Comunicare attraverso i social, “prima di ‘parlare’ ci hai pensato?”. Quanto è importante creare un vocabolario ricco nei bambini e perché. INTERVISTA al professore Nicola Donti

Il linguaggio è importante per comunicare ma non solo, serve anche per pensare. Ne abbiamo parlato con il Professor Nicola Donti, Docente di Filosofia del linguaggio e Filosofia della Scienza. Formatore e consulente in comunicazione e crescita personale per aziende pubbliche e private.
Professor Donti, partiamo parlando di linguaggio, perché la parola ci permette di comunicare ma anche di pensare, per il Professor Galimberti si può pensare limitatamente alle parole che si conoscono. Partendo da questo presupposto, quanto è importante creare nei bambini e nei ragazzi un vocabolario interno il più ampio possibile?
È un’operazione fondamentale, lei ha citato un mio punto di riferimento imprescindibile che è il professor Galimberti e conosco bene questa sua affermazione quando ribadisce l’idea che avere più parole in bocca significa avere più pensieri in testa. Quindi creare un vocabolario interno il più ampio possibile nei bambini e nei ragazzi è sicuramente fondamentale, perché il linguaggio, come diceva Wittgenstein, è performativo, cioè ha il potere di creare la realtà, inoltre definiva i linguaggi forme viventi in quanto il linguaggio si deteriora, si perde e nuove formule si creano. Il linguaggio non è quindi solo uno strumento di comunicazione, ma anche e soprattutto di pensiero, e il pensiero, dice Galimberti, è limitato molto dalle parole che si conoscono. Un vocabolario ricco permette ai giovani di esprimersi con maggiore precisione, di comprendere concetti complessi e di sviluppare anche una capacità critica e riflessiva che è fondamentale in ogni epoca, ma in particolare nella nostra. Inoltre un linguaggio articolato favorisce l’empatia, la capacità di relazionarsi con gli altri, perché permette di descrivere e condividere anche emozioni e idee in modo più efficace. Quindi concluderei dicendo che educatori e genitori hanno il compito di stimolare in modo più efficace quella curiosità linguistica attraverso la lettura, il dialogo e l’esposizione a contesti culturali diversi. Tutto ciò aiuta tantissimo.
Il linguaggio ha due componenti, una genetica ed una culturale. Come specie siamo strutturati per parlare, ma quale lingua parliamo è determinato dal contesto culturale nel quale cresciamo. Impariamo per imitazione e ripetiamo quello che ascoltiamo. Quanto è importante che gli educatori, siano essi genitori o docenti, adottino linguaggi positivi e i più ampi possibili?
Se abbiamo detto che il linguaggio ha un potere di formare la realtà, perché orienta la nostra esperienza e anche la nostra osservazione, un linguaggio ricco e inclusivo non solo arricchisce il vocabolario dei giovani, ma trasmette anche valori come rispetto, apertura mentale e capacità di stare nel dialogo con persone, mentalità e tradizioni diverse. Perché come diceva Socrate, la verità si incontra nel dialogo e questa era la ragione per cui lui aveva deciso di non scrivere, poi grazie a Platone e al piccolo escamotage che si era inventato dicendo di scrive in termini dialogici, oggi abbiamo memoria non solo di Platone ma anche di Socrate. Al contrario, il linguaggio limitato o negativo può influenzare negativamente lo sviluppo cognitivo ed emotivo dei bambini, limitando la loro capacità non solo di esprimersi, ma di ascoltare e di entrare in relazione con gli altri. Quando Peppino Impastato parlava di come le nostre periferie dovessero essere luoghi belli è perché al brutto si finisce per fare l’abitudine. Avere un linguaggio che indugia nei confronti della violenza predispone ad accettarla e quindi a non strutturare quegli anticorpi che invece sarebbero fondamentali per poterla respingere, respingere tanto dalle nostre parole così come dai nostri pensieri e quindi nelle nostre azioni.
Una delle componenti del bullismo, ma in particolare del cyberbullismo, è proprio il linguaggio, possiamo dire che viene usato come una vera e propria arma. Il linguaggio d’odio, l’Hate Speech, è alla base di fenomeni discriminatori e di marginalizzazione. Quanto è importante far comprendere l’importanza delle parole e le conseguenze che possono provocare?
