Covid-19, la variante inglese fa paura: no a lockdown ma la scuola in presenza è a rischio
La variante inglese comincia davvero a preoccupare il Paese. Le parole di Walter Ricciardi, consigliere del Ministro della Salute, ha lanciato l’idea di un lockdown nazionale di qualche settimana. Idea che ha scatenato polemiche a non finire.
In caso di presenza allarmante di varianti, no ad un lockdown generalizzato ma si punterà a nuove zone rosse su base sub-regionale. A causa delle varianti possibile incremento del 50% dei contagi entro metà marzo. ‘Spaccatura’ su apertura delle scuole. E’ quanto si apprende dopo la riunione incontro di oggi con il CTS, il ministro Speranza, il ministro Gelmini e il presidente Bonaccini.
Il punto di scontro è quello emerso già in precedenza: dal momento che la variante inglese ha dimostrato di poter colpire anche i più piccoli. Da qui l’indicazione di un attento monitoraggio nelle prossime settimane per intervenire, laddove necessario, anche con un’interruzione generalizzata della didattica.
Chiesto, inoltre, un incremento del sequenziamento e, infine, una maggiore collegialità a livello di comunicazione per evitare polemiche e non disorientare ulteriormente i cittadini.
C’è molta preoccupazione dall’ISS, il Cts e lo stesso Ministero della Salute, mentre le scuole che stanno dovendo chiudere a causa varianti covid-19 stanno aumentando.
La variante inglese è ormai diffusa nella maggior parte del territorio italiano, almeno nell’88% delle regioni secondo i risultati dell’indagine indagine svolta lo scorso 4-5 febbraio da Istituto Superiore di Sanità (Iss) e ministero della Salute. È una diffusione notevole dovuta alla maggiore facilità con cui si trasmette questa variante, indicata con la sigla B.1.1.7 e una delle tre che stanno circolando nel nostro Paese, accanto alla brasiliana e alla sudafricana.
“Nel contesto italiano, in cui la vaccinazione delle categorie di popolazione più fragile sta procedendo rapidamente ma non ha ancora raggiunto coperture sufficienti, la diffusione di varianti a maggiore trasmissibilità può avere un impatto rilevante se non vengono adottate misure di mitigazione adeguata“, sottolinea l’Istituto superiore di sanità nello studio di prevalenza della variante VOC 202012/01 (Regno Unito) in Italia.
Covid-19, relazione tecnica dell’ISS della prima indagine sulla ‘variante inglese’ – ISS
Per “contenere e rallentare” la diffusione delle varianti del Covid, “in analogia con le strategie adottate negli altri paesi europei”, è necessaria una “rigorosa osservanza, rafforzamento e incremento delle misure di mitigazione del rischio sia in ambito nazionale che in specifici ambiti locali, evitando ulteriori misure di rilascio”, ha detto il Comitato Tecnico Scientifico.
Negativo anche lo scenario che viene dall’Ecdc (l’Agenzia Ue per la prevenzione e il controllo delle malattie), che tramite la direttrice Andrea Ammo, “dalla nostra ultima valutazione la situazione epidemiologica è rimasta molto preoccupante“.
“A meno che le misure non farmaceutiche” come distanziamento, telelavoro ove possibile, restrizione agli spostamenti, mascherine e igiene mani, “non vengano continuate o addirittura rafforzate, nei prossimi mesi dovrebbe essere previsto un aumento significativo dei casi e dei decessi correlati al Covid-19“, italiano, in cui la vaccinazione delle categorie di popolazione più fragile sta procedendo rapidamente ma non ha ancora raggiunto coperture sufficienti, la diffusione di varianti a maggiore trasmissibilità può avere un impatto rilevante se non vengono adottate misure di mitigazione adeguata“.
I risultati preliminari della ‘flash survey’ condotta dall’Iss e dal ministero della Salute insieme ai laboratori regionali, mostrano come in Italia il 17,8% delle infezioni Covid-19 è dovuto alla ‘variante inglese. Il risultato dell’indagine, comunica il ministero della Salute, ci dice che nel nostro Paese, così come nel resto d’Europa – in Francia la prevalenza è del 20-25%, in Germania del 30% – c’è una circolazione sostenuta della variante.
Cosa succederà alla scuola? Già sono diversi gli istituti scolastici chiusi negli ultimi giorni causa covid-19, con la variante inglese che inizia ad essere piuttosto presente.
La perplessità infatti risiede nel fatto che proprio la variante inglese sembra che passi più facilmente fra bambini e giovani, ovvero quella fascia di popolazione in età scolare.
“Stando a ciò che dicono gli esperti inglesi – ha ricordato nei giorni scorsi Massimo Galli, primario dell’ospedale Sacco di Milano -, i primi riscontri confermano che la variante inglese si trasmette più velocemente tra i più giovani. Varie evidenze vanno in questa direzione“.
Ecco perché la scuola, adesso, diventa realmente osservata speciale: la scuola in presenza, nonostante le misure di sicurezza adottate sin da settembre e i piani scuola per le superiori di inizio anno, potrebbero anche non bastare.
Ancora Massimo Galli, evidenzia la situazione delicata: “Mi preoccupano molto le nuove varianti che sono già arrivate in Italia e che hanno una capacità di diffusione maggiore rispetto al virus che imperversava fino adesso nel nostro Paese”, ha detto Galli per il quale, inoltre, “il sistema della divisione dell’Italia a colori non sta funzionando. E la prova è nei fatti“.