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Conflitto d’interesse per il pubblico dipendente, riguarda il personale scolastico. La guida

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La disciplina del conflitto d’interesse per il pubblico dipendente, incluso il personale scolastico

Il quadro normativo

Si richiama in via preliminare l’art. 6-bis («conflitto di interessi») della l. 241/1990 – introdotto dall’art. 1, comma 41, della l. 190/2012 – ai sensi del quale «il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale».
La disposizione, ricorda l’ANAC, stabilisce, dunque, per i soggetti ivi indicati, un obbligo di astensione ad adottare gli atti endoprocedimentali ed il provvedimento finale nel caso di conflitto di interesse anche solo potenziale, nonché un dovere di segnalazione a carico degli stessi.

Il dipendente si deve astenere da attività che possono determinare il conflitto di interesse

“La predetta norma va coordinata con le previsioni del d.p.r. 16 aprile 2013, n. 62 (Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) il quale stabilisce all’art. 7 («obbligo di astensione») che «il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza»”.

La segnalazione del conflitto di interesse va inviata al dirigente

“In relazione a siffatte situazioni, il PNA (All. 1, par. B6) precisa, quindi, che «la segnalazione del conflitto deve essere indirizzata al dirigente, il quale, esaminate le circostanze, valuta se la situazione realizza un conflitto di interesse idoneo a ledere l’imparzialità dell’agire amministrativo. Il dirigente destinatario della segnalazione deve valutare espressamente la situazione sottoposta alla sua attenzione e deve rispondere per iscritto al dipendente medesimo sollevandolo dall’incarico oppure motivando espressamente le ragioni che consentono comunque l’espletamento dell’attività da parte di quel dipendente”.

Quali i provvedimenti da adottare?

“ Nel caso in cui sia necessario sollevare il dipendente dall’incarico esso dovrà essere affidato dal dirigente ad altro dipendente ovvero, in carenza di dipendenti professionalmente idonei, il dirigente dovrà avocare a sé ogni compito relativo a quel procedimento. Qualora il conflitto riguardi il dirigente a valutare le iniziative da assumere sarà il responsabile per la prevenzione».
La violazione sostanziale della norma, che si realizza con il compimento di un atto illegittimo, dà luogo a responsabilità disciplinare del dipendente, suscettibile di essere sanzionata con l’irrogazione di sanzioni all’esito del relativo procedimento, oltre a poter costituire fonte di illegittimità del procedimento e del provvedimento conclusivo dello stesso, quale sintomo di eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento della funzione tipica dell’azione amministrativa (All. 1, par. B6, PNA)”.

Basta la sola potenzialità perché si possa affermare il conflitto di interesse

“Come evidenziato in relazione alla prativa identificata come AG11/2015 (approvata nell’adunanza consiliare del 4 marzo 2015) le disposizioni sopra richiamate e le indicazioni del PNA in materia, mirano a prevenire situazioni di conflitto di interessi che possano minare il corretto agire amministrativo. Tali situazioni si verificano quando il dipendente pubblico (rup e titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale) è portatore di interessi della sua sfera privata, che possono influenzare negativamente l’adempimento dei doveri istituzionali; si tratta, dunque, di situazioni in grado di compromettere, anche solo potenzialmente, l’imparzialità richiesta al dipendente pubblico nell’esercizio del potere decisionale”.

Va garantito il principio di imparzialità

“La ratio dell’obbligo di astensione, in simili circostanze, va quindi ricondotta nel principio di imparzialità dell’azione amministrativa e trova applicazione ogni qualvolta esista un collegamento tra il provvedimento finale e l’interesse del titolare del potere decisionale. Peraltro il riferimento alla potenzialità del conflitto di interessi mostra la volontà del legislatore di impedire ab origine il verificarsi di situazioni di interferenza, rendendo assoluto il vincolo dell’astensione, a fronte di qualsiasi posizione che possa, anche in astratto, pregiudicare il principio di imparzialità.

L’obbligo di astensione, dunque, non ammette deroghe ed opera per il solo fatto che il dipendente pubblico risulti portatore di interessi personali che lo pongano in conflitto con quello generale affidato all’amministrazione di appartenenza (come evidenziato dall’Autorità con Orientamenti n. 95 del 7 ottobre 2014 e n. 78 del 23 settembre 2014”.

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