Cos’è l’ansia scolastica e come riconoscerla. INTERVISTA alla Professoressa Maria Pontillo

L’ansia che ci motiva e che ci blocca, in particolare cos’è l’ansia scolastica e come riconoscerla. Ne abbiamo parlato con la Professoressa Maria Pontillo, Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e Dirigente Psicologo presso l’Unità operativa complessa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, docente di corsi di formazione e master in Psicologia dello sviluppo e presso scuole di specializzazione in Psicoterapia cognitiva, autrice di numerose pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali, membro della Società Italiana di Terapia Cognitivo-Comportamentale (SITCC) e del Comitato di Bioetica Clinica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.
Professoressa Pontillo, ci spiega cos’è l’ansia, quando ha una funzione positiva di stimolo, quindi è una risorsa, e quando, invece, diventa patologica?
Parlando di ansia comincerei proprio dall’etimologia di questa parola. Ansia deriva da angere, che vuol dire stringere, e credo che indichi bene il senso di pressione che vive chi soffre d’ansia. L’ansia è un’emozione a contenuto spiacevole, è un’emozione che molto spesso si scatena di fronte ad una minaccia che può essere reale o percepita. Come dice bene lei nella domanda, l’ansia a volte è una funzione fisiologica, come ad esempio quella che il bambino ha nei confronti degli oggetti di grandi dimensioni, oppure l’angoscia per l’estraneo che ha il bambino piccolo quando fa fatica a separarsi dai propri genitori, o ancora alla difficoltà di un bambino ad entrare a scuola, l’ansia da separazione, che durante il primo mese di scuola, soprattutto nel passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria, può manifestarsi; tuttavia se l’ansia non è transitoria ed esula da quella che è una fase fisiologica di sviluppo, ma persiste e limita il funzionamento in bambini, adolescenti e giovani adulti, è una condizione patologica.
Un esempio pratico, restando in ambito scolastico, può essere l’adolescente che ha dell’ansia prima di un’interrogazione o di un compito in classe e che sperimenta uno stato che è fisiologico, quello dell’ansia prestazionale di fronte a qualcosa da cui scaturirà un voto. Quando l’ansia, nonostante tutto, consente all’adolescente di portare a termine l’interrogazione o il compito e si esaurisce finito lo stimolo, parliamo di un’ansia che rientra in quella che è una fase evolutiva, se invece l’adolescente si blocca durante la prova, sperimentando quello che molti ragazzi mi raccontano di un vuoto, di una tabula rasa, la mente come una pagina bianca, quello che noi definiamo il blocco della parola, oppure si agitano, hanno dei sintomi somatici, come tachicardia o sudorazione profusa, ecco che questi sono dei segnali di allarme. L’ansia è un’emozione che fa parte del nostro modello evolutivo, ha una funzione adattiva e fisiologica perché ci spinge e ci motiva rispetto alla prestazione, ma quando è limitante, pervasiva ed è frequente in maniera significativa, può essere considerata patologica.
Esistono vari tipi di ansia, molti riconosciuti dai manuali diagnostici altri ancora no. Tra questi ultimi c’è l’ansia scolastica, che non può ancora essere diagnosticata da sola dai professionisti. Ci spiega cos’è l’ansia scolastica, come si manifesta e quali altri tipi di ansia si possono manifestare in età evolutiva?
Partiamo dall’ultima parte della sua domanda. In età evolutiva, durante l’infanzia, possiamo avere diversi tipi di ansia, la prima è quella a cui accennavo, l’ansia da separazione nel momento in cui il bambino deve entrare a scuola, quindi, in un certo senso, si separa da quello che è stato il nucleo primario di accudimento, la famiglia, ed ecco che vive il mondo esterno come potenzialmente ansiogeno e può avere un’ansia da separazione che se persiste diventa un disturbo da ansia da separazione. Ma in età evolutiva possiamo avere anche il famoso panico, degli attacchi di panico. Il fatto che il bambino interpreti determinati sintomi che sono tipici dell’ansia, come l’accelerazione del battito cardiaco o un mal di pancia, come un qualcosa di catastrofico o il segnale di una morte imminente, quello è il panico. Un’altra forma d’ansia che hanno i nostri bambini è quella che noi definiamo l’ansia generalizzata, un’ansia pervasiva rispetto alla prestazione. Loro vogliono essere costantemente bravi a scuola o negli sport, considerati bravi dagli altri, dei buoni figli, e vivono in una perenne condizione per cui il giudizio dell’altro diventa perentorio sulla definizione del sé, quella è una forma d’ansia generalizzata.
