Convegno di studio su “Effetti del Decreto Caivano: ad un anno dalla sua applicazione”: tra gli interventi quello del Dirigente Vicario USR Sicilia

Si è tenuto, presso la Real Cantina Borbonica di Partinico, il convegno sul tema “Effetti del Decreto Caivano: ad un anno dalla sua applicazione”.
L’evento è riuscito a fare il punto, in maniera efficace, sulla ricaduta del Decreto Caivano a un anno dalla sua entrata in vigore, con un focus sulle misure adottate per contrastare la dispersione scolastica e favorire l’inclusione sociale. L’evento è stata un’occasione per analizzare i risultati ottenuti finora e discutere le prospettive future per un’azione più incisiva nella lotta alla criminalità minorile e alla dispersione scolastica.
Dott. Marco Anello, Dirigente Vicario USR Sicilia
L’intervento del Dirigente Vicario dell’USR Sicilia Marco Anello ha offerto una visione complessiva e articolata sul tema della dispersione scolastica, affrontando sia le criticità attuali che le prospettive future, con un focus su strategie e buone pratiche.
Un sistema integrato e il ruolo delle istituzioni
Il dott. Anello ha sottolineato la necessità di verificare l’efficacia della rete tra scuole, amministrazioni comunali (identificate come veri e propri “focacce” del sistema, ovvero nodi centrali) e servizi di supporto sociale. È evidente come l’interazione tra questi attori sia cruciale per affrontare fenomeni complessi come la dispersione scolastica, ma i risultati, avverte Anello, si manifesteranno solo nel medio-lungo periodo. È quindi indispensabile monitorare costantemente gli effetti delle azioni intraprese, senza perdere di vista l’obiettivo finale: un sistema educativo inclusivo ed equo.
Un terreno già arato: esperienze pregresse e continuità
Non si parte da zero. Anello ha ricordato che il contrasto alla dispersione scolastica in Sicilia poggia su una solida base di esperienze passate, come il lavoro degli osservatori promossi dall’Ambito di Palermo grazie a figure illuminate come il provveditore agli studi Barreca e il professore Maurizio Gentile. Questa eredità deve essere valorizzata e integrata nei nuovi interventi, per garantire continuità ed efficacia. Il decreto “Caivano” viene citato come uno strumento normativo recente che rafforza l’impegno contro la dispersione, richiamando la necessità di un lavoro sistemico e strutturato.
Dispersione esplicita e implicita: due facce di una stessa emergenza
L’intervento del Dirigente Vicario Marco Anello è stato, anche, finalizzato a far emergere le differenze esistenti tra dispersione esplicita, ossia l’abbandono formale della scuola, e dispersione implicita, fenomeno più subdolo ma altrettanto grave, che riguarda gli studenti che, pur frequentando, non apprendono nulla. Mentre i dati sulla dispersione esplicita a Palermo stanno progressivamente migliorando, allineandosi alla media europea, resta il grande problema della dispersione implicita. Anello definisce quest’ultima come il fallimento di un sistema che non riesce a garantire il diritto allo studio, trasformando l’impegno scolastico in un “ordine” non rispettato. È qui che occorre un intervento mirato per costruire percorsi di studio efficaci, personalizzati e inclusivi.
Un futuro da costruire insieme
Infine, il dott. Anello ha evidenziato l’importanza del lavoro di squadra, della condivisione di responsabilità e della capacità di trasformare le sfide in opportunità. Solo attraverso un impegno collettivo e continuativo sarà possibile contrastare la dispersione scolastica in tutte le sue forme, garantendo a ogni bambino e ragazzo il diritto a un’educazione di qualità.
Intervento di S.E. Mons. Gualtiero Isacchi, Arcivescovo di Monreale
L’Arcivescovo di Monreale, S.E. Mons. Gualtiero Isacchi, ha offerto una riflessione profonda e articolata sulla necessità di un approccio condiviso alla realtà e sulle connessioni tra giustizia, sicurezza, educazione e comunità.
Uno sguardo comune sulla realtà
Mons. Isacchi ha evidenziato come il primo compito collettivo sia quello di guardare la realtà con uno stesso sguardo. Troppo spesso, nel passato, si sono susseguite interpretazioni differenti, dibattiti e posizioni contrastanti, senza però giungere a una visione unitaria e condivisa del problema.
