Coronavirus, ricostruzione passare dalla Scuola. Lettera a Mattarella

inviato da Diego Palma – Signor Presidente, il mio nome è Diego Palma e sono cittadino italiano; sono un insegnante precario napoletano che per ragioni di lavoro mi sono trasferito in Sardegna con mia moglie e i nostri tre figli.
Mi rivolgo a Lei affinché si faccia, come ha sempre fatto, garante della Nostra Costituzione e ne salvaguardi i principi fondatori della nostra Repubblica che furono stabiliti dall’Assemblea Costituente. Nel mezzo di una pandemia mondiale, che sta devastando le nostre abitudini, e sta generando tanti morti e riducendo drasticamente alcune libertà fondamentali sancite dalla nostra Costituzione, ritornare ai valori fondanti della Repubblica appare tanto più urgente.
All’improvviso siamo stati costretti a cambiare abitudini, ridurre a zero la vita sociale, a restare isolati dai nostri cari. Ancor più drammatica appare la situazione per coloro che hanno perso i loro cari senza poterli nemmeno salutare per l’ultima volta. Le immagini che hanno trasmesso i media ci hanno segnato profondamente: vedere trasportare le bare dall’esercito è stato emblematico per farci comprendere la drammaticità della situazione.
Abbiamo forse recuperato gli spazi perduti per poter riflettere, anche se da casa restiamo catturati dalla frenesia imposta da una società in permanente connessione con il resto del mondo; una società sempre proiettata verso le grandi scoperte, molte delle quali ci hanno visto interessati come italiani. Come uomini moderni, ammalati di delirio di onnipotenza, abbiamo scoperto di essere vulnerabili dinanzi ad un nemico invisibile, e stiamo pagando un caro prezzo alla pandemia, con la perdita di tanti concittadini, compresi molti medici che hanno dovuto operare senza i mezzi necessari. Questa situazione ci appare senza precedenti nella storia dello Stato italiano. Stiamo perdendo anche una parte della società che ha mantenuto e trasmesso alle nuove generazioni il ricordo dei periodi più bui della storia.
E in questo momento di crisi abbiamo scoperto che i tagli alla sanità e all’istruzione pubblica, operati per consentire il risparmio pubblico, recano danni irreparabili: non è un caso che a operare in prima fila ci siano innumerevoli precari sia nella sanità, sia nella scuola. E se quelli della sanità si stanno immolando senza alcuna remora, nella scuola essi adempiono al loro compito, cercando di sostenere gli studenti in momento così difficile.
In questo momento dovremmo ringraziare tutto il personale sanitario, le forze dell’ordine, la protezione civile e tutti gli operatori del commercio e trasporto che hanno garantito e garantiscono l’approvvigionamento dei beni di prima necessità. Ma vorrei ringraziare anche i miei colleghi e le mie colleghe insegnanti che con gli studenti stanno affrontando questa emergenza. Un’emergenza che richiede a tutte le famiglie un impegno straordinario a sostegno dei figli. In un certo senso, insieme agli studenti e ai loro docenti, anche le famiglie sono diventate protagoniste nella scuola.
In tutto questo turbinio di dolore non riesco a comprendere e a tollerare l’atteggiamento di una parte della nostra classe politica, che mai come in questo momento dovrebbe essere unita e coesa, che dimostra una rissosità dannosa oltre che inutile: alcuni question-time alla Camera o al Senato, alcuni dibattiti alle tv, alcune dichiarazioni polemiche e accuse reciproche disorientano coloro a cui oggi sono richiesti tanti sacrifici. Alcuni gesti da parte dei nostri Parlamentari appaiono poco nobili o sono di cattivo esempio per noi cittadini.
