Condotte denigratorie ed offensive della dignità degli alunni e del dirigente scolastico, sì al licenziamento e restituzione compensi. Le argomentazioni dei Giudici
Deve essere confermato il licenziamento, con condanna a restituire i compensi percepiti, del docente che ha posto in essere “manifestazioni denigratorie tecnicamente errate e violazione della dignità di alunne con esigenze di integrazione” nonché comportamenti aggressivi, minacciosi, denigratori e offensivi nei confronti di colleghi e studenti, e, ancora, “diniego di servizio comportamento aggressivo, minaccioso, denigratorio e offensivo nei confronti della dirigente scolastica” (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 14 giugno 2024, n. 16634).
La contestazione degli addebiti disciplinari
La Direzione Provinciale delle Scuole in lingua tedesca di una provincia autonoma formulava nei confronti di un docente nelle materie tedesco e latino di un Liceo alcuni addebiti disciplinari, contestandogli di aver posto in essere “manifestazioni denigratorie tecnicamente errate e violazione della dignità di alunne con esigenze di integrazione” nonché comportamenti aggressivi, minacciosi, denigratori e offensivi nei confronti di colleghi e studenti, e, ancora, “diniego di servizio comportamento aggressivo, minaccioso, denigratorio e offensivo nei confronti della dirigente scolastica”.
Il licenziamento
Seguiva, nei confronti del dipendente l’intimazione del licenziamento ex art. 55 quater comma 1 lett. e) e f-bis) d.lgs. n. 165/2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
La reintegrazione nel posto e di nuovo il licenziamento con restituzione dei compensi
Il Tribunale annullava il licenziamento e reintegrava il docente nel posto di lavoro, ma la Corte d’appello riformava la decisione del Tribunale e condannava altresì il docente a restituire i compensi percepiti in esecuzione della sentenza gravata.
La conferma da parte della Cassazione
La Cassazione ha rigettato il ricorso del docente, con conferma del licenziamento e restituzione dei compensi percepiti. Le doglianze formulate dall’uomo, sotto l’apparente censura di un vizio di violazione di legge tendevano, in realtà, a rimettere in discussione l’apprezzamento di fatto compiuto dal giudice d’appello sulla gravità e reiterazione delle condotte addebitate e sul raggiungimento della prova degli addebiti disciplinari oggetto di contestazione.
La lesione della fiducia
La Cassazione aveva già affermato che la valutazione della gravità del comportamento e della sua idoneità a ledere la fiducia che il datore di lavoro ripone nel dipendente è funzione tipica del giudice del merito, che, se adeguatamente motivata, in sede di legittimità è insindacabile (Cass. n. 1788/2011). Nella specie, la motivazione della sentenza impugnata si è diffusa su ogni singolo episodio addebitato di cui è stata accertata l’esistenza fattuale e la concreta imputabilità, anche in punto di assenza di giustificazioni in relazione alla “reiterata disubbidienza” del dipendente alle disposizioni impartite dai superiori, confermando l’apprezzamento compiuto dall’Amministrazione in ordine alla “grave e reiterata violazione del codice di comportamento” e alla piana sussunzione della fattispecie nelle ipotesi di cui all’art. 55 quater, comma 1, lett. e) e f – bis), d.lgs. n. 165/2001.
L’avvio del procedimento da parte della Direzione scolastica
Inoltre, la sentenza impugnata, alla stregua dell’art. 55 bis comma 4, d.lgs. n. 165/2001, ha ritenuto corretto l’avvio della procedura da parte della Direzione provinciale scolastica e non della Dirigente scolastica in relazione ad addebiti in astratto sanzionabili con il licenziamento; in ciò la sentenza gravata ha fatto puntuale applicazione del principio più volte affermato (Cass. n. 15800/2022) secondo cui in tema di sanzioni disciplinari nel pubblico impiego privatizzato, al fine di stabilire la competenza dell’organo deputato a iniziare, svolgere e concludere il procedimento, occorre avere riguardo al massimo della sanzione disciplinare come stabilita in astratto, in relazione alla fattispecie legale, normativa o contrattuale che viene in rilievo, essendo necessario che la competenza sia determinata in modo certo, prescindendo dal singolo procedimento disciplinare (Cass. n. 30226/2019).