Concorso dirigenti scolastici, non ci sono pseudo-vincitori. Lettera
Inviato da Antonella Mongiardo, vincitrice concorso DS – Leggo sbigottita la nota di Annarita Bisceglia, in merito al recente accesso agli atti del concorso per dirigenti scolastici 2017.
Giorni fa, i non idonei, in nome della trasparenza e della partecipazione hanno chiesto di visionare i compiti dei vincitori (anche se si guardano bene dall’esibire i propri!) e sono stati giustamente accontentati dal Miur, che ha concesso l’ostensione di 50 prove scritte.
Era prevedibile che, dopo la visione degli elaborati, sarebbe partito il solito uovo marcio contro gli “avversari”, perché sappiamo bene che alcuni ricorrenti non perdono occasione per innescare polemiche inconcludenti e pretestuose.
Stavolta, a firmare l’invettiva è la professoressa Annarita Bisceglia, la quale, non smentendo la linea d’azione del suo Comitato di appartenenza, si arroga il diritto di mortificare gli idonei del concorso ds, definendoli “pseudo-vincitori”.
Abbiamo fatto ormai l’abitudine a simili manifestazioni di arroganza e presunzione da parte di un comitato che, non solo non ha mai perso occasione per delegittimare i vincitori, ma è arrivato persino ad accusare di “incompetenza” commissioni esaminatrici formate da funzionari Miur, docenti universitari e dirigenti scolastici (Sic!).
Subito dopo l’accesso agli atti, la professoressa Bisceglia prende in mano la penna rossa e bacchetta gli anonimi autori degli elaborati, valutati in modo più che sufficiente dalle commissioni.
La Bisceglia afferma nella sua missiva che questi scritti sarebbero “mediocri” e infarciti di “numerosi errori di contenuto”. Tuttavia, di questi errori ne evidenzia uno solo, che sarebbe, secondo lei, il più eclatante.
L’autore di un compito avrebbe sbagliato facendo riferimento al “Codice dei Contratti pubblici”, d.lgs. n.50 del 2016, per la procedura di individuazione dell’Esperto esterno per le Istituzioni scolastiche”.
Secondo Bisceglia, “il riferimento corretto è, invece, l’art. 7, c. 6 del d.lgs. 165/2001, nonché il D.I. n.129 del 2018, ovvero, al momento dell’espletamento del Concorso, il D.I. n.44 del 2001. Non dissimile per sconfinamento parossistico – dice- è l’affermazione di un altro “neo-pseudo Dirigente scolastico” che ha addirittura citato per la medesima procedura l’”Asta pubblica”.
Da ciò deriverebbe la “grande amarezza” della scrivente, in quanto “la constatazione della mediocrità degli elaborati visionati- scrive- induce altresì a ripensare alle accuse mosse a noi ricorrenti da parte di Commissari, che hanno evidenziato le nostre (presunte) incompetenze di forma e contenuto, a vantaggio di pseudo-vincitori di un Concorso annullato – e, pertanto mai vinto – da parte del Tar Lazio in data 2 luglio 2019” (sic!).
Pur non avendo io letto il compito “incriminato”, ma attenendomi solo alle censure della professoressa Bisceglia, non posso non intervenire ancora una volta, non tanto a difesa del collega vincitore, bensì della verità. Se non altro, per non lasciar passare il diseducativo messaggio che chi sbraita più forte ha ragione, mentre chi tace ha torto.
Or dunque, sulla questione degli esperti, ad aver torto è proprio la professoressa Bisceglia, la quale dovrebbe rileggere la traccia con più attenzione.
Nel quesito in oggetto, infatti, si parla delle procedure per l’individuazione di esperti per la realizzazione di progetti di ampliamento dell’offerta formativa, ma non viene specificata la tipologia di esperti.
Secondo la professoressa sarebbe stato un “errore eclatante” l’aver fatto riferimento al “Codice dei Contratti pubblici”, il d.lgs. n.50 del 2016. Vorrei però far notare all’amareggiata docente che la sua lettura del quesito è riduttiva, perché la suddetta procedura non riguarda solamente le persone fisiche, ma può ben riferirsi ad altri soggetti giuridici, come ad esempio, enti, associazioni e ditte “esperte” in un determinato settore, con le quali le istituzioni scolastiche possono stipulare contratti, atteso che l’ampliamento dell’offerta formativa riguarda tutte le attività offerte dalla scuola, oltre il curricolo obbligatorio.
