Contratto scuola, l’appello dei collaboratori dei Ds: “Riconoscere il lavoro di chi si impegna in attività aggiuntive e di supporto organizzativo”

L’atto di indirizzo del Ministero dell’istruzione in merito al nuovo contratto scuola sembra essere diventato un giallo: già presentato nelle linee generali alle organizzazioni sindacali, da settimane non si hanno più notizie. Anche Ancodis, l’associazione collaboratori dirigenti scolastici, attende con ansia di capire il contenuto definitivo del documento che dovrebbe contenere le norme per i lavoratori della scuola.
Nei giorni scorsi anche l’Anquap aveva sollecitato in tal senso. Adesso, i collaboratori dei dirigenti tornano alla carica: “il silenzio del Ministero preoccupa e induce a pensare male e cioè alla volontà di non voler aprire il tavolo contrattuale prima delle elezioni per il rinnovo delle RSU“, dice l’Ancodis che sottolinea: “l’atto di indirizzo non venga condizionato dalle percentuali dell’esito elettorale ma da una visione che metta al centro il lavoro di tutte le componenti professionali oggi presenti e operanti nelle scuole autonome italiane“.
Entrando nel merito della questione, mentre nelle Linee programmatiche presentate al Parlamento nello scorso mese di maggio il Ministro Bianchi parla di ipotesi di sviluppo di carriere, ipotesi reiterate nel “Piano nazionale di ripresa e resilienza”, fa notare Ancodis, in altri successivi documenti come il Patto per la scuola sottoscritto con i sindacati il 20 giugno e l’Atto di indirizzo politico-istituzionale per l’anno 2022 non lascia traccia di tale (fra)intendimento.
Secondo il Presidente Rosolino Cicero, i capisaldi della questione collaboratori dei Ds “sono l’articolo 36 della Costituzione italiana, l’art. 24 del CCNL 2006-2009 e il formale riconoscimento dei docenti che ai sensi del D. Lgs 165/2001 e della L. 107/2015 si adoperano e si impegnano con alta professionalità e grande spirito di servizio in favore delle loro comunità scolastiche. Non è più possibile misconoscere qualità e quantità del lavoro quotidianamente espletato e necessario a ciascun autonomo progetto educativo. Dobbiamo uscire dal perimetro della gabbia stipendiale dell’anzianità per transitare alla piena valorizzazione professionale che non può non tenere conto dell’esperienza professionale negli ambienti di apprendimento e dell’insostituibile lavoro per il funzionamento organizzativo e didattico.”
La battaglia che porta avanti Ancodis è proprio quella di riconoscere il lavoro di chi collabora a stretto contatto con il preside all’intento del nuovo contratto: “Ripartiamo dal lavoro di chi vuole impegnarsi in attività aggiuntive, determinando formazione specifica obbligatoria, regole chiare per l’accesso, indicazioni trasparenti per la permanenza e il tempo dedicato, strumenti trasparenti per documentare il percorso professionale di ciascuno, servizio riconosciuto per una carriera dinamica e integrata“, prosegue Cicero.
“Per valorizzare la professione docente, conclude Cicero, non si abbia il timore di riconoscere la qualità e la quantità del lavoro di chi privilegia l’approfondimento della propria disciplina, le metodologie innovative, la relazione con gli studenti e di chi – oltre al lavoro nell’ambiente di apprendimento – aggiunge le attività di tipo organizzativo a supporto dell’autonomia ma a vantaggio della comunità professionale.”
Dunque una visione che dovrebbe essere ricompreso già nel prossimo contratto, al momento latitante da 38 mesi, come ricordava ieri Caterina Altamore, responsabile scuola PD Sicilia.
L’atto di indirizzo
Un contratto che, come sappiamo, non garantirà aumenti importanti e soprattuto sufficienti al personale scolastico.
Punti di riferimento del documento che Bianchi ha presentato ai sindacati, spiega il Ministero dell’Istruzione, che sta alla base del rinnovo contrattuale, come previsto dal decreto legislativo 165 del 2001 (Testo Unico sul pubblico impiego), sono il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il Patto per la scuola, l’atto di indirizzo quadro per i rinnovi contrattuali delle pubbliche amministrazioni per il triennio 2019-2021.
Il vero problema, tuttavia, è rappresentato dalla risorse a disposizione, che restano insufficienti per le organizzazioni sindacali.
Ancora all’atto di indirizzo previsto dal Ministero mancano le cifre che però non sono un vero mistero: ci sarebbero attualmente 87 euro lordi compresi di elemento perequativo da 11,5 euro medi. Con l’aggiunta dei fondi della Legge di Bilancio si salirebbe a 100-105 euro lordi mensili.
Inoltre, con i 200 milioni di euro una tantum per il 2022, l’asticella degli aumenti medi lordi mensili sarebbe di 120-125, poi dal 2023 si arriverebbe a 100-105.