Continuità didattica priva di leggi che la tutelino. Lettera

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Un professore assente dal primo giorno di scuola si presenta in servizio il 23 dicembre, per poi assentarsi nuovamente dal 9 gennaio.

Si parla molto di questo episodio, anche sulle più importanti testate giornalistiche nazionali. Lo stesso preside in una lettera aperta chiede al professore “cosa è venuto a fare”, a causa del solo giorno che lui ha trascorso in classe, la supplente ha perso il posto.
Il titolare di cattedra certo non ha tutelato la giovane precaria, ma perché nessuno alza la voce per dire che nemmeno le leggi tutelano la continuità didattica?

La maggior parte di noi docenti, nel nostro periodo di precariato, ha perso svariate volte quella che ormai sentiva come la propria classe, dopo mesi di docenza, ed in genere non per il comportamento superficiale e opportunista del collega titolare, bensì per i ritardi degli uffici scolastici, per le graduatorie definitive che escono ad anno scolastico già iniziato. La legge impone che quando viene pubblicata la nuova graduatoria tutto si azzeri, le segreterie devono scorrerle e chiamare nuovamente tutti i docenti. Non importa che sia ottobre, o persino fine novembre.

La continuità didattica non è tutelata nemmeno in caso di malattia del docente precario, perché spesso la supplenza comprende innumerevoli contratti, uno per ogni certificato medico inviato nel corso dell’anno dal docente di ruolo. Se il supplente è costretto ad assentarsi, la segreteria può limitarsi a fare il contratto successivo ad un altro insegnante. Molti precari per non perdere le proprie classi vanno a lavorare malati e febbricitanti.

Quindi basta indignarsi solo quando possiamo dare la colpa ad una singola persona, è il sistema che non va, sono gli incomprensibili ritardi e le inflessibili, miopi regole che regolano il reclutamento dei supplenti a negare la continuità didattica agli studenti di ogni ordine e grado.

Giulia Colocci

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