“Abbiamo davvero la stessa percezione della gravità della situazione?” si è chiesto l’Arcivescovo, sottolineando che, senza una comprensione comune della questione, qualsiasi soluzione rischia di essere parziale o inefficace. Anche la Chiesa ha un suo ruolo in questa analisi e potrebbe avere un punto di vista specifico, ma Mons. Isacchi ha ribadito che l’importante è riconoscere le competenze e le responsabilità di ciascuno, affinché si possa agire in modo coordinato e mirato.
Educazione e comunità come fondamento di giustizia e sicurezza
Uno degli aspetti centrali dell’intervento dell’arcivescovo ha riguardato il rapporto tra giustizia, sicurezza, educazione e comunità. Per S.E. Mons. Isacchi, giustizia e sicurezza non possono esistere senza un forte investimento nell’educazione e nella costruzione di una comunità coesa. “Non si può garantire sicurezza senza educazione, né giustizia senza una comunità che si prenda cura dei propri membri” ha affermato. Questa affermazione ribadisce un concetto fondamentale: le misure repressive o di controllo, da sole, non bastano a risolvere problemi profondi come la marginalità e la devianza. Serve piuttosto una visione preventiva, che passi attraverso l’educazione, il rafforzamento dei legami sociali e l’inclusione.
La comunità come risposta al disagio
Mons. Isacchi ha concluso il suo intervento sottolineando l’importanza di un approccio comunitario alle sfide sociali. Laddove la comunità è forte, presente e capace di trasmettere valori, il rischio di devianza e dispersione scolastica diminuisce.
Per Mons. Isacchi “La sicurezza non è solo questione di leggi e controlli, ma di comunità che si prendono cura dei loro membri e di un’educazione che sappia offrire opportunità e speranza.”
Il messaggio dell’Arcivescovo è, dunque, chiaro: per costruire una società più giusta e sicura, non basta intervenire sulle conseguenze dei problemi, ma è necessario lavorare sulle cause, investendo su educazione, famiglia e senso di comunità.
L’On. Carolina Varchi, deputato e componente della Commissione giustizia
L’On. Carolina Varchi, deputato e membro della Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati, ha offerto una riflessione puntuale sugli effetti del Decreto Caivano, analizzando sia le conseguenze che le criticità del provvedimento.
L’importanza del Decreto Caivano e le sue finalità
Varchi ha sottolineato come il decreto nasca con l’intento di contrastare fenomeni di devianza minorile e dispersione scolastica, intervenendo su contesti particolarmente fragili dal punto di vista sociale. Il decreto ha introdotto misure specifiche, mirate a garantire un maggiore controllo e una più incisiva azione preventiva nei confronti di situazioni a rischio.
“Non possiamo ignorare la realtà: la dispersione scolastica è un problema che incide direttamente sulla sicurezza e sulla legalità nei nostri territori. Se vogliamo una società più sicura, dobbiamo assicurarci che nessun ragazzo resti indietro.”
Le criticità e le sfide ancora aperte
Nel suo intervento, l’On. Varchi ha evidenziato anche alcune criticità nella fase di applicazione del decreto. Sebbene il provvedimento abbia introdotto strumenti importanti, la sua efficacia dipende dalla capacità delle istituzioni e della comunità di renderlo realmente operativo.
“Le leggi, da sole, non bastano. È necessario che ci sia un impegno concreto da parte delle scuole, delle famiglie e delle istituzioni locali per garantire che le misure adottate possano realmente incidere sulla vita dei ragazzi.”
Un punto fondamentale riguarda i minori a rischio che sfuggono ai percorsi formativi e ai programmi di recupero. Molti di loro rimangono invisibili alle istituzioni, non frequentano la scuola e finiscono per essere facilmente attratti dalla criminalità.
Il ruolo delle istituzioni e della Commissione Giustizia
Come componente della Commissione Giustizia, Varchi ha sottolineato il lavoro che si sta facendo per migliorare l’efficacia delle misure di contrasto alla devianza giovanile.
“Abbiamo il dovere di creare opportunità per chi oggi è ai margini. Il sistema della giustizia minorile deve essere non solo repressivo, ma soprattutto educativo e inclusivo.”
