Contagi a scuola, Bella (M5S): “Fascia 14-18 anni più a rischio, ma sono già in DaD. Rischio zero non esiste in nessun luogo” [INTERVISTA]
“Non dobbiamo pensare a tranquillizzare i cittadini, ma a dire loro la verità. Il rischio zero non esiste in nessun luogo, esistono però dei posti più sicuri di altri, come appunto la scuola”. Il deputato del Movimento Cinque Stelle, Marco Bella, (chimico e accademico) in un’intervista a Orizzonte Scuola, è chiaro sul fronte dei contagi e la sua incidenza nel mondo della scuola. Il rischio zero non esiste, occorre dire ai cittadini la verità su quanto accade.
Oltre 102mila contagiati nella fascia 0-19 secondo il report dell’ISS, è vero che potrebbero non essere tutti riconducibili alla scuola, ma l’aumento di oltre 1000 punti percentuali è notevole, non crede?
Partiamo dicendo che un aumento percentuale senza considerare il contesto non fornisce informazioni affidabili o rilevanti, e che scorporando quei dati si ottiene che i casi sono circa 29mila nella fascia di età 0-9 anni e 73mila in quella 10-19 anni. L’Istituto superiore della sanità ha fatto sapere che gli studenti dai 14 ai 18 anni sono i più a rischio nella fascia 0-19, ma sono proprio quelli che non vanno a scuola perché in didattica a distanza. Aggiungiamo poi che il numero di positivi dipende dal numero di tamponi, più se ne fanno e più se ne trovano. Senza informazioni dettagliate sul numero dei test quel dato dice poco o nulla. Eccetto che probabilmente anche a causa dell’andamento stagionale dell’epidemia abbiamo un aumento di casi.
In Germania, secondo l’Istituto Koch (organizzazione responsabile per il controllo e la prevenzione delle malattie infettive in Germania, facente parte del Ministero federale della salute tedesco), in metà dei 15 distretti urbani e rurali i focolai nelle scuole sono da mettere in correlazione con i più alti tassi di infezione. Numeri preoccupanti. Verrebbe da dire che mentre in Italia le misure di contenimento a scuola stanno funzionando e in Germania sono saltate. Se facesse parte del Governo tedesco, chiuderebbe le scuole?
Al momento in Germania non è messa in discussione la chiusura delle scuole, ma piuttosto si valuta come implementare le misure di protezione (mascherine, trasporti etc). Sicuramente prima di prendere una decisione così delicata, bisogna valutare tanti parametri: il ciclo scolastico, la situazione epidemiologica del momento, le misure di contenimento adottate. E valutare anche nel medio e lungo termine l’effetto delle scelte: chiudere le scuole causa danni educativi, sociali e psicologici notevoli. Un recentissimo articolo della rivista medica JAMA stima che, seppur limitata, la chiusura delle scuole negli Stati Uniti abbia causato la perdita di oltre cinque milioni di anni di vita agli studenti, ipotizzando una sorta di effetto domino, che passa dal ridotto livello di istruzione. Di contro, gli effetti delle chiusure delle scuole sul controllo dell’epidemia sono molto dubbi. Infatti, non è che chiudendo le scuole i bambini e adolescenti magicamente spariscano: se i genitori che devono andare al lavoro li affidano ai nonni, o se gli adolescenti iniziano a ritrovarsi in case private, il risultato netto è che questa misura può addirittura peggiorare l’epidemia. La Campania ha riaperto le scuole dieci giorni in ritardo rispetto alle altre regioni per poi richiuderle dopo pochi giorni. Al momento, la sua situazione epidemiologica non è migliore di altre regioni che le scuole le hanno tenute sempre aperte, anzi. Non è un dogma tenere le scuole aperte, ma la loro chiusura va valutata attentamente considerando sia l’aspetto sociale che quello di controllo dell’epidemia. Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, Irlanda e altri paesi europei le hanno lasciate aperte non a caso.
Gli unici dati pubblici in Italia riguardanti la scuola sono stati forniti dal Ministro in alcune dichiarazioni. Si tratta delle percentuali dei focolai riconducibili alle scuole, non abbiamo ancora a disposizione dati relativi, ad esempio, a quante persone sono coinvolte. Il focolaio è una unità, ma quante persone formano il focolaio non è un dato pubblico. Secondo lei bastano i dati forniti fino ad oggi a tranquillizzare famiglie e operatori della scuola? La scuola si può dire ancora un luogo sicuro?
Non dobbiamo pensare a tranquillizzare i cittadini, ma a dire loro la verità. Il rischio zero non esiste in nessun luogo, esistono però dei posti più sicuri di altri, come appunto la scuola. Questa pandemia è diversa dall’influenza, perché la frequenza di contagio tra i più giovani è minore. Mettere insieme per buona parte della giornata persone giovani, con regole e misure di protezione, può essere una strategia valida anche per proteggere i nostri ragazzi. Secondo la rivista Nature, nelle prime settimane dalla riapertura delle scuole in Italia il 90% dei focolai era di una sola persona, quindi il contagio doveva essere avvenuto necessariamente fuori. Questi dati sono in linea con quanto accaduto nell’inverno australe nello stato di Victoria, in Australia.
L’Accademia dei Lincei ha stipulato un accordo con l’Istituto Superiore di sanità per i dati epidemiologici. Non sarebbe stato meglio renderli davvero pubblici e disponibili per tutti?
È più che giusta la richiesta di informazioni, ma consideriamo che la raccolta dei dati spetta alle ASL (che poi li comunicano all’Istituto superiore di sanità, il quale emette un bollettino settimanale) e richiede loro tante energie. Non è dunque un processo immediato, anche se si deve lavorare sempre per la massima trasparenza e velocità di trasmissione dei dati in una situazione come questa. Ben venga allora l’accordo se contribuirà a migliorare l’attuale monitoraggio della situazione.
Crisanti, in un’intervista, è contrario all’idea che allo stato attuale la scuola sia un formidabile metodo di tracciamento. Lei cosa ne pensa?
Penso che dovremmo cercare e guardare più ai fatti che alle ipotesi o alle dichiarazioni. Il commissario Arcuri ha concluso l’acquisto di 13 milioni di test rapidi per le scuole: sicuramente queste risorse possono essere utilizzate per valutare quanto le misure adottate negli ambienti scolastici siano efficaci e le modalità con le quali l’epidemia si diffonde. Da qui si potrà capire anche come agire in altre situazioni simili. Mi auguro che i test arrivino il prima possibile nelle scuole.
Sull’obbligo della mascherina, invece, i pareri sono discordanti. Molti sono dubbiosi sulla possibilità che venga cambiata più volte durante il giorno. Cosa ne pensa?
La mascherina è come l’ombrello: ci protegge quando piove, se lo apriamo ed è senza buchi. Qualsiasi dispositivo va usato in modo corretto e quando necessario. Vista la complessa situazione epidemiologica al momento, e visto che in inverno questo virus diventa più aggressivo, direi che la mascherina agli studenti è un piccolo sacrificio necessario e una precauzione indispensabile per tenere le scuole aperte con maggiore sicurezza. Cambiarla almeno una volta al giorno (vanno bene anche quelle lavabili e riutilizzabili) ci permette di proteggere in modo più efficiente noi stessi e chi ci sta intorno.