Congedo straordinario docenti per dottorato di ricerca: come funziona. Il riepilogo della normativa con gli aggiornamenti. NOTA

Un’interessante nota pubblicata dall’Ufficio scolastico regionale per il Piemonte riepiloga la normativa relativa al congedo straordinario per dottorato di ricerca, ripercorrendo la normativa. L’istituto del congedo straordinario per dottorato di ricerca per i dipendenti pubblici è disciplinato dall’art. 2 della Legge n. 476 del 13.8.1984 recante “Norme in materia di borse di studio e dottorato di ricerca nelle Università”, così come modificato ed integrato dall’art. 52, comma 57, della Legge n. 488 del 28.12.2001, dall’art. 19, comma 3, della Legge n. 240 del 30.12.2010 e dall’art. 5, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 119 del 18.7.2011.
Nella nota si ricorda che il congedo straordinario è concesso per la durata del corso di studi ed è comunque subordinato alla compatibilità con le esigenze dell’Amministrazione: il dipendente è titolare non di un diritto alla concessione dello stesso, ma solo di “una posizione giuridica soggettiva condizionata, la cui realizzazione è subordinata alle esigenze di buon andamento”.
La L. n. 448/2001, all’art. 52, comma 57, ha poi integrato la suddetta Legge 476/84, aggiungendo all’art. 2, comma 1, il seguente periodo: “In caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio o di rinuncia a questa, l’interessato in aspettativa conserva il trattamento economico,
previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dell’amministrazione pubblica presso la quale è instaurato il rapporto di lavoro”.
La normativa di settore non prevede, dunque, una disposizione di legge che disponga che, in caso di mancato completamento del corso di dottorato di ricerca, il dipendente sia obbligato a restituire all’Amministrazione le somme erogatele durante il periodo di congedo straordinario.
Dottorato di ricerca e permessi per motivi di studio
Alla luce delle modifiche recate dalla Legge 30.12.2010 n. 240 all’art. 2 della Legge n. 476/1984, l’ARAN si è pronunciata sul diritto dei dipendenti pubblici di usufruire dei permessi per motivi di studio anche nel caso di ammissione a corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca.
La nota richiama l’orientamento applicativo RAL 1911 del 9 febbraio 2017 con il quale l’ARAN, tenuto conto dei limiti e divieti introdotti dal Legislatore in materia di riconoscimento del congedo straordinario per dottorato di ricerca come sopra specificati, ritiene che, attualmente, “anche il dipendente pubblico ammesso ai corsi di dottorato di ricerca, in alternativa al congedo straordinario, possa chiedere la fruizione dei permessi per il diritto allo studio, di cui all’art.15 del CCNL del 14.9.2000, ove questi siano effettivamente funzionali al conseguimento del titolo”.
Dottorato di ricerca e contratto a tempo determinato
Il MIUR con la Circolare n. 15/2011 ha precisato che “l’art. 19 del vigente CCNL, riguardante “Ferie, permessi ed assenze del personale assunto a tempo determinato”, intendendosi come personale a tempo determinato, il personale destinatario di contratto durata annuale o fino al 30 giugno, il cui
primo comma dispone che “Al personale assunto a tempo determinato, al personale di cui ……………, si applicano, nei limiti della durata del rapporto di lavoro, le disposizioni, in materia di ferie, permessi ed assenze stabilite dal presente contratto per il personale assunto a tempo indeterminato”., e pertanto anche a tale tipologia di personale si ritiene debbano essere applicate, nei limiti previsti dalla richiamata norma, le disposizioni riguardanti i congedi per il personale ammesso alla frequenza dei dottorati di ricerca: si ritiene comunque opportuno precisare che le predette disposizioni esplicano, la propria validità esclusivamente sotto il profilo giuridico (riconoscimento del servizio ai fini previsti delle vigenti disposizioni) non ritenendosi che le stesse possano esplicare la validità sotto il profilo economico (conservazione della retribuzione per il periodo di frequenza del dottorato)”.
In merito all’applicazione del congedo straordinario per dottorato di ricerca, la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione ha chiarito che la portata applicativa di detto beneficio riguarda solo i dipendenti con contratto a tempo indeterminato.
In particolare, i Giudici di legittimità, con orientamento costante, precisano che con il disposto dell’art. 2 della L. 476/1984, come modificato dall’art. 52, comma 57, L. 448/2001: “il legislatore ha fissato un periodo minimo dì due anni di permanenza nel posto di lavoro successivamente al conseguimento del titolo, in modo da consentire all’amministrazione di fruire delle conoscenze acquisite dal dipendente grazie agli studi post-universitari. La norma, quindi, ha ritenuto di contemperare il diritto allo studio del pubblico dipendente con l’interesse della pubblica amministrazione, stabilendo, da una parte, l’incondizionata erogazione di un emolumento economico (la borsa di studio o la retribuzione) e dall’altra una condizione di stabilità del rapporto
di pubblico impiego» che giustifica la deroga, per il periodo di svolgimento del dottorato, al principio generale di sinallagmaticità. La norma, quindi, non garantisce la conservazione del trattamento economico, previdenziale e di quiescenza, anche all’assunto a tempo determinato.”
Titolo di dottore di ricerca e abilitazione all’insegnamento
Il possesso del titolo di dottore di ricerca, in conformità all’orientamento espresso dalla prevalente giurisprudenza amministrativa deve ritenersi non equipollente all’abilitazione all’insegnamento.
I Giudici amministrativi hanno confermato come “nessuna disposizione di rango primario o secondario prevede l’equiparazione o l’equipollenza del titolo di dottorato di ricerca all’esito favorevole dei percorsi abilitanti e le disposizioni regolanti i percorsi abilitanti e il dottorato di ricerca sono distinte e perseguono finalità diverse”.