chiediamo al Governo che scaturirà dalle elezioni di inizio autunno, qualsiasi colore abbia, un impegno ufficiale per cambiare la riforma delle pensioni: occorrono delle deroghe per determinate categorie di lavoratori e per tutte le donne, a partire dalla ‘finestra’ per i dipendenti della scuola senza penalità, perché è dimostrato che il burnout imperversa nella categoria e a 60 anni il personale non può essere costretto a rimanere in servizio e ad esporsi a patologie spesso anche rilevanti”.
“A tale scopo – conclude il sindacalista autonomo – torniamo a chiedere, assieme al presidente dell’Inps Pasquale Tridico, la possibilità di riscattare gratuitamente gli anni di studio universitario, seguendo quello che si fa da tempo in altri Paesi, come la Germania. Servirebbero, è vero, 4 miliardi, ma si tratterebbe di un investimento. Perché il riscatto della laurea senza emolumenti andrebbe ad agevolare il turn over, che in comparti come quello della scuola è bloccato, oltre che per il mancato ritorno al doppio canale di reclutamento, proprio per l’età media avanzata del personale. Inoltre, si ridurrebbe fortemente la disoccupazione e l’ignobile record italiano dei Neet, i giovani che non lavorano e nemmeno studiano”
Sempre in tema di pensionamenti, qualche settimana fa nel corso del 57° congresso Federspev, Marcello Pacifico, in qualità di segretario organizzativo Confedir, ha anche detto che è giunta l’ora di “introdurre assegni allineati all’inflazione e liquidazione immediata TFS/TFS e anticipo di un anno per le mamme. Inoltre, è indispensabile che per professioni logoranti e con un’alta percentuale di burnout, come i lavoratori di Scuola e Sanità, si riconosca lavoro usurate e quindi l’uscita anticipata attorno ai 60 anni di età senza decurtazioni. C’è urgenza di approvare anche delle deroghe, a partire dal 1° gennaio 2023: ne va di mezzo anche la qualità del servizio pubblico”. Il sindacato si è infine detto favorevole a tutte le proposte che intendono superare la Legge Fornero introducendo Quota 100 o 102 “flessibile”, come quella di Antonello Orlando, esperto della Fondazione studi consulenti del lavoro.
LA PROPOSTA CONFEDIR
· Separazione tra previdenza e assistenza.
· Mantenimento del sistema misto fino alla naturale conclusione.
· Abolizione dell’aspettativa di vita e delle finestre sia per la pensione anticipata che per la pensione di vecchiaia.
· Pensione anticipata per tutti, uomini e donne, con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età e senza penalizzazioni.
· Per le donne con figli bonus di 9 mesi per ogni figlio con un massimo di due da valere sia per la pensione anticipata che per la pensione di vecchiaia.
· Pensione di vecchiaia anticipata a 66 anni.
· Flessibilità in uscita anticipata a partire da 62 anni di età, con penalizzazione del 1,5% per ogni anno di anticipo rispetto ai 66 anni.
· Analogamente alla flessibilità di uscita anticipata possibilità di restare al lavoro oltre i 66 anni e fino a 70 con un incremento del 1,5% annuo.
· Rendere definitivi gli istituti di Opzione Donna e Ape Sociale.
· Implementazione della pensione integrativa con benefici fiscali fino al 50% di quanto versato.
· Pensione di garanzia per giovani, donne e per chi svolge lavoro di cura.
· Per i dipendenti pubblici erogazione del TFR/TFS entro sei mesi dalla cessazione del rapporto del lavoro.
· Flessibilità di uscita anticipata dal mondo del lavoro senza penalizzazioni per casi particolari di disoccupazione, lavori usuranti, malattia e invalidità.
· Riscatto agevolato della laurea con costi dimezzati del 50% e benefici fiscali fino al 50% di quanto versato; oppure, in alternativa, contribuzione figurativa del corso legale degli studi universitari.
· Coefficienti di trasformazione rivalutati in aumento. Inoltre, per i già pensionati che sono la categoria più fragile e che stanno subendo più di tutti gli effetti della crisi:
· Indicizzazione al 100% delle pensioni in seguito all’inflazione reale.
· Estensione della no tax area fino a 10.000 €, eliminazione delle addizionali regionali e comunali per redditi imponibili fino a 30.000 € e dimezzamento per redditi imponibili da 30.000 a 40.000 €.