L’Onorevole ha ribadito l’importanza di rafforzare la rete tra scuola, famiglie, enti locali e magistratura minorile, per evitare che il Decreto Caivano rimanga solo sulla carta, e affinché si possa costruire un modello di prevenzione che vada oltre la semplice repressione.
L’intervento di Carolina Varchi si è chiuso con un messaggio chiaro: serve un cambio di mentalità, affinché l’educazione e la legalità camminino di pari passo. Le istituzioni hanno il compito di garantire un futuro migliore ai giovani, non solo attraverso norme e sanzioni, ma anche con politiche di inclusione e di sostegno concreto alle famiglie e ai territori più fragili.
Intervento del Prof. Toti Amato, Presidente dell’Ordine dei medici
Il Prof. Toti Amato, Presidente dell’Ordine dei Medici, ha tenuto un intervento articolato e di grande rilevanza, affrontando il tema della prevenzione, dell’integrazione tra sanità e servizi sociali e della necessità di un approccio sistemico per affrontare il disagio giovanile e la devianza.
L’intervento si è sviluppato su tre macroaree principali:
- Il ruolo della sanità nella prevenzione e nel contrasto della devianza
- Le criticità del sistema attuale
- Le prospettive per un intervento efficace e multidisciplinare
Il ruolo della sanità nella prevenzione e nel contrasto della devianza
Il Prof. Amato ha evidenziato come il sistema sanitario non possa limitarsi alla sola cura delle patologie, ma debba assumere un ruolo attivo nella prevenzione del disagio sociale e nella tutela dei giovani. “Non possiamo pensare che la sanità si occupi solo di chi è già malato. La nostra missione è anche prevenire, intercettare il disagio e intervenire prima che diventi una patologia cronica o, peggio, una condizione di marginalità sociale.”
La prevenzione come pilastro dell’azione sanitaria
Uno degli aspetti fondamentali riguarda l’importanza di investire su strategie di prevenzione primaria e secondaria, per individuare precocemente i segnali di disagio e intervenire prima che la situazione degeneri.
A tal fine, il Prof. Amato ha proposto:
- Campagne di sensibilizzazione sulla salute mentale, sulla gestione dello stress e sulla prevenzione delle dipendenze.
- Screening psicologici e sanitari nelle scuole e nei contesti sociali a rischio.
- Formazione di personale sanitario, educatori e insegnanti per il riconoscimento precoce di disturbi psichici e comportamentali.
- “Non possiamo permetterci di intervenire solo quando il problema è già esploso. La vera forza della sanità pubblica è la prevenzione, e dobbiamo renderla una priorità.”
Le criticità del sistema attuale
Nonostante le buone intenzioni delle misure adottate dal Decreto Caivano, il Prof. Amato ha sottolineato che permangono alcune criticità strutturali che devono essere affrontate per rendere realmente efficace l’azione di contrasto alla devianza giovanile.
Carenza di risorse e personale
Un primo elemento critico riguarda la carenza di risorse, sia in termini di personale che di fondi destinati ai servizi sanitari e sociali. “Non possiamo pensare di affrontare il disagio sociale e psicologico senza un adeguato investimento in strutture, specialisti e servizi di supporto.”
Il Prof. Amato, presidente dell’Ordine dei Medici di Sicilia ha ribadito la necessità di potenziare gli organici degli operatori sanitari e psicosociali, aumentando la presenza di:
- Psicologi e psichiatri nelle scuole e nei territori a rischio.
- Educatori e assistenti sociali per il sostegno alle famiglie.
- Unità mobili e presidi sanitari territoriali per intercettare precocemente le situazioni più gravi.
Monitoraggio dei risultati: una strategia basata sui dati
Un’altra criticità riguarda la mancanza di strumenti adeguati per monitorare l’efficacia degli interventi adottati. “Non possiamo limitarci a varare leggi e decreti se poi non siamo in grado di misurare i risultati concreti. Serve un sistema di monitoraggio che ci permetta di valutare quali strategie funzionano e quali necessitano di correzioni.”
Per questo, ha proposto:
- Creazione di indicatori per valutare l’impatto delle misure adottate.
- Maggior coinvolgimento di università e centri di ricerca per studiare l’evoluzione del fenomeno della devianza giovanile.
