Contratti insegnanti e ATA precari, Italia deferita dall’Europa per abuso e mancati scatti di anzianità. E ora cosa succede?

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Precariato in Italia: troppi i contratti a termine e mancata progressione di carriera. Questi i due elementi che hanno portato la Commissione europea a deferire l’Italia alla Corte di Giustizia europea. Ci aspettano mesi importanti, il Ministro ha già comunicato di aver chiesto maggiore flessibilità sul reclutamento. A breve un nuovo concorso ma il numero dei precari è ancora elevato, come si risolverà? Ne parliamo con il Presidente Anief Marcello Pacifico.

Il deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia Europea, non è una novità in senso stretto, poiché Anief come sindacato si batte su questo tema da più di dieci anni. Potrebbe spiegare cosa è accaduto nello specifico e qual è il punto di vista di Anief?

Tutti i paesi europei cercano di evitare di arrivare a questo punto. Essere deferiti dalla Commissione Europea significa che, se la Corte di Giustizia si pronunciasse in modo favorevole, l’Italia dovrebbe pagare sanzioni milionarie giornaliere. Non possiamo più permettercelo. Questo deferimento è quindi molto significativo: se la Corte si pronunciasse positivamente, scatterebbero queste sanzioni, e l’Italia non può pagare cifre simili ogni giorno. È una deadline cruciale. Mi piace ricordare che la direttiva europea in questione risale a venticinque anni fa, e la domanda che ci dovremmo porre è: come è possibile che l’Europa abbia tollerato per tutto questo tempo che l’Italia violasse il diritto comunitario?

Quando è iniziata la procedura di infrazione?

La prima procedura di infrazione è stata avviata nel 2010, ma è stata archiviata nel 2014. Poi ne è stata avviata una seconda, che è quella che ha portato al deferimento, e questa procedura è rimasta attiva per dieci anni fino ad oggi. Anief ha presentato ricorsi fin dal 2010 per migliaia di persone. C’è stata una legge, voluta dall’ex ministro Gelmini nel 2011, che escludeva il personale scolastico dall’applicazione del diritto dell’Unione. Questa legge è stata dichiarata illegittima nel 2014 dalla Corte di Giustizia Europea e nel 2016 dalla Corte Costituzionale Italiana. Da allora, chiunque si rivolga a un giudice può rivendicare il diritto alla parità di trattamento, agli scatti d’anzianità e a un risarcimento fino a dodici mensilità per l’abuso di contratti a termine.

Cosa ha fatto Anief in tutto questo tempo?

Anief, nel 2017, ha presentato una denuncia al Comitato Europeo dei Diritti Sociali. Questa denuncia è stata accolta nel 2020. Nel frattempo, la Commissione Europea ha inviato lettere di sollecito allo Stato Italiano nel 2021. Anche il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa si è pronunciato a nostro favore, e oggi siamo arrivati al deferimento. L’unica istituzione che non si era ancora pronunciata era proprio la Commissione Europea. Dopo diverse lettere di sollecito, l’Europa ha detto basta, visto che l’Italia non è riuscita ad adeguare la normativa sul precariato scolastico.

Quindi le sanzioni riguardano solo la questione dei contratti a termine?

No, la Commissione contesta anche la discriminazione retributiva per i docenti precari, non solo la questione dei contratti a termine. Questo include anche la progressione stipendiale, cioè gli scatti d’anzianità.

Quali sono i principi fondamentali della direttiva?

La direttiva 70/99 prevede due principi: dopo 36 mesi di servizio, il lavoratore dovrebbe essere stabilizzato, e ogni stato membro deve adottare misure per prevenire l’abuso dei contratti a termine. In Italia, la Cassazione aveva sostenuto che la misura di prevenzione fosse il sistema del doppio canale, ovvero la possibilità di entrare in ruolo attraverso graduatorie permanenti o concorsi. Tuttavia, oggi questa misura non è più sufficiente.

Come si è difeso lo Stato italiano?

Lo Stato italiano non ha mai messo tutti i posti vacanti in organico di diritto, e quindi non li ha resi disponibili per le assunzioni in ruolo. Questo ha portato all’abuso dei contratti a termine, violando il principio di non discriminazione. Se un precario svolge lo stesso lavoro di un docente di ruolo, deve essere trattato allo stesso modo, sia economicamente che giuridicamente. Purtroppo, la normativa italiana continua a non rispettare questo principio.

Qual è il ruolo di Anief in tutto questo?

Anief ha ottenuto risarcimenti per più di 8.000 precari, con un totale di oltre 20 milioni di euro. Tuttavia, il legislatore non ha ancora cambiato le norme. Recentemente, è stato introdotto un risarcimento fino a 24 mensilità, ma questo non risolve il problema di fondo. Lo Stato dovrebbe prevenire l’abuso e riconoscere la parità di trattamento senza bisogno di ricorsi giudiziari.

La situazione riguarda solo i docenti?

No, la procedura di deferimento riguarda tutto il personale scolastico, incluso il personale ATA. Ad esempio, quest’anno ci sono stati 40.000 posti vacanti per gli ATA, ma sono state autorizzate solo 10.000 assunzioni. Questo è uno dei punti critici che dovrà essere spiegato all’Europa.

