Crisi di governo, se mercoledì salta tutto, elezioni ai primi di ottobre. Legge di Bilancio a rischio e probabile ritorno alla Legge Fornero
Mercoledì sarà il giorno della resa dei conti in Parlamento: si deciderà il futuro dell’esecutivo Draghi. Nuovo possibile spaccatura all’interno del M5S con l’ala governista che prova a spingere per continuare l’avventura di governo.
Allo stato attuale, però, la possibilità che Draghi possa restare a Palazzo Chigi è molto bassa. In caso, dunque, di dimissioni irrevocabili, le elezioni sarebbero convocate per la fine di settembre o per gli inizi di ottobre (26 settembre, 2 ottobre o 9 ottobre).
Il governo Draghi sarebbe in carica per il disbrigo degli affari correnti: solo, dunque, ordinaria amministrazione. L’esecutivo attuale, pertanto, non potrebbe varare la Legge di Bilancio. Toccherebbe alla nuova maggioranza vararla, ma c’è una grossa incognita sui tempi. Non è da escludere, dunque, che si possa andare verso l’esercizio provvisorio, non riuscendo ad approvare la manovra entro dicembre 2022.
Un disastro per l’economia già duramente messa alla prova dall’emergenza Covid-19 e dalla guerra in Ucraina. Uno scenario preoccupante.
Con la crisi in atto, tutti i provvedimenti più importanti finirebbero in un binario morto. Salterebbe le discussioni su ddl Zan, Ius Scholae, ma anche la riforma del fisco e soprattutto quella delle pensioni con il ritorno da gennaio 2023 della Legge Fornero. A rischio anche i decreti attuativi per la riforma del reclutamento dei docenti: uno deve essere prodotto entro il 31 luglio, ma ce ne sono tredici da varare nei prossimi mesi (anche se comunque potrebbero essere varate lo stesso trattandosi, in alcuni casi, di meri adempimenti amministrativi).
Cosa può succedere, dunque, mercoledì? La prima è il voto anticipato. Se Draghi non dovesse avere la fiducia del Parlamento la crisi sarebbe di fatto aperta e il governo cadrebbe. A quel punto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella potrebbe sciogliere in anticipo le Camere e si andrebbe a elezioni anticipate.
Non è l’unico scenario sul tavolo. Se il presidente del Consiglio decidesse di lasciare, Mattarella potrebbe anche rifiutarsi di sciogliere le Camere a dare l’incarico a una nuova personalità, che avrebbe il compito di traghettare il Paese alla scadenza naturale della legislatura nel 2023, portando nel frattempo a termine tutte le riforme in agenda. Difficile, invece, l’accordo per un governo politico con un esponente dei partiti a Palazzo Chigi.