Cornavirus occasione per didattica a distanza? No, per riflettere su quella in presenza! Lettera

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Inviato da Antonio Deiara – Era il 2157, e la Scuola non aveva più maestre e maestri, professoresse e professori.

L’istruzione veniva “curata” da robot domestici, “insegnanti meccanici” che l’Ispettore della Contea smontava in tanti pezzi quando non risultavano tarati sullo studente e poi rimontava miracolosamente, con grande delusione da parte di Margie, la bambina che odiava quel genere di scuola. Isaac Asimov, in un racconto del 1954, racconta la meraviglia di Margie: “Oggi Tommy ha trovato un vero libro!”. Il telelibro del XXII secolo non aveva certo il fascino delle pagine gialle e fruscianti, delle parole che restavano immobili sulla carta e non mutavano come avveniva sullo schermo.

Al tempo del Coronavirus, i paladini della Scuola senza insegnanti tramano nell’ombra? Si prepara un futuro senza l’ “edificio speciale” chiamato Scuola? Come un uomo può riuscire a fare il maestro, dato che solo il computer può essere “regolato” affinché istruisca ogni bambino in modo diverso? L’insegnante è ormai obsoleto? L’insegnamento a distanza è solo una “lezione frontale” svolta di fronte ad una telecamera, anziché di fronte ad un gruppo di bambini o ragazzi o giovani definiti alunni. L’interazione continua, vissuta di giorno in giorno e di anno in anno, non può essere sostituita da immagini e suoni provenienti da “altrove”. Come faccio, da dietro uno schermo, a posizionare la mano di quello scolaro (classe quarta elementare del plesso di via Gluck) sul manico della chitarra in modo che ottenga un Sol Maggiore pulito? Come posso emozionare cantando quella canzone di Angelo Branduardi e accompagnando la voce con la chitarra? Come educo bambine e bambini a vincere la timidezza, a controllare l’emozione di stringere tra le mani un microfono e presentare i solisti e il coro della classe al pubblico di genitori, zie e nonni?

Per Margie la “scuola” si trovava nella stanzetta a fianco alla sua cameretta, in perfetta solitudine. Lei poteva solo immaginare tanti bambini in un grande edificio, felici di camminare insieme sulla strada della conoscenza. Provava un senso di noia nell’inserire i compiti freddi e distaccati nel computer-maestro. “Chissà come si divertivano!”, pensava Margie.

Oggi, a causa della pausa forzata dovuta al Coronavirus, noi donne e uomini di Scuola abbiamo il tempo per riflettere, discutere e ridisegnare la filiera dell’istruzione, della socializzazione, dell’educazione civica, a favore di tutte le Margie e i Tommy d’Italia. Anche su questo occorre far fronte comune, insegnanti e genitori, Ministra e “ministerianti”: se non cambiasse niente o, peggio, si aprisse una breccia verso l’istruzione a distanza per inconfessabili interessi economici e nel nome di un risparmio fasullo, culturalmente sterile e socialmente devastante, arriveremmo a dire: “Chissà com’era interessante la scuola, prima del dilagare del Coronavirus!”.

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