Il governo sta facendo qualcosa per anticipare la sentenza della Corte di Giustizia?

Il governo ha introdotto alcune misure con il decreto “salvo infrazioni”, come il riconoscimento pieno della carriera per i supplenti al 31 agosto. Tuttavia, queste misure non sono sufficienti, perché l’Europa non vuole solo sanzioni, ma anche misure di prevenzione. Se il decreto non verrà modificato, l’Italia non risolverà il problema.

Cosa succederà se lo Stato non rispetta le direttive europee?

Se l’Italia non approva le misure necessarie, oltre ai risarcimenti che stiamo già ottenendo, ci saranno anche le sanzioni giornaliere imposte dall’Europa. Non possiamo permetterci di continuare a pagare queste multe ogni giorno. Per questo, Anief ha deciso di lanciare una class action contro lo Stato italiano per il mancato recepimento della direttiva europea.

Due considerazioni prima di chiudere. La prima, che credo abbia già affrontato nel suo intervento, riguarda ciò che accadrà ora. Il pubblico si chiede, al di là del burocratese europeo e italiano, quali saranno i prossimi passaggi. Ci può spiegare meglio cosa succede adesso?

Il primo passaggio è certamente aderire alla nostra class action, perché è fondamentale: interrompe i termini di prescrizione. Questa class action va fatta indipendentemente da tutto quello che è successo. Fortunatamente, con l’attenzione dei media, ora tutti possono conoscere i propri diritti e agire direttamente in tribunale. Abbiamo già le pronunce della Corte di Giustizia Europea su diversi temi: ferie, ricostruzione di carriera, salario accessorio, scatti di anzianità, risarcimenti e carta docente. Si può agire subito. Detto questo, bisogna continuare ad avere fiducia e dare forza all’azione sindacale, che ci porterà a un giudizio favorevole della Corte di Giustizia Europea, se condividerà la procedura di deferimento della Commissione. Nel frattempo, dobbiamo sollecitare e incontrare il Parlamento, la politica e gli esponenti del governo per trovare delle soluzioni. Servono risorse per cambiare il contratto e leggi per modificare le norme. Il Parlamento fa le leggi, il contratto lo negoziano i sindacati con l’Aran, ma serve un atto di indirizzo che dica chiaramente che il governo è disposto a riconoscere la parità di trattamento e a mettere a disposizione le risorse necessarie. Se questo avverrà, non credo che il sindacato si tirerà indietro.

Presidente, prima di chiudere, ci aspetta una settimana di fuoco. L’8 ottobre ci sarà un’informativa sui concorsi PNRR, poi avrete un incontro con il ministro Valditara sull’inizio dell’anno scolastico, un momento cruciale. Infine, il 9 ottobre si aprirà la questione del nuovo contratto della mobilità. Quali sono le tre richieste più importanti di Anief per l’incontro con Valditara?

Allora, primo: i docenti non sono “polli in batteria”. Abbiamo migliaia di idonei dell’ultimo concorso PNRR che aspettano una risposta. C’è stato un ordine del giorno su richiesta dell’Anief, approvato in Senato durante l’esame del decreto omnibus, e ora vogliamo risposte. Secondo: il doppio canale di reclutamento. L’avevamo già detto al tavolo, anche davanti al ministro, che fare tre concorsi uno dopo l’altro non risolve il problema del precariato. Lo ribadiremo nell’incontro politico col ministro, anche perché c’è un deferimento alla Corte di Giustizia Europea. È un tema di cui bisogna assolutamente parlare.

C’è anche la questione della carta del docente, ma prima ancora c’è il tema della mobilità. Ci sono novità a riguardo?

Sì, attenzione: il sindacato non è contrario alla continuità didattica, ma questa si realizza stabilizzando i precari. Quando usi uno su quattro come precario, sei tu a creare il problema della continuità. Invece di confermare i docenti di sostegno con contratti precari, dovresti stabilizzarli nei posti vacanti, formarli, assumerli in ruolo e pagarli come gli altri. Riguardo alla carta docente, è un’altra questione. Noi non siamo favorevoli ai vincoli sulla mobilità. Anief si opporrà fermamente a qualsiasi discussione di vincoli all’interno del contratto. Dobbiamo aprire la mobilità al 100% dei posti disponibili, perché il diritto alla famiglia è importante quanto il diritto al lavoro. E per chi rifiuta l’assunzione lontano da casa, proponiamo una indennità di sede disagiata, come avviene nel contratto dei metalmeccanici.

E per quanto riguarda la carta del docente?

La questione della carta del docente è delicata. Il problema è che il legislatore ha ridotto i fondi per finanziare la formazione dei tutor universitari e il percorso dei 30 crediti formativi. Al momento, il sistema non rende spendibili i fondi della carta docente. Non è stata quantificata la somma per i supplenti annuali, quindi non sappiamo se questi fondi sono effettivamente disponibili. Noi aspettiamo di vedere se il sistema li renderà spendibili. Se così non fosse, cominceremo a contestare il governo. La formazione non può essere incentivata senza risorse.

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