Covid-19, con la riapertura scuole c’è stato aumento di ricoveri nelle terapie intensive. Lo spiega il matematico Sebastiani

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Non si tratta del primo intervento in cui Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iac)., analizza il rapporto covid-19 e scuole aperte. Adesso però, secondo le ultime osservazioni delle riaperture scuole dopo la chiusura natalizie, emergerebbe un legame diretto fra aumento delle terapie intensive e la ripresa delle attività didattiche in presenza.

Allo scopo di limitare la diffusione dell’epidemia nel nostro Paese, penso – rileva il matematico – che sia importante interrompere quanto prima l’attività didattica in presenza in tutte le scuole, indipendentemente dalla fascia d’età, e nelle università”.

L’analisi di Sebastiani, si legge sull’Ansa, indica infatti che “la curva delle terapie intensive a livello nazionale in Italia è in aumento da circa due settimane” e che “la situazione a livello regionale è eterogenea sia a livello qualitativo che quantitativo“, osserva Sebastiani.

Ecco come è arrivato alla sua conclusione Sebastiani: considerando la data di inizio delle lezioni in presenza, avvenuto in momenti diversi per le regioni-province, queste ultime possono essere divise in quattro gruppi: il primo comprende Trentino Alto Adige (dove le scuole sono iniziate il 7 gennaio) con Abruzzo, Toscana e Valle D’Aosta (11 gennaio); il secondo Emilia Romagna, Lazio, Molise e Piemonte (18 gennaio); il terzo Liguria, Lombardia, Marche e Umbria (25 gennaio); il quarto Basilicata, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Puglia, Sardegna, Veneto (inizio 1 febbraio) e Sicilia (inizio 8 febbraio).

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Per ognuno dei quattro gruppi Sebastiani ha analizzato l’andamento dei ricoveri nelle unità di terapia intensiva ed è emerso così che “l’aumento percentuale dei ricoveri in una settimana diminuisce in modo lineare al ritardare dell’inizio dell’attività didattica“. I valori in ciascuno dei quattro gruppi di regioni-province autonome sono rispettivamente del 15%, 12%, 4% e 1%.

Il risultato, rileva il matematico “fornisce una chiara evidenza a supporto dell’ipotesi che l’attività didattica in presenza stia veicolando l’attuale aumento della diffusione del coronavirus nel nostro Paese. Ciò è avvalorato dal fatto che il valore mediano dell’età dei positivi registrati è in diminuzione ed è pari a 44 anni, secondo i dati dell’ultimo monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità.

Sebastiani rileva infine che, “sebbene al momento non siano pubblicati dati quantitativi, la presenza documentata di numerosi focolai nelle scuole elementari e medie inferiori suggerisce che l’aumento della diffusione coinvolga le nuove varianti del virus, riscontrate anche in Italia, e trasmesse in modo significativo anche in questa fascia d’età“.

 

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