Tra queste attività, dunque, non vi sono soltanto le prestazioni di lavoro autonomo svolte da professionisti di comprovata esperienza, nel qual caso le norme di riferimento sono, senz’altro, l’art. 7, comma 6 del Dlgs 165/2001 e, all’epoca della prova scritta, il D.I. 44 del 2001 art 33 e 40; ma, vi possono essere anche lavori o servizi prestati da ditte specializzate. Come, per esempio, un servizio di sorveglianza degli alunni durante le attività extracurricolari o i lavori di realizzazione di una struttura teatrale e molti altri esempi di questo genere rintracciabili nei siti scolastici. In questi casi, la norma di riferimento non può che essere il codice dei contratti pubblici, Dlgs 50 del 2016, che disciplina, in generale, l’acquisizione di beni, servizi o forniture. Il riferimento, dunque, è pertinente.
Quali siano, poi, gli altri gravi errori di concetto non ci è dato sapere. C’è, a dire il vero, un’altra affermazione che la Bisceglia mette sotto accusa come esempio di “sconfinamento parossistico”. Si tratta del termine “asta pubblica”. Anche in questo caso, a mio avviso, l’autore del compito non sbaglia se, parlando di contratti, menziona l’asta pubblica tra le possibili modalità di scelta del contraente. E mi meraviglio che questa espressione faccia tanto rabbrividire la professoressa, perché lei dovrebbe sapere che l’asta pubblica non è nulla di scandaloso, ma è soltanto un diverso modo, magari un po’ demodé, per definire la “procedura aperta” (detta anche asta pubblica o pubblico incanto), cioè una procedura ad evidenza pubblica, che consiste nel pubblicare un bando al quale possono partecipare tutti i soggetti economici in possesso dei requisiti previsti.
A tal proposito, invito la professoressa a leggere un qualsiasi regolamento d’istituto. Ne apro uno a caso nel web, quello dell’IC “Mennella” di Napoli, contenente i criteri e le procedure per la stipula dei contratti di prestazione d’opera relativi ad attività ed insegnamenti per l’arricchimento dell’offerta formativa, dove nella normativa di riferimento viene menzionato anche il Dlgs 50 de 2016.
“Al fine di soddisfare le esigenze di cui al comma precedente- si legge testualmente- su proposta del Collegio dei docenti ed in base alla Programmazione dell’offerta formativa, l’Istituzione Scolastica, verificata l’impossibilità di utilizzare al fine il personale interno ed in coerenza con le disponibilità finanziarie, può ricorrere all’istituto delle collaborazioni plurime ex art. 35 CCNL del 29 novembre 2007 o, in alternativa, stipulare contratti di lavoro autonomo con esperti di particolare e comprovata specializzazione, ai sensi dell’art. 7, comma 6 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. In caso di elevata complessità dei percorsi formativi l’istituzione scolastica può affidare a soggetti esterni il percorso formativo in ragione della sua complessità, (Università, associazioni, enti di formazione esperti della materia, enti accreditati dal MIUR, ecc..) senza previa consultazione della presenza di professionalità interne, ricorrendo ad una procedura negoziale secondo le disposizioni del Decreto Legislativo 18 Aprile 2016, N. 50 e successive modificazioni e integrazioni secondo le disposizioni del Decreto Legislativo n° 56/2017”.
In conclusione, se la professoressa Bisceglia vuol mettere in cattiva luce i lavori degli idonei, non le consiglio di far passare per “errori di concetto” quelle che sono soltanto diverse interpretazioni delle tracce. Che, essendo aperte, potevano essere sviluppate in modi diversi e da angolazioni differenti. Chi lo fa rischia di ottenere l’effetto opposto e di passare lui per incompetente.
Le suggerisco, invece, di risparmiare la penna rossa per gli errori veri (sempre ammesso che ne trovi), del tipo di quelli rinvenuti in Calabria, nel 2011, in diversi elaborati di candidati ammessi agli orali. Dove si leggeva, ad esempio, che “il dirigente scolastico presiede il consiglio d’istituto”, che “nei consigli di classe c’è la componente ATA”, che “la libertà di insegnamento è un problema con cui il DS deve confrontarsi quotidianamente”, che “la legge sull’autonomia è il DPR 275/99” e che un tempo “il direttore didattico era a capo della scuola secondaria”!
Eppure, chissà perché, nessuno, allora, si scandalizzò (Sic!).