Da Sud a Nord per insegnare, la storia di Francesca: “A Milano mi restano 300 euro, a Napoli 1.000 ma senza lavoro. Così è impossibile”

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Francesca, giovane insegnante, originaria di Napoli, ha ottenuto una supplenza annuale in una scuola media nella provincia di Milano. Entusiasmo iniziale presto smorzato dalla difficoltà di trovare un alloggio a prezzi accessibili.

 La docente, intervistata dalla trasmissione Tagadà su La7, ha raccontato la sua esperienza, comune a molti precari della scuola. Costretta a trasferirsi in 48 ore, Francesca ha dovuto affrontare la ricerca di una stanza in affitto in una città con un costo della vita elevato. “Finalmente ci siamo – ha esordito mostrando gli ultimi bagagli – questo è l’ultimo e posso trasferirmi nella mia nuova stanza che mi costerà più o meno un terzo del mio stipendio”.

Affitti impossibili: “750 euro al mese, metà del mio stipendio”

La giovane insegnante ha mostrato alcuni annunci immobiliari, con richieste di affitto esorbitanti per una singola stanza. “Questo è uno degli annunci che ho visto – ha spiegato – chiedono 750 euro al mese, sono esattamente la metà dello stipendio, quindi inaccessibile”. Alla fine, Francesca ha trovato una sistemazione a Cesano Boscone, condividendo l’appartamento con altre due ragazze. Poi ha raccontato di casi ancora più estremi: “Ci sono situazioni in cui le persone condividono addirittura la stanza per poter pagare un affitto accessibile”.

Stipendio dimezzato: “A Napoli mi rimarrebbero 1.000 euro”

Francesca ha fatto i conti in tasca, illustrando le sue spese: “Considerando 1.500 euro di stipendio, togliamo 450 euro di affitto, le bollette, l’abbonamento dei mezzi, la spesa, gli eventuali trasporti per raggiungere Napoli e ovviamente gli imprevisti, restano alla fine 300-200 euro al mese”. Un sacrificio economico notevole, motivato dalla scarsità di opportunità lavorative nella sua regione d’origine: “Se lavorassi a Napoli – ha concluso – del mio stipendio mi rimarrebbe anche 1.000 euro probabilmente perché vivo ancora con i miei genitori, ma a Napoli si lavora con molta più difficoltà nella scuola pubblica”.

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