Mi chiedo come usciremo da questa crisi: abbiamo tutti piena consapevolezza che la crisi avrà conseguenze incalcolabili, che la ripresa sarà lunga, e temiamo che i nostri figli pagheranno i nostri debiti, come è già capitato per le generazioni uscite dalle altre grandi crisi. Temo che si accentuino le differenze tra Nord e Sud Italia, tra ricchi e poveri, tra garantiti e non garantiti, tra stabilizzati e precari.
Ho paura a pensare che alla ripresa non si faccia tesoro della lezione che dovremmo aver appreso in questo periodo. Mi piacerebbe pensare che il popolo possa partecipare attivamente alla ricostruzione post-pandemia, immaginare gruppi di cittadini che, senza pretese e remunerazioni speciali, lavorano per la “ricostruzione” e commissioni popolari che possano dar voce a chi non è più rappresentato dalla maggioranza della classe politica, che ha perso il contatto con la società.
Spero che la ripresa non sia gestita nella prospettiva del capitalismo sfrenato, che emerga in Europa e in Italia una società propensa a preservare la terra e le sue creature, una società con una più sviluppata coscienza ecologista e solidale, e che coltivi l’obiettivo dell’eguaglianza delineato nella nostra Costituzione.
Spero che questa nuova società possa finalmente superare il divario tra nord e sud del Paese.
Io sono un uomo del Sud, uno dei tanti precari che produce il nostro sistema scolastico, senza che nessuna classe politica abbia mai avuto la determinazione di risolvere il problema annoso del precariato.
E da semplice insegnante precario, ed emigrato, mi rivolgo a Lei, come figura al di sopra delle parti, che riesce a dare un senso della politica molto più alta dei vari politici che appaiono in TV, per un’iniziativa singolare, che, forse non ha precedenti nella storia repubblicana: Lei potrebbe chiedere a tutti i nostri parlamentari di rinunciare alla loro indennità sino alla fine di questa emergenza, devolvendo ogni loro introito da parlamentare alla cura e alla tutela della salute e dell’istruzione dei loro concittadini più deboli.
Vorrei che Lei si facesse portavoce di un’iniziativa simbolica, che intenda anticipare un nuovo modo di agire e di pensare la politica alla ripresa dalla crisi. Come garante della Costituzione Italiana, Le chiedo di farsi promotore di una nuova alleanza tra Parlamento e cittadini, e che insieme devono impegnarsi per ricostruire una nuova repubblica solidale, che si fondi sulla centralità di due istituzioni che in questo momento si sono rivelate essenziali: la sanità e la scuola.
Nel progetto di ricostruzione post pandemia, società e classe politica devono lavorare insieme per ricostruire il sistema sanitario e dell’istruzione pubblica, in modo da garantire questi due servizi a tutti i cittadini, indipendentemente dal luogo di origine e di residenza, dal sesso, e dagli orientamenti culturali, religiosi, e politici.
In primo luogo credo che debbano essere date stabilmente nuove risorse al sistema sanitario, in modo tale che non debba più correre il rischio di trovarsi senza strumenti adeguati ad affrontare le emergenze. Si deve ripartire pensando che la fragilità degli esseri umani è un dato insuperabile; e che le epidemie fanno e faranno parte costante della vita degli esseri umani, perché i virus da sempre accompagnano la vita degli uomini sulla terra.
In secondo luogo la ripresa dovrà passare per una nuova importanza della scuola, in modo che siano garantiti il diritto allo studio e la libertà dell’insegnamento, troppo vilipesa in questi ultimi decenni, e che siano stabilite in modo definitivo da regole certe per intraprendere una professione essenziale per la società, e per evitare una lunga carriera precaria a chi decida di insegnare.
Egregio Presidente, mi auguro che il mio appello venga per lo meno considerato: so che realizzarlo può apparire un’utopia, ma dovremmo tentare di farlo.
Sono orgoglioso di essere italiano e ai miei figli ho trasmesso i valori in cui credo. Voglio continuare a esserlo, auspicando che la politica faccia la sua parte.
Ringraziando per la Sua attenzione, Le porgo i miei cordiali saluti.