Conviene consegnare un compito realizzato con l’intelligenza Artificiale? “Se la cellula diventa un pianeta che esplodeva nell’universo”. INTERVISTA

Proseguiamo i nostri approfondimenti sull’intelligenza artificiale e le interazioni con il mondo della scuola, oggi ne parliamo con la Professoressa Giusi Toto, Docente ordinaria di Didattica e Pedagogia Speciale presso l’Università di Foggia, coordinatrice del Learning Science Hub.
Professoressa Toto, in una precedente intervista avevamo parlato delle vostre ricerche nell’ambito dell’intelligenza artificiale. Partendo dai vostri studi, ci dice cosa possiamo fare oggi con l’intelligenza artificiale e quali sono le prospettive?
Vi ringrazio per questo incontro in particolare su un tema a cui tengo molto e che assorbe tanto del mio tempo, sia sul versante della ricerca universitaria che di quello della didattica. Di intelligenza artificiale ormai ne parlano tutti, addirittura è stata fatta una stima di quanti articoli al giorno vengano pubblicati su intelligenza artificiale, didattica, usi, pericoli, rischi e sono veramente tanti, quindi è un tema di interesse, ma da questo tipo di analisi si è anche scoperto che ci sono due problemi molto grossi sia in ambito accademico che scolastico: il primo è che c’è chi parla di intelligenza artificiale senza conoscerla, magari non ha neanche un profilo in OpenAI, che è appunto il portale che fornisce tutti i software di intelligenza artificiale, ma a livello teorico ne parla, ma è come parlare di motociclette senza averla mai acquistata e senza saperla utilizzare; il secondo limite è che si delegano alcune attività senza governarle.
Durante la fiera di Didacta a Bari, ho fatto un esperimento con gli studenti della secondaria di secondo grado ed ho fatto scoprire ai loro docenti di classe che molti dei compiti a casa li facevano con l’intelligenza artificiale con dei prompt specifici, come ad esempio “scrivi come un ragazzo di 15 anni che fa qualche errore di grammatica”, ma nell’esercizio che hanno fatto durante il workshop si sono resi conto che a volte l’intelligenza artificiale bara, sbaglia o inventa, tant’è che in una risposta ad una domanda mal posta in un questionario, l’intelligenza artificiale, cioè ChatGPT, ci aveva fornito una risposta in relazione alla cellula dicendo che era un pianeta che esplodeva nell’universo. Gli studenti, meravigliati, riflettevano sulle conseguenze di presentare un compito con questi risultati, ovviamente il voto sarebbe stato negativo, anche perché se si ricorre a ChatGPT per fare un compito e non viene nemmeno letto, come si fa a dimostrare di avere elaborato un prodotto corretto?
Questo è un tipo di atteggiamento che hanno gli studenti, anche gli adulti a volte, e mettendoli di fronte a questi esempi ho visto molte facce terrorizzate perché tesine o capitoli di tesi di laurea scritte da ChatGPT potevano contenere degli errori. Da qui ho fatto altri esperimenti con gli studenti universitari che hanno scritto con l’intelligenza artificiale articoli di giornale e saggi, il cui contenuto era legato al mio laboratorio e alla mia persona, e tra i vari risultati gli studenti hanno scoperto che ChatGPT mi aveva attribuito dei libri che io non avevo mai scritto, quindi questo porta con sé l’idea che non si può delegare tutte le attività all’intelligenza artificiale ma che i contenuti vanno verificati. Non soltanto vanno verificati ma andiamo incontro anche a problematiche etiche, di natura legale o legate alla privacy che la diffusione di notizie errate, false o scorrette possono appunto farci incorrere.
Da quello che ci ha appena detto sarebbero tantissime le tematiche da affrontare, però mi vorrei soffermare su un aspetto, ovvero quando ha affermato che non si può parlare di qualcosa senza averlo provato, quindi anche in ambito scolastico si dovrebbe verificare se l’intelligenza artificiale ci può aiutare o meno. Cosa state facendo voi in tal senso?