Tra i disturbi d’ansia noi però consideriamo anche il mutismo selettivo, che caratterizza alcuni bambini che all’inizio della scuola dell’infanzia hanno un vero e proprio blocco della parola nel contesto scolastico. In fase un po’ più adolescenziale quello che prevale è il cosiddetto disturbo d’ansia sociale, la paura dell’altro, ed iniziamo ad avvicinarci a quello che è il fenomeno degli Hikikomori, di quei ragazzi che si chiudono e si ritirano proprio perché il mondo esterno fa paura e genera in loro l’ansia. Quelli che ho citato sono i disturbi d’ansia riconosciuti, ma in realtà esiste questa forma d’ansia, l’ansia scolastica, oppure potremmo definirla fobia scolare, che consiste in un malessere del bambino e dell’adolescente all’ingresso a scuola. Ne soffre una percentuale di bambini e adolescenti compresa tra il 5 e il 28% e consiste in una vera e propria paura rispetto all’ingresso e al rimanere a scuola, è una delle principali cause dell’abbandono scolastico. Vorrei usare questo spazio per ricordare che oggi l’abbandono scolastico è altissimo, molto più alto delle medie europee, e principalemente pensiamo che dietro ci siano solo fattori ambientali, come una carenza educativa o dei fattori familiari, ma molto spesso c’è l’ansia scolastica che la possiamo considerare come la punta dell’iceberg.
Quando un bambino o un adolescente si rifiuta di andare a scuola non è semplicemente capriccioso, non è il capriccio di un bambino che per una settimana chiede o decide di non voler andare a scuola perché turbato, ad esempio, da un evento familiare, non è l’adolescente che decide di non andare a scuola perché magari ha avuto una delusione affettiva, l’ansia scolastica si ha quando questo rifiuto ad andare a scuola è persistente, sono ragazzi che cominciano a saltare qualche giorno fino a quando sono mesi interi, personalmente ho visto pazienti che non andavano a scuola da due o tre anni, sto parlando di condizioni importanti e molto spesso dietro queste condizioni ci sono delle condizioni che in età evolutiva ci fanno paura ma che dovremmo affrontare, come ad esempio la depressione, i disturbi alimentari, la fatica a farsi vedere dagli altri anche nel contesto del pasto, oppure l’ansia da prestazione o la psicosi. Questo per dire che l’ansia scolastica è sempre la punta di un disagio ancora più importante che chiediamo a genitori, insegnanti, ma anche a miei colleghi psicoterapeuti e clinici in generale, di non sottovalutare.
Perché si diventa ansiosi? Cosa ci porta a questo stato emotivo che può essere anche fortemente invalidante?
Come tutti i disturbi mentali ed i disturbi neuropsichiatrici, dobbiamo considerare il disturbo d’ansia come il frutto di una serie di fattori, si parla di multifattorialità. Sicuramente un fattore importante è quello genetico, il fatto di avere un genitore che soffre di disturbi d’ansia aumenta la probabilità che anche il ragazzo sia portatore di un disturbo d’ansia. Ma dobbiamo fare riferimento anche ai fattori ambientali, per esempio eventi di vita stressanti come l’aver perso un genitore in epoca precoce o la malattia di un genitore, oppure l’aver subito un abuso o la negligenza per quanto riguarda le cure, sono tutti elementi che possono esporre al rischio di un disturbo d’ansia.
