Cultura è ciò che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto (Burrhus F. Skinner). Ma gli italiani esagerano, in peggio
Di
Giulia Boffa – Gli Italiani non sanno leggere e scrivere e nemmeno fare di conto.
Possibile? Con tutte le scuole, i docenti, i plurilaureati, i pluri masterizzati, ecc, ecc?
Ebbene sì: siamo in fondo alla graduatoria, dopo di noi solo gli abitanti dello Stato di Nuevo León, in Messico.
Giulia Boffa – Gli Italiani non sanno leggere e scrivere e nemmeno fare di conto.
Possibile? Con tutte le scuole, i docenti, i plurilaureati, i pluri masterizzati, ecc, ecc?
Ebbene sì: siamo in fondo alla graduatoria, dopo di noi solo gli abitanti dello Stato di Nuevo León, in Messico.
Una grande conquista direi. Ma cosa accade? Come mai l’inchiesta All (AdultLiteracyandLife Skills), un progetto di ricerca internazionale che ha sondato le competenze degli adulti tra i 16 a i 65 anni in sette paesi: Bermuda, Canada, Italia, Norvegia, Svizzera, Usa e Messico (2003-2005), ci pone così in basso?
In base ai risultati dei test non c’è dubbio: solo il 20 per cento di italiani è in grado di superare il terzo livello, ossia mostra competenze sufficientemente sicure.Il 5 per cento della popolazione non sa rispondere alla domanda sul farmaco, ossia non supera le prove minime di competenza, la metà degli italiani trova difficoltà davanti alla parola pianta ornamentale, mostrando una competenza alfabetica molto modesta, "al limite dell’analfabetismo", il 33 per cento non è capace di sistemare il sellino della bicicletta, perchè non sa cosa sia, denunciando "un possesso della lingua molto limitato". L’80% fa molta fatica nei calcoli matematici e nel leggere tabelle e grafici, ma anche semplicemente una mappa stradale.
Colpa dell’età? Non sembrerebbe affatto, la ricerca non ha testato vecchietti, ma la popolazione tra i 16 e i 65 anni e non si salva nessuno, in particolare quelli che hanno finito la scuola da non molto tempo, siano essi disoccupati, impiegati o addirittura imprenditori.
Non c’è neanche un’abissale differenza tra Nord e Sud, gli italiani sono analfabeti di ritorno in tutta Italia, dal disoccupato campano al piccolo imprenditore lombardo. Ma quel che è più grave è che non se ne ha coscienza, tutti si sentono colti e preparati, nessuna sofferenza o imbarazzo.
Da cosa dipende questa sicurezza di sè, che non è minimamente intaccata dalla sensazione di non essere in grado di leggere un bugiardino o di capire a fondo un articolo di giornale?
La colpa sarebbe della tecnologia: non so leggere una cartina? Poco importa, c’è il navigatore, fa niente se poi finisco per fare km in più o mi fermo davanti ad una strada con i lavori in corso e la cartina non mi aiuta; non so fare i calcoli? Ci pensa la calcolatrice, fa niente se quel giorno non ce l’ho a portata di mano e non mi ricordo quanto fa 7×8.
I gadgets ci salvano, o meglio ci salvano i soldi per comprarli; per chi non può permetterseli, il problema è forse più evidente.
Ma del resto, come faccio a sapere tutto? Se devo fare il 730 vado dal commercialista, certo, ma almeno dovrei leggere cosa portargli, se voglio risparmiare tempo e denaro e magari controllare se le mie finanze sono tutelate abbastanza; come si dice: se vuoi comandare, devi sapere anche come si fa, altrimenti cosa comandi e come controlli?
La difficoltà di comprensione di un testo scritto porterà seri guai alla nostra società in futuro, non siamo a livello di mettere una croce al posto di una firma, ma di sicuro siamo messi peggio se non sappiamo su cosa mettiamo la nostra bella firma intera.
E’ quello che ci ha ricordato anche Tullio De Mauro, di cui abbiamo parlato in questo articolo: la scuola è importante, importantissima, ma lo studio e la cura della propria cultura, che è "ciò che resta nella memoria quando si è dimenticato tutto", come diceva Burrhus F. Skinner, deve essere prioritaria per tutti noi, perchè ciò che resti nella memoria sia sempre di più di ciò che si è dimenticato, o ancora meglio ci aiuti a capire e ad arrivare a conoscere ciò che non abbiamo mai imparato.