Devo dire che l’attività che stiamo svolgendo all’Università di Foggia è anche molto piacevole, e nella nostra sperimentazione siamo supportati sia dai corsisti del TFA sostegno che dai corsisti dei corsi di laurea di psicologia e scienze dell’educazione. A tal proposito stiamo provando ad utilizzare diversi linguaggi che l’intelligenza artificiale utilizza rispetto a professioni, professionalità, attività, prodotti che sono tipiche della creatività umana, ad esempio come la composizione di una canzone, la scrittura di un saggio o di una poesia, la realizzazione di un video, insomma, tutta una serie di attività che finora sono state condotte grazie alla creatività dell’uomo, ma anche all’uso di tante figure tecniche che ci permettono di costruirla.
Banalmente si pensa che l’intelligenza artificiale si sostituisca all’uomo, come ho detto prima per l’esercizio degli studenti della secondaria di secondo grado, e produca dei manufatti, delle canzoni, dei video, dei testi che possano sostituire dei prodotti che possano essere in sostituzione all’elaborazione umana e alla nostra creatività. Questo non avviene perché se ci provate i testi delle canzoni a volte sono un po’ frivoli e comunque sono ripetitivi rispetto ad alcuni modelli che l’intelligenza artificiale ha preso. La creatività è difficile da replicare già in due soggetti per quanto possano essere simili, ad esempio per quanto io possa amare Amy Winehouse e scrivere alla sua maniera, non sarò mai in grado di scrivere come lei, quindi per quanti dati possiamo inserire all’interno di tutti i database, è ovvio che l’individualità non la potrà mai replicare l’intelligenza artificiale, ma può essere di grosso aiuto, cioè ci può essere di grosso aiuto l’uso dell’intelligenza artificiale nella costruzione di compiti complessi perché ci fornisce una serie di suggerimenti.
Facendo banalmente l’esempio della canzone, noi abbiamo già fatto un esperimento, e ne faremo altri durante il 2025, come la composizione di un inno per l’inclusione, o legata a temi di natura impegnata legata alla violenza giovanile o alla violenza di genere. Per però poter utilizzare questo tipo di struttura oltre ad avere la competenza tecnica di come si fa una canzone, quali sono le parti, il ritornello, l’intro, il ponte, le strofe di una canzone, o conoscere le rime da poter utilizzare o non utilizzarle come scelta appunto creativa, è necessario dare dei contenuti, quindi il lavoro preliminare sull’utilizzo di quali temi, quali parole, quale messaggio voler lanciare attraverso un testo, deve essere già fatto a monte, prima ancora di utilizzare ChatGPT, non ci si può aspettare che con un semplice prompt ci dia le risposte che noi ci aspettiamo.
Certamente potrebbe darci dei buoni suggerimenti, come il titolo di un mio libro futuro, visto che mi è stato attribuito uno che non ho mai scritto, e il titolo era veramente interessante perché era cucito sulla mia persona, però questo non significa che si possa sostituire alla scelta di contenuti che io conosco e posso fare, quindi il lavoro preliminare, durante e dopo, soprattutto di monitoraggio di che cosa viene fuori da questo tipo di attività, deve essere fatto. In particolare per la scelta della canzone che abbiamo utilizzato come inno del Festival delle Radio Universitarie gli studenti si sono meravigliati del fatto che abbiamo dovuto fare diverse prove per arrivare alla scelta definitiva.
Non è stato il primo lavoro che ci ha prodotto l’intelligenza artificiale che è stato quello che ci ha maggiormente soddisfatto, ne abbiamo dovuti addirittura produrre 20, tra questi 20 poi due sono quelle che maggiormente ci interessavano, ma non trovando un accordo tra chi ha lavorato alla scrittura, alla musica, alla composizione, siamo ricorsi ad una challenge su internet dove è stato chiesto di scegliere agli altri studenti, che non avevano lavorato alla canzone, quale era quella più bella, quindi anche in questo caso non c’è una risposta univoca dall’intelligenza artificiale che ti dia qualcosa di perfetto e sui testi c’è stato un lavoro molto lungo che gli studenti hanno fatto per avere la versione più vicina a quelle che erano le loro esigenze e le loro richieste.
