Crisi STEM in Europa: un futuro a rischio per l’innovazione. Solo uno studente su 4 segue un percorso tecnico-scientifico
Un nuovo report di Fondazione Deloitte e Deloitte Public Policy Program rivela una grave carenza di competenze STEM in Europa, con conseguenze potenzialmente devastanti per la competitività dell’Unione Europea a livello globale.
La scarsa iscrizione agli studi tecnico-scientifici, soprattutto nel settore ICT, e la persistente disparità di genere rappresentano sfide urgenti che richiedono interventi immediati e decisi.
Un divario preoccupante: numeri che allarmano
Solo il 26,6% degli studenti europei sceglie percorsi di educazione terziaria in ambito STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), un dato allarmante che si riflette direttamente sul mercato del lavoro. Mezzo milione di aziende europee, infatti, fatica a reperire personale qualificato in questi settori strategici. La situazione è particolarmente critica nel campo dell’ICT, dove gli studenti rappresentano appena il 19,5% del totale STEM, con una presenza femminile ancor più esigua (solo il 20,3%).
I numeri mettono in luce un preoccupante divario rispetto a Stati Uniti e Cina, leader mondiali nell’innovazione tecnologica. L’ingegneria, seppur la disciplina STEM più scelta (53,7%), non riesce a colmare il gap, mentre le Scienze naturali, matematica e statistica, pur raggiungendo la parità di genere (50,3% di studentesse), non offrono una soluzione completa al problema.
Le cause di un problema complesso: famiglia, stereotipi e percezione della difficoltà
Il report evidenzia il ruolo cruciale della famiglia nella scelta degli studi STEM, con il 51% degli studenti che attribuisce ai familiari un’influenza decisiva. Questo dato sale al 60% tra i giovani già impiegati nel settore. Tuttavia, pregiudizi e stereotipi culturali contribuiscono a scoraggiare molti giovani, soprattutto le ragazze, dall’intraprendere percorsi STEM.
La percezione di eccessiva difficoltà delle materie scientifiche rappresenta un ulteriore ostacolo, come dimostra il fatto che 6 studenti su 10 non STEM hanno considerato (o considererebbero) un percorso STEM. La consapevolezza dei cambiamenti in atto nel mondo del lavoro, con oltre il 70% dei giovani che prevede modifiche professionali nei prossimi tre anni, non sembra sufficiente a incentivare le iscrizioni in ambito STEM. L’alta propensione all’imprenditorialità tra i lavoratori STEM (18% prevede di avviare un’attività in proprio) evidenzia, però, il potenziale inespresso di questo settore.
Fabio Pompei, Ceo di Deloitte Italia, ha sottolineato l’urgenza di colmare il divario con gli Stati Uniti e la Cina, affermando che “non basterà aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo: sarà vitale puntare anche su un massiccio e continuo aggiornamento delle competenze STEM”.
L’Europa deve agire rapidamente per evitare di rimanere indietro nella corsa all’innovazione.