Dagli insegnanti da “riaddestrare” all’inno d’Italia cantato in ogni scuola: le frasi simbolo di Patrizio Bianchi

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Con il voto del 25 settembre si archivia il Governo Draghi e si conclude definitivamente, dopo la fase di disbrigo affari correnti, il mandato di Patrizio Bianchi alla guida del Ministero dell’Istruzione, salvo clamorosi colpi di scena.

Il professore universitario ferrarese, nel corso del suo impegno a Viale Trastevere è stato protagonista di riforme, circolari e decreti che lo hanno portato ad intervenire su alcune questioni lasciando il segno con frasi che in qualche modo hanno lasciato il segno.

Partiamo dalla fine, dalle parole pronunciate pochi giorni da in occasione dell’inaugurazione del nuovo anno scolastico: “La scuola deve essere aperta perché una scuola chiusa non esiste, una scuola chiusa insegna che il mondo è fatto di barriere e allora non è una scuola – ha osservato il ministro – deve essere inclusiva perché questo vuole la nostra Costituzione, noi l’abbiamo voluta così, inclusiva vuol dire tutti e quando si dice tutti vuol dire non uno di meno. E poi deve essere affettuosa“.

La questione demografica deve essere al centro dell’attenzione. Perché non vorrei che noi costruiamo i pollai e poi non abbiamo i pulcini“, ha detto Bianchi a proposito del calo demografico.

Bianchi, proprio mentre tutti puntavano il dito contro il docente esperto, la figura introdotta dal decreto legge aiuti bus (diventato stabilmente incentivato dopo il passaggio in Parlamento), aveva difeso la novità: “A questi insegnanti viene attribuita la qualifica di “esperto” e saranno un valore aggiunto per tutta la loro comunità scolastica, supportandola nel miglioramento dell’offerta formativa complessiva“.

Poi sul digitale, il Ministro ha più volte rimarcato gli aspetti positivi: “Abbiamo molto demonizzato la Dad. Se non l’avessimo utilizzata i ragazzi sarebbero stati completamente abbandonati, come è avvenuto in molti Paesi europei. Abbiamo fatto un salto di tecnologia che oggi dobbiamo mettere a frutto, facendo tesoro di tutto quello che abbiamo imparato per ricucire il Paese anche con la capacità di utilizzare tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione. Dal canto nostro stiamo facendo uno sforzo straordinario investendo massicciamente per formare 650 mila docenti all’uso del digitale, non soltanto per gli insegnanti di informatica, ma anche per quelli di latino e greco”.

Ed è sulla formazione dei docenti sul digitale che Bianchi ha catturato l’attenzione: quel “riaddestrarli”che ha scatenato un’ondata di polemiche: “In Italia, in 4-5 anni, dobbiamo riaddestrare 650mila insegnanti per andare incontro ad insegnamento adeguato al futuro digitale e all’interconnessione globale che si è ormai prospettato”, ha detto il Ministro.

La tecnologia è presente anche in un’altra dichiarazione dell’ex assessore della Regione Emilia Romagna, che hanno incentivato il dibattito: “Le nostre scuole sono già tutte molto piene di lavagne touch screen e insegnanti capaci di usare questi strumenti. Con questo intervento generalizziamo queste azioni per far sì che tutto il sistema sia dotato di questi strumenti”.

Bianchi può vantarsi di aver messo il proprio nome all’ultima riforma del reclutamento, impostata con i fondi del Pnrr, che ha visto la luce con la pubblicazione della legge 76/2022. Sul tema era stato chiaro, alla richiesta di percorsi agevolati per i precari: “Niente sanatorie perché sarebbe offensivo per le persone, sì all’interno di un quadro complessivo sul reclutamento che permetta a chi già ha un’esperienza di poterla esprimere e avere anche uno spazio che gli viene riservato”.

Ma in questo viaggio all’indietro immerso all’interno delle tappe fondamentali del mandato di Patrizio Bianchi, non si poteva saltare uno  la richiesta a proposito della musica a scuola: “Mi piacerebbe si fissasse un’ora in un giorno e le scuole si mettessero a cantare, magari il primo giorno di scuola, l’inno d’Italia. Mi fate felice se si realizzasse questo”.

Non sono mancati commenti “polemici” da parte del Ministro: “Il nostro è un paese incredibile: sto andando in giro in tutta Italia e trovo scuole che fanno esperienze bellissime, ma non siamo ancora stati capaci di farla diventare l’immagine della scuola italiana. Continuo a trovare giornali che parlano di altre cose, che ogni volta che c’è qualcosa che non va bene diventa ‘la scuola bloccata’. Io non vedo una scuola bloccata, ma vedo una scuola capace di muoversi. E lo vedo in tutto il paese”.

Ma senza dubbio, la cifra più usuale di Patrizio Bianchi è stata quella del racconto appassionato della scuola:La scuola con il corridoio e le porte chiuse, dove non vola una mosca, non è la mia scuola”. “La mia scuola – prosegue – è quella dove i ragazzi ragionano insieme, usano le mani e usano soprattutto il tempo per condividere i progetti. Settembre deve essere l’occasione per fare dei progetti di vita comune”. 

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