- Strumenti di raccolta dati per migliorare l’efficacia delle politiche di prevenzione.
Le prospettive per un intervento efficace e multidisciplinare
Il Dott. Amato ha ribadito che la sanità non può agire da sola, ma deve essere parte di un sistema integrato che coinvolga scuola, servizi sociali, giustizia e comunità locali. “Il benessere di un individuo non dipende solo dalla sua salute fisica, ma da un equilibrio complesso tra istruzione, ambiente sociale e supporto psicologico. Dobbiamo lavorare insieme per costruire un sistema che metta davvero al centro la persona.”
Un approccio sistemico: sanità, educazione e servizi sociali
Per garantire un vero cambiamento, è necessario promuovere un approccio integrato, che preveda:
- Maggior collaborazione tra scuole e servizi sanitari, con la creazione di percorsi di assistenza e sostegno.
- Interventi personalizzati per ogni giovane in difficoltà, con percorsi di recupero che tengano conto delle esigenze individuali.
- Integrazione tra sanità e giustizia, affinché il sistema giudiziario non sia solo repressivo, ma anche rieducativo.
“Un giovane che ha difficoltà non deve essere trattato solo come un soggetto problematico, ma come una persona che ha bisogno di un percorso di recupero e crescita.”
Il ruolo delle famiglie e della comunità
Un altro punto chiave riguarda il coinvolgimento attivo delle famiglie, che devono essere supportate nel loro ruolo educativo.
“Le famiglie spesso si sentono sole e senza strumenti per affrontare le difficoltà dei figli. Dobbiamo fornire loro supporto, formazione e assistenza per aiutarle a svolgere il loro ruolo nel modo migliore possibile.”
A tal fine, il Prof. Amato ha suggerito:
- Programmi di sostegno psicologico per i genitori.
- Educazione familiare per migliorare le dinamiche relazionali.
- Creazione di reti di supporto territoriale per non lasciare sole le famiglie più fragili.
Un nuovo modello di prevenzione e assistenza sanitaria
Il Prof. Toti Amato ha chiuso il suo intervento sottolineando che il sistema sanitario deve assumere un ruolo centrale nella prevenzione della devianza e nella tutela del benessere giovanile.
“Non possiamo pensare alla sanità solo come cura della malattia. La vera sfida è creare un modello in cui la prevenzione sia il fulcro dell’azione pubblica.”
Per questo, ha ribadito la necessità di:
- Investire in risorse umane e strutturali per garantire un’assistenza efficace.
- Monitorare i risultati per migliorare continuamente le strategie adottate.
- Promuovere un approccio integrato tra sanità, scuola, giustizia e servizi sociali.
“Il futuro dei nostri giovani dipende dalle scelte che facciamo oggi. Dobbiamo lavorare insieme per costruire una società più equa, inclusiva e capace di prendersi cura di chi è più fragile.”
L’intervento del Prof. Benedetto Lo Piccolo, Dirigente Scolastico
Nel suo intervento conclusivo, il Prof. Benedetto Lo Piccolo, dirigente scolastico, ha posto l’accento su due aspetti fondamentali: la necessità di un approccio collettivo e integrato per affrontare la dispersione scolastica e il disagio giovanile e la trasformazione del metodo educativo per rispondere in modo più efficace alle sfide attuali.
Lavorare insieme: La forza della correlazione tra istituzioni e comunità
Uno degli elementi chiave dell’intervento è stata l’importanza del lavoro di squadra e della condivisione di esperienze tra scuola, famiglie, istituzioni e territorio. “Lavorare insieme significa non solo condividere responsabilità, ma anche idee, strategie e valori che ci permettono di affrontare le difficoltà con maggiore efficacia.”
Le priorità per un’azione collettiva efficace:
- Creare una rete di supporto tra scuole, enti locali e famiglie, affinché nessuno si senta solo di fronte alle difficoltà.
- Migliorare il coordinamento tra le istituzioni, per evitare dispersioni di risorse e rendere più tempestivo l’intervento.
- Valorizzare le esperienze e i modelli educativi di successo, per trasformarli in buone pratiche replicabili.
“Abbiamo già una base solida su cui costruire. Ora dobbiamo consolidare quanto fatto e continuare a migliorare.”