Con l’esperienza che ha accumulato, visto che parliamo anche di inclusione, potrebbe essere l’intelligenza artificiale un’arma in più proprio in questo ambito?
Ritengo di si ed è un tema estremamente importante. Ma ci sono anche altre domande interessantissime che mi sono posta durante le attività svolte nelle sperimentazioni che faccio con gli studenti, ed è molto più appassionante viverle le ricerche, lo preferisco al livello teorico di ricerca bibliografica da collezionare. In particolare mi è piaciuta molto una domanda che ha posto un ricercatore inglese su quanto l’intelligenza artificiale si possa utilizzare nell’educazione emozionale a scuola. Questo è stato uno spunto molto interessante perché noi pensiamo che i laboratori di educazione emozionale sulle varie emozioni, come rabbia o tristezza, che solitamente replichiamo un po’ sempre nella stessa forma, possano essere adattati con strumenti nuovi.
In questo caso l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per superare la ripetitività dei contenuti che forniamo, così da non annoiare il pubblico e diventare uno strumento a supporto nell’attività che faccio. Ovvio che il laboratorio l’ho inventato io, lo conosco io, so io cosa voglio fare, però se ho un supporto che amplifica la mia intelligenza, la potenzia, è molto utile, quindi l’intelligenza artificiale a servizio del docente che ha un’estensione delle proprie abilità diventa molto importante. Anche per l’inclusione possiamo utilizzarlo proprio perché, come nell’esempio precedente, l’intelligenza artificiale potenzia le mie abilità, quindi possiamo utilizzarla per estendere tante abilità che tutti quanti noi abbiamo, non soltanto gli studenti con disabilità, e che hanno bisogno di essere potenziate e di rafforzate.
Un’ultima, è in programma un’attività per quest’anno che coinvolge anche INVALSI, puoi spiegare meglio di che si tratta?
Noi abbiamo una “winter school” che faremo col dottorato nazionale delle discipline dell’apprendimento, il LESDIT, che ha sede presso l’università di Modena e Reggio Emilia, che è un dottorato nazionale dove partecipano 40 atenei da tutta Italia. La winter school è aperta a tutti i dottorandi, però la maggior parte di quelli che si sono iscritti sono legati allo studio delle scienze dell’apprendimento e della comunicazione in ambito digitale.
Il tema di questa winter school, che si terrà ad Accadia, è legata all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, a supporto della ricerca o di un dottorando, per scrivere progetti europei, cioè l’intelligenza artificiale che può essere utilizzata sia come finalità nella didattica o nella comunicazione, ma che può essere utilizzata anche per produrre progetti che hanno un reale impatto sociale, quindi dare uno stimolo anche alle pubbliche amministrazioni, alle aree interne, che a volte hanno carenza di personale e di strumenti, nel mettere a punto un protocollo che permetta a chi lavora in aree un po’ lontane dal centro, quindi più nella periferia, di utilizzare strumenti che gli permettano una progettazione e un reale impatto nel contesto che li circonda.
Oltre a questo c’è anche l’Invalsi che parteciperà con uno speech, con un ricercatore, che ci racconterà come i dati provenienti dalle scuole, anche dalle piccole scuole e dalle scuole di periferia, possono essere utilizzate per un miglioramento della didattica o per creare progetti educativi mediante l’uso dell’intelligenza artificiale che siano legati ai contesti. Noi a volte sentiamo forti lamentele da parte dei docenti che hanno un programma nazionale o una standardizzazione delle unità didattiche, con questo tipo di strumenti possiamo maggiormente personalizzare gli interventi e renderli anche molto capillari proprio perché possiamo accedere a una banca di dati molto ampia che ci fa da supporto a questo tipo di attività.