Crisi di Governo, la Lega spinge per un Draghi bis ma senza M5S. Le ultime novità

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Nel corso del suo discorso al Senato nella mattinata del 20 luglio, Mario Draghi ha rivendicato da un lato la scelta delle dimissioni consegnate al Presidente Mattarella, poi respinte da quest’ultimo. Dall’altro ha aperto chiaramente ad un nuovo Governo da lui presieduto con un nuovo Patto di fiducia.

Soluzione che senz’altro viene vista di buon auspicio da alcune forze politiche. Anche la Lega, che nei giorni scorsi invitava fortemente al ritorno alle urne anticipato, ha invece fatto retromarcia e aperto ad un nuovo Governo Draghi bis.

Ci vuole un governo nuovo, con a capo lei presidente Draghi, perché gli italiani hanno detto che lei deve restare“, ha detto il presidente dei senatori della Lega, Massimiliano Romeo, nel dibattito sulle comunicazioni del presidente del Consiglio al Senato nella giornata cruciale per la crisi di governo.

Sostegno ad azione governo profondamente rinnovato sia per scelte politiche che nella composizione” si legge nella risoluzione appena depositata in Senato, da parte della Lega, in cui si chiede che “nella compagine governativa siano compresi esclusivamente” le forze politiche “espressione dei partiti che hanno votato a favore della fiducia nella seduta del senato del 14 luglio” tenendo quindi fuori i Cinque Stelle.

Si tratta dunque di uno dei possibili scenari previsti in questa vicenda complessa. Anche perché se la Lega cerca di “scaricare” il M5S, lato grillini ancora non emerge una posizione chiara in vista del voto di fiducia previsto in serata.

Non possiamo non chiederle un cambio di passo, non possiamo non chiederle come davanti a questa emergenza occorrano azioni concrete“. Lo dice il senatore del M5s Ettore Licheri parlando a nome del gruppo in Senato e rivolgendosi al premier Mario Draghi.

Voglio subito rassicurare che non troverete mai un 5 Stelle che sulla base di convenienze elettorale faccia accadere il governo, qualunque cosa possa accadere, siamo fatti così. Abbiamo sempre mantenuto una linea di assoluta responsabilità“, aggiunge.

Anche gli alleati della Lega, Forza Italia, allontanano i pentastellati da un nuovo esecutivo: “Lezioni di serietà e di stabilità non ne prendiamo da nessuno. Noi vogliamo chiarezza. Non ci prestiamo alle cose del M5S“. Lo ha detto nell’Aula del Senato Maurizio Gasparri di Fi in discussione generale sulle comunicazioni del presidente del Consiglio. Le sue parole sono sonoramente applaudite dai senatori della Lega. “E’ finito un patto di fiducia con il voto dei M5S della scorsa settimana“, ha ribadito.

Il Partito democratico ha espresso chiaramente il proprio sostegno a Mario Draghi: “Serve un governo autorevole e credibile per affrontare i passaggi che abbiamo di fronte in Europa. Noi La sosterremo perché vogliamo completare il Pnrr e le riforme necessarie che sono ancora diverse. Siamo d’accordo al patto che ci ha proposto e siamo ancora più convinti di prima“. Così il vice presidente dei senatori del Pd Franco Mirabelli, intervenendo in Aula dopo le comunicazioni del premier Mario Draghi. “Tutti dovrebbero fare lo stesso – ha aggiunto -, dire con chiarezza se si condivide o no questa proposta. Tutti dobbiamo avere la responsabilità di dire Sì o No, non è serio inventare altre strade o altre soluzioni“.

Tuttavia, in base a quanto si apprende da fonti giornalistiche, la strada sarebbe in salita: le condizioni poste dalla Lega, il Draghi bis e una nuova maggioranza, vengono considerate irricevibili per il presidente del Consiglio. “Ci manda tutti a…“.

Tuttavia, tra i senatori Pd c’è anche chi invita alla calma, a non precipitare. “Un passo alla volta. C’è ancora margine. L’importante è arrivare al voto di fiducia. Stiamo lavorando per questo. Voglio vederli a votare contro…“.

Ma i dubbi che a quel voto non ci si riesca nemmeno ad arrivare sono molti. Lo dice anche un big di Italia Viva. “Se si vota, i voti ci sono. Ma per fare cosa dopo?“.

Infatti, al momento, fonti di governo vicine al presidente del Consiglio, fanno sapere che non ci sarà un Draghi bis. Se la crisi dovesse precipitare, viene riferito dalle stesse fonti, la ‘partita’ tornerà nelle mani del Capo dello Stato, poiché l’ex numero uno della Bce è orientato a tenere la linea già espressa in passato, ovvero andare avanti con la stessa maggioranza con un rinnovato patto di fiducia.

Le ricadute possibili sulla scuola

Come accennato in precedenza, la situazione delicata del Governo potrebbe anche incidere sulla riforma del reclutamento recentemente approvata dal Parlamento. Infatti, mancano ancora 14 decreti attuativi, di cui uno da pubblicare entro luglio, per rendere operativa la riforma.

Entro il 31 luglio 2022 il provvedimento della presidenza del Consiglio dei Ministri definirà

  • i contenuti e la strutturazione dell’offerta formativa corrispondente a 60 CFU/CFA, di cui almeno 10 di area pedagogica, comprendente attività di tirocinio diretto e indiretto non inferiore a 20 CFU/CFA. Per ogni CFU/CFA di tirocinio, l’impegno in presenza nelle classi non può essere inferiore a 12 ore.
  • il numero di crediti universitari o accademici riservati alla formazione inclusiva delle persone con disabilità
  • la percentuale di presenza alle attività formative necessarie per l’accesso alla prova finale
  • le modalità di svolgimento della prova finale del percorso universitario e accademico, comprendente la prova scritta e orale

Nell’ambito dei 60 CFU è comunque riconosciuta la validità dei 24 CFU/CFA già conseguiti quale requisito di accesso al concorso secondo il previgente ordinamento. Il decreto stabilirà i criteri per il riconoscimento degli eventuali altri crediti maturati nel corso degli studi universitari o accademici, purché strettamente coerenti con gli obiettivi formativi.

C’è ovviamente in ballo il rinnovo contrattuale: prosegue la trattativa all’Aranma la situazione del Governo potrebbe avere ripercussioni sulle risorse da aggiungere.

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