Un nuovo metodo educativo: dal deduttivo all’induttivo
Il Prof. Lo Piccolo ha sottolineato come sia necessario un cambiamento nell’approccio educativo, passando da un modello deduttivo a uno più induttivo, in cui si parte dall’esperienza concreta per risalire ai principi e ai valori educativi. “Dobbiamo smettere di applicare schemi rigidi e teorici e iniziare a costruire la formazione dei giovani partendo dalle loro esperienze e bisogni reali.”
Caratteristiche di questo nuovo metodo:
- Analizzare i problemi partendo dalla realtà concreta, invece di imporre soluzioni astratte.
- Adattare la didattica ai contesti specifici, per renderla più efficace e inclusiva.
- Dare centralità alle competenze di vita, affinché la scuola prepari i ragazzi non solo dal punto di vista accademico, ma anche umano e sociale.
Il risultato? Un modello educativo più dinamico, inclusivo e orientato alle esigenze degli studenti.
Il ruolo delle famiglie: da osservatori a protagonisti
Un altro punto fondamentale dell’intervento ha riguardato la necessità di coinvolgere le famiglie nel percorso educativo, affinché non siano spettatrici passive, ma parte attiva della crescita dei figli. “Non possiamo pensare di educare senza il coinvolgimento delle famiglie. Il problema è che molte di esse non sono ricettive e dobbiamo lavorare affinché lo diventino.”
Strategie per un maggiore coinvolgimento familiare:
- Creare spazi di confronto tra genitori e scuola, per favorire il dialogo e la collaborazione.
- Offrire supporto e formazione ai genitori, affinché abbiano strumenti concreti per gestire situazioni difficili.
- Promuovere un’educazione condivisa, in cui la scuola e la famiglia lavorino fianco a fianco per il bene dei ragazzi.
Obiettivo finale: Trasformare la scuola in un punto di riferimento anche per le famiglie, non solo per gli studenti.
Verso un sistema educativo più articolato e integrato
Un altro elemento centrale dell’intervento del prof. Di Benedetto è stata la riflessione sul ruolo della scuola all’interno della società, che deve essere sempre più integrato con altri settori, come il lavoro, la cultura e il turismo. “La scuola non è un’isola, ma un nodo di un sistema più grande. Se vogliamo davvero fare la differenza, dobbiamo ampliare la nostra visione e costruire collegamenti con il mondo esterno.”
Le azioni chiave per migliorare il sistema educativo:
- Rafforzare i legami tra scuola e mondo del lavoro, per offrire ai giovani opportunità concrete.
- Integrare l’educazione con altri ambiti, come la cultura e il turismo, per dare ai ragazzi esperienze formative più ricche.
- Promuovere un’educazione interdisciplinare, che superi la rigida divisione tra le materie e favorisca un apprendimento più completo.
“Dobbiamo pensare alla scuola non solo come un luogo di studio, ma come un laboratorio di crescita personale, sociale e professionale.
Costruire il futuro insieme
Il Prof. Benedetto Lo Piccolo ha concluso il suo intervento con un appello alla collaborazione e alla responsabilità condivisa. “Abbiamo ricevuto un patrimonio prezioso di esperienze e competenze, che oggi dobbiamo trasformare in azioni concrete per il futuro. Solo lavorando insieme possiamo garantire un’educazione più inclusiva ed efficace.”
I tre messaggi chiave per il futuro, secondo il Dirigente Scolastico Prof. Benedetto Lo Piccolo:
- Consolidare le reti tra scuola, servizi sociali e territorio, per offrire supporto costante agli studenti.
- Investire in metodologie educative innovative, per rendere l’apprendimento più coinvolgente e utile.
- Fare della scuola un pilastro della comunità, capace di dialogare con il mondo del lavoro, della cultura e della società.
“Il vero cambiamento non arriva con le sole parole, ma con le azioni. Dobbiamo essere i primi a dare l’esempio e a costruire, giorno dopo giorno, un sistema educativo che risponda davvero ai bisogni dei nostri ragazzi.”