Dice un antico proverbio che la lingua non ha ossa ma le può rompere. Detto diversamente, nella tradizione, nei nostri proverbi, ricordo quello che diceva che può ferire molto più la lingua della spada. Questo è vero perché il linguaggio d’odio può essere usato veramente come un’arma, specialmente nel contesto del cyberbullismo, dove le parole assumono un peso maggiore a causa della loro diffusione rapida e permanente online. Il famoso Hate Speech, cioè il linguaggio d’odio, è alla base di fenomeni di discriminazione e marginalizzazione e può avere conseguenze devastanti nei confronti delle vittime, portando al loro isolamento, marginalizzazione, depressione e nei casi più gravi purtroppo anche al suicidio. È quindi essenziale educare i giovani all’importanza delle parole, a tal proposito ricordo quando Nanni Moretti, nel film “Palombella rossa”, diceva appunto che le parole sono importanti. Ma quanto sono importanti? Recentemente in un mio intervento in un dipartimento di salute mentale ricordavo come Basaglia non abbia mai detto di aver chiuso i manicomi e si arrabbiava molto con chi gli diceva che li avesse chiusi, perché invece lui affermava non di averli chiusi, ma di averli aperti. Le parole sono importanti, quindi insegnare il rispetto, l’empatia, la responsabilità nell’uso del linguaggio è un passo cruciale per prevenire il bullismo e promuovere una cultura del dialogo e dell’inclusione, facendo capire che non sono solo parole, questa è la parte importante, non sono mai parole e basta. Un po’ come passare dal virtuale al reale, quella virtualità ha degli effetti nella nostra realtà che sono devastanti, allora è importante avere contezza delle conseguenze delle parole d’odio su un piano reale, concreto, offline piuttosto che online, capire che sono parole che uccidono e feriscono. Ricordo quando Goebbels diceva che una bugia ripetuta dieci, cento, mille volte, diventano una verità. Attenzione a quali verità stiamo diffondendo perché a questo ci faremo l’abitudine.
Un’ultima domanda. Nel mondo digitale usiamo prevalentemente la forma scritta, che però non permette di cogliere le sfumature del tono della voce, che è alla base dell’ironia e del sarcasmo. Quanto è difficile comunicare con i social?
È molto difficile perché può portare a maggiori fraintendimenti e quindi dal fraintendimento il passo al conflitto è molto rapido. Molti conflitti originano dall’incomprensione, perché mancano elementi non verbali come il tono, le espressioni facciali e i gesti che arricchiscono la comunicazione faccia a faccia. Comunicare sui social richiede una maggiore attenzione nella scelta delle parole e ritorniamo a quello che dicevo prima, ovvero che è una consapevolezza delle possibili interpretazioni del messaggio che sto lanciando. Quindi è importantissimo educare i giovani ad un uso responsabile e consapevole dei social media insegnando loro a riflettere prima di scrivere. Conoscete quella frase “ma prima di parlare ci hai pensato”? Ecco se prima di parlare ci devi pensare figurati prima di scrivere. Bisogna insegnare a considerare l’impatto e spingerli ad immaginare le conseguenze delle loro parole sugli altri. Questo secondo me è importantissimo perché questo principio di causa ed effetto rischia di saltare per via di questa incapacità di leggere le conseguenze. La responsabilità comincia nel momento in cui cominciamo a capire che ad ogni azione c’è una reazione. Dico spesso che nella comunicazione noi siamo nel feedback, e ci stupiamo del feedback. Questa etimologia molto bella di feedback, che deriva da food, cibo, è molto interessante, perché dobbiamo chiederci quale sia il feedback, ovvero il “cibo” che torna, e il cibo che torna è quello che diamo. Quindi anche nell’utilizzo dei social, dell’intelligenza artificiale ricordiamoci sempre che funzionano molto come specchio di quello che siamo. Nella consapevolezza di cosa stiamo mandando noi siamo sempre testimoni delle reazioni e molto meno delle azioni, ma molte delle reazioni che vediamo e molto di quello che vediamo nel mondo è ciò che abbiamo seminato. Vale lo stesso nella fase dell’adolescenza dei giovani, una cosa che terrorizza i genitori, perché quella è la fase del raccolto e molto dipende da quello che abbiamo seminato.