CUB, 24 e 25 settembre 2020: due giorni di mobilitazione, protesta, sciopero

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Siamo stati buoni profeti: a giugno, mentre Esami di maturità monchi e discutibili tentavano di riportare una situazione inedita e drammatica alla normalità, avevamo intuito che le scuole avrebbero riaperto i battenti a settembre identiche, dal punto di vista strutturale, allo stato in cui erano a fine febbraio.

 Di nuovo, ci sarebbe stata qualche iniziativa, più o meno ridicola, per far finta di contrastare il contagio da Coronavirus; in questa impresa il Paese avrebbe impiegato, o diciamo meglio, sprecato, un po’ di denaro pubblico.

È andata proprio così: i battenti delle scuole si sono riaperti e l’unica che afferma che tutto vada per il meglio è la ministra Azzolina. Tout va très bien, Madame la Marquise, e come nella canzone, bisognerebbe aggiungere che va tutto bene a parte un tout petit rien, un incident, une bêtise. Piccole cose, in fondo: le classi-pollaio ci sono sempre, mancano all’appello qualche centinaio di migliaia di docenti, mancano le aule e mancano persino i famosi banchi monoposto. I “lavoratori fragili” sono stati, in pratica, aboliti per decreto. Mancano gli insegnanti di sostegno, i bambini delle primarie dovranno imparare l’immobilità (“braccia in seconda” tornerà ad essere un’espressione comprensibile ai più). Le GPS nonostante il nome beneaugurale , non hanno portato da nessuna parte e si sono rivelate zeppe di errori, le nomine vengono gestite in un modo pazzesco; gli studenti si assembrano davanti alle scuole ma all’interno bisogna avere il metro per misurare la distanza tra le rime buccali dei poveri innocenti. Gli allievi talvolta verranno probabilmente mandati a scuola con la febbre, perché il termometro di casa non ha funzionato e, nel caso in cui raggiungano la scuola con i mezzi pubblici, dovranno risolvere difficili rompicapo (negli ultimi giorni di vacanza, sulle spiagge italiane, si discuteva su come garantire sugli autobus la capienza massima dell’80% che può arrivare al 100% per distanze al di sotto dei 15 minuti. Che noi si sappia, nessuno ha trovato la soluzione dell’enigma).

Dunque, la protesta è necessaria e deve essere la più netta possibile. Non basta una manifestazione di sabato, è necessario che lavoratori e studenti rivendichino il diritto alla sicurezza e allo studio con azioni e con parole d’ordine forti.

Vogliamo che vengano messe in atto tutte le misure necessarie per la sicurezza, pretendiamo rispetto per i lavoratori fragili, che devono essere ulteriormente tutelati, chiediamo alla ministra perché non abbia provveduto a dimezzare le classi, prevedendo tutte le nuove assunzioni necessarie ad una didattica per piccoli gruppi. Denunciamo il fatto che le singole scuole stiano trovando, in ordine sparso, la loro via verso la sicurezza sanitaria, vediamo con sgomento, in nome dell’emergenza, infinite eccezioni a quanto stabilito dal CCNL.

Nulla, soprattutto, si è fatto sinora per rimediare ai mali endemici della scuola italiana: essi sono l’abnorme presenza di personale precario, la inadeguatezza delle strutture edilizie e delle attrezzature, il disagio del personale, costretto ad accontentarsi di uno stipendio misero e a farsi carico di un’emergenza educativa che non può e non deve essere risolta soltanto dalla buona volontà dei singoli.

Il momento è cruciale ed è per questo che dobbiamo avere la prospettiva più ampia possibile, come educatori e come cittadini: siamo convinti che la crisi provocata dalla pandemia trovi la sua soluzione soltanto in un nuovo e migliore rapporto con l’ambiente, in un nuovo modello produttivo ed in una scuola seria, volta ad essere motore di eguaglianza sociale.

La scuola è malata ed ha bisogno di cure urgenti, non di palliativi né di retorica. Abbiamo già pagato la crisi del 2008; non vogliamo pagare anche questa crisi e non vogliamo che la paghino i nostri figli, i nostri giovani, i nostri studenti. La spinta al cambiamento può venire soltanto dal basso,dall’impegno di una moltitudine di persone che riconoscano in una scuola migliore la via maestra che conduce verso una società migliore.

Per questo il 24 ed il 25 settembre saremo nelle piazze a manifestare; a Roma e nelle principali città italiane organizzeremo presidi, che speriamo numerosiLa faccenda è seria ed è con lo sciopero che dichiareremo il nostro dissenso e sosterremo le nostre richieste. La CUB Scuola sciopererà il 25 settembre, accanto ad Unicobas ed USB, che saranno in sciopero anche il 24.

La lotta dei lavoratori della scuola si salda, in modo emblematico ed importante, con quella degli studenti, che saranno in piazza con i loro collettivi.

Il nostro slogan, “Curiamo la scuola!” ricorda a tutti che non basta riaprire le scuole per garantire ad esse il posto di primo piano che meritano.

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