Crepet: “Un genitore è un capitano, dovrebbe essere autorevole, ma in realtà è terrorizzato”

Una società sempre più contraddistinta da atti di violenza a cui non stiamo ponendo rimedio. A riferirlo è lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet, intervistato da RTL. Durante la trasmissione radiofonica, Crepet ha commentato alcuni recenti fatti di cronaca in cui un ragazzo è stato ucciso in una sala giochi in Campania ed altri avrebbero tentato di dar fuoco ad un clochard in Piemonte.
Il disastro italiano dopo Novi Ligure
“25 anni fa Novi Ligure ha stordito l’Italia, ma l’Italia non ha fatto nulla dopo quel tragico evento: questo è il disastro italiano” ha dichiarato Crepet. Secondo il suo parere, la società italiana non avrebbe colto i segnali di una crescente recrudescenza dei giovani che è il frutto di una precoce adolescentizzazione in atto, per cui quello che si faceva a 16-17 anni lo si fa a 13-14. Ed è proprio affrontando questo tema che Crepet, insieme a Giovanni Bollea, considerato il capostipite della neuropsichiatria infantile in Italia, ha proposto di abbassare la maggiore età a 16 anni, così da responsabilizzare maggiormente ragazze e ragazzi.
Ma nel mirino del sociologo piemontese ci sono soprattutto i metodi educativi dei genitori di oggi, parecchio diversi da quelli del passato. “Un genitore è un capitano, ha delle regole, e dovrebbe essere autorevole, che non vuol dire affatto essere autoritario”. È un bene che l’immagine del papà che si sfila la cinta dei pantaloni per colpire i propri figli appartenga al passato, ma a quel mondo, ricorda Crepet, “è succeduto il nulla e i genitori oggi non sanno più cosa fare e sono terrorizzati”.
L’inganno dietro “amore mio”
Durante l’intervento radiofonico, Crepet ne ha approfittato anche per chiarire una sua recente dichiarazione, interpretata da alcuni come un divieto nell’utilizzo di espressioni come “amore mio” rivolte ai propri figli. “Non ho mai detto questa cosa”, ha subito chiarito, “ma ho spiegato che dietro ad una frase che inizia con amore mio c’è già l’inganno”, lasciando intendere che un comportamento troppo accondiscendente e fatto solo di amore possa divenire un ostacolo alla crescita dei figli e alla loro piena integrazione nel tessuto sociale.