Le buone prassi nel dopo Caivano: strategie, esperienze e modelli di intervento
La seconda parte del convegno, intitolata “Le buone prassi nel dopo Caivano”, è stata un momento di grande rilevanza pedagogica e operativa, grazie ai contributi di relatori altamente qualificati e, soprattutto, all’eccellente coordinamento del Prof. Carmelo Belfiore, dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo “Casa del Fanciullo” di Partinico. La sua relazione introduttiva ha fornito una cornice teorica e metodologica solida, valorizzando le esperienze raccontate dai relatori e mostrando come le buone prassi possano diventare strumenti concreti per la prevenzione della dispersione scolastica.
Il coordinamento e la relazione del DS Prof. Carmelo Belfiore
Il Prof. Belfiore ha svolto un lavoro di sintesi e approfondimento eccezionale, introducendo il tema delle buone prassi non solo come testimonianze locali, ma come modelli replicabili su scala più ampia.
Punti chiave della sua relazione:
- La dispersione scolastica come problema strutturale, che richiede un approccio multidisciplinare e interistituzionale.
- Il ruolo degli istituti scolastici come presidi territoriali, fondamentali per prevenire il disagio giovanile.
- L’importanza di consolidare le reti educative, in cui scuola, famiglia e comunità collaborano per il benessere degli studenti.
L’intervento del DS Prof. Belfiore ha avuto il merito di dare coerenza agli interventi successivi, ponendo domande mirate e collegando i vari contributi, per far emergere un quadro chiaro delle strategie efficaci nella prevenzione della dispersione scolastica.
La prevenzione della dispersione scolastica oggi: Dott.ssa Concetta Garofalo
La Dott.ssa Concetta Garofalo, coordinatrice degli Osservatori sulla Dispersione Scolastica dell’Ambito di Palermo, ha presentato una panoramica sulle strategie di prevenzione attualmente in atto, sottolineando l’importanza della raccolta e analisi dei dati per intervenire tempestivamente.
Aspetti chiave dell’intervento:
- Strumenti di rilevazione precoce per identificare gli studenti a rischio dispersione.
- Ruolo degli osservatori scolastici nell’elaborazione di interventi mirati.
- Importanza del coinvolgimento delle famiglie, affinché la prevenzione sia efficace.
L’intervento della Dott.ssa Garofalo ha evidenziato come il monitoraggio costante e la capacità di intercettare i segnali di disagio siano cruciali per prevenire l’abbandono scolastico, sottolineando la necessità di una stretta collaborazione tra istituzioni e comunità scolastica.
Interventi organizzativi per la prevenzione scolastica: DS Prof. Angelo Nasca
Il Dott. Angelo Nasca, dirigente scolastico dell’Istituto Tecnico-Commerciale “Carlo Alberto Dalla Chiesa”, ha affrontato il tema dell’organizzazione scolastica come strumento di prevenzione, illustrando strategie per rendere la scuola un ambiente più accogliente, innovativo e stimolante per gli studenti a rischio.
Aspetti chiave dell’intervento:
- Didattica flessibile, per venire incontro alle esigenze degli studenti con difficoltà.
- Programmi di tutoraggio personalizzato, per offrire un supporto costante.
- Alternanza scuola-lavoro e progetti di orientamento, per ridurre il tasso di dispersione tra i ragazzi più grandi.
L’intervento del Dott. Nasca ha dimostrato che l’organizzazione scolastica è uno dei fattori chiave nella lotta alla dispersione . Ha evidenziato come una gestione dinamica e personalizzata del percorso educativo possa fare la differenza , offrendo opportunità concrete di crescita agli studenti più fragili.
Conclusioni: Un modello di intervento strutturato e replicabile
La seconda parte del convegno ha rappresentato un momento di condivisione e crescita collettiva , in cui le esperienze raccontate hanno dimostrato la possibilità concreta di intervenire efficacemente contro la dispersione scolastica .
Tre azioni chiave per il futuro:
- Strutturare un sistema di prevenzione basato su dati e monitoraggio costante.
- Rendere le scuole più flessibili e capaci di adattarsi alle esigenze degli studenti.
- Creare reti di collaborazione stabili tra scuola, famiglie e territorio.
“Questo convegno ha dimostrato che le buone prassi non sono solo racconti di successo isolati, ma modelli operativi che possono e devono essere diffusi per garantire a ogni studente il diritto a un’educazione di qualità.”
Il lavoro di rete tra scuola, servizi sociali e istituzioni deve proseguire con determinazione, affinché le strategie emerse possano essere consolidate e applicate su scala più ampia.