Così come dei fattori temperamentali, che è una disposizione biologica che ci portiamo dalla nascita, per cui è stato dimostrato che i bambini che nascono con un temperamento inibito, introverso, hanno maggiori probabilità di sviluppare un disturbo d’ansia. Infine, restando in quello che è l’ambito della famiglia, lo stile genitoriale, ad esempio uno stile genitoriale iperprotettivo, ipercontrollante, in cui il genitore può vicariare l’autonomia del bambino, nel tentativo di proteggere questo bambino da chissà quale pericolo esterno, limitano l’autonomia del bambino il quale si sente di fronte al mondo esterno spaventato, il messaggio che passa nel bambino è che se il genitore deve fare una determinata cosa è perché lui non è capace. Le risorse che il bambino sente per quanto riguarda la possibilità di affrontare le richieste del mondo esterno sono assolutamente basse, da lì nasce l’ansia.
Per chiudere, di recente è stato pubblicato il libro che ha scritto con il Professor Vicari “Domani resto a casa”, edito dalla Erickson, che parla proprio di ansia, ci dà alcuni consigli da dare ad insegnanti e genitori sulla gestione dell’ansia a scuola?
Questo libro vuole essere un libro divulgativo, è un libro che abbiamo scritto non nel tentativo di fornire visioni manualizzate dell’ansia scolastica, ma nel tentativo di arrivare a genitori ed adolescenti. È un libro scritto in collaborazione con degli scrittori della scuola Holden e con esperti di illustrazioni grafiche afferenti alla scuola di Palermo. È un progetto che ha a capo il Professor Vicari e che ha come obiettivo quello di divulgare dei messaggi importanti.
Per quanto riguarda l’ansia scolastica noi diciamo ai genitori di non sottovalutare quello che è un periodo di discontinuità scolastica di un adolescente o di un bambino che chiede spesso di non andare a scuola, è già un campanello di allarme, così come un bambino o un adolescente che ha dei sintomi somatici, come mal di testa o mal di pancia, prima dell’ingresso a scuola e una volta rimasto casa guarisce improvvisamente, così come guarisce nei weekend, deve far pensare che a scuola ci possa essere qualcosa. Bisogna considerare anche che i ragazzi che soffrono di ansia scolastica non dormono bene, perché il pensiero di doversi recare a scuola è causa di un’ansia anticipatoria che disturba il loro sonno. Sono ragazzi che possono mostrarsi aggressivi qualora si tocchi il tema della scuola, dei compiti o il tema del dover andare a scuola, e soprattutto bisogna considerare che l’ansia scolastica è la prima tappa, se non trattata, di disturbi psichiatrici più importanti, come ad esempio la depressione.
Cosa può fare un genitore? Sicuramente non giudicare, ma assumere una posizione da osservatore dialogante, cercare il dialogo nel bambino e cercare di capire cosa può accadere nel contesto scolastico che lo turbi. Nel libro facciamo riferimento ad una ragazza che si chiude, si ritira, perché ha subito delle gravi forme di bullismo nel contesto scolastico. Diventa importante riconoscere una ragazza che è provata e che non va a scuola non per capriccio ma perché è sofferente, la ragazza in questione è una ragazza molto dimagrita, quindi ha anche un’alterazione alimentare, questo per dire che bisogna guardare i figli nel complesso e non semplicemente rispetto a quella “punta” che non va a scuola, bisogna occuparsi del benessere psicologico e lì sicuramente si potrà trovare la causa. Se per i genitori è faticoso rivolgersi immediatamente ad uno psicologo o a un neuropsichiatra infantile, consiglio di rivolgersi al pediatra, che li ha accompagnati nel percorso di crescita del bambino e che è stata la figura di riferimento, quella che hanno chiamato nei malanni improvvisi, e per l’ansia può essere la stessa cosa, chiedere un consulto, ovviamente se ci sono dei sintomi fisici vi aiuterà ad escludere la causa organica ed ipotizzare una causa psicogena o psicologica e sarà il pediatra a mandarvi verso delle figure di riferimento di fiducia che possano accogliervi. Quindi il consiglio è di partire gradualmente, ma partire nell’aiuto dei loro ragazzi.