Comportamento scorretto degli studenti, comprenderne le ragioni. Il ruolo della scuola

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Un bambino che nasce e cresce, durante i lunghi anni della sua infanzia, rappresenta per i genitori una fonte di gioia e festa. Salvo casi problematici e difficili, questo periodo è spesso caratterizzato dalla felicità, dal piacere di stare insieme, dalla meraviglia della scoperta condivisa, e dalla luce unica che un sorriso infantile può donare. Sono questi gli anni dell’alleanza tra scuola e famiglia, un periodo in cui si collabora per il futuro degli studenti. Tuttavia, con l’arrivo dell’adolescenza tutto cambia: i genitori, spesso, sono i primi a sentirsi smarriti, incapaci di comprendere appieno ciò che sta accadendo.

I figli crescono, mentre i genitori invecchiano, ormai distanti dai giorni in cui, giovani e pieni di speranze, sorridevano alla vita con progetti e sogni nel cuore. Questo cambiamento coinvolge entrambe le parti: i figli affrontano nuove sfide legate alla crescita, mentre i genitori si confrontano con le difficoltà quotidiane, le delusioni e i disagi di una società liquida, che porta con sé fragilità e incertezze. Le relazioni, nel frattempo, si frammentano in un’era dominata dalla comunicazione digitale, che spesso isola e contribuisce al baratro dell’infelicità e dell’isolamento.

In questo contesto complesso, il comportamento scorretto degli studenti, osservato sia in ambito scolastico che familiare, emerge come una delle sfide più ardue per educatori e genitori. Comprendere le radici profonde di questi atteggiamenti è essenziale per sviluppare strategie di intervento efficaci. Non si tratta semplicemente di correggere le azioni, ma di riconoscere e affrontare i bisogni psicologici e sociali che vi sono alla base, favorendo così una crescita armoniosa e responsabile nei giovani. Questo documento si propone di esplorare gli aspetti psicologici, sociali e neuroscientifici legati ai comportamenti scorretti, offrendo spunti teorici e pratici per la gestione delle situazioni più critiche. L’obiettivo è fornire strumenti utili per sostenere genitori ed educatori in un compito tanto complesso quanto fondamentale: accompagnare i giovani verso un futuro di consapevolezza e responsabilità.

Cause psicologiche della devianza giovanile

La devianza giovanile e i comportamenti scorretti non sono semplicemente il risultato di episodi isolati, ma piuttosto il prodotto di una complessa interazione tra fattori psicologici, sociali e ambientali. Il narcisismo patologico, che si manifesta attraverso un bisogno eccessivo di attenzione e la difficoltà a entrare in empatia con gli altri, rappresenta una delle radici più significative di questi atteggiamenti. Questo tratto, spesso accentuato dalla cultura contemporanea, si radica in un contesto che celebra l’apparenza e il successo immediato, relegando in secondo piano il valore delle relazioni autentiche e la capacità di introspezione. Giovani immersi in questa dinamica finiscono per cercare costantemente approvazione, spesso attraverso i social media, dove l’identità viene plasmata da feedback superficiali come like e visualizzazioni. Questo meccanismo alimenta una percezione di sé distorta, creando una spirale di insoddisfazione e comportamenti oppositivi o manipolatori, che diventano tentativi di compensare il vuoto emotivo generato da un bisogno cronico di riconoscimento.

Parallelamente, il deficit di autoregolazione emotiva costituisce un’altra causa cruciale. La difficoltà nel gestire emozioni intense come rabbia, frustrazione e ansia può portare a reazioni impulsive che sfociano in conflitti, sia a scuola che in famiglia. L’incapacità di modulare queste emozioni non è un fenomeno casuale, ma il risultato di un mancato sviluppo delle competenze emotive, spesso legato a un’educazione che non ha fornito strumenti adeguati per riconoscere e gestire le emozioni. Tecniche come il mindfulness, il biofeedback e gli esercizi di respirazione rappresentano interventi efficaci per aiutare i giovani a sviluppare una maggiore consapevolezza delle proprie emozioni e a rispondere alle situazioni in modo più costruttivo. Questi strumenti, lavorando direttamente sulle risposte fisiologiche allo stress, possono ridurre l’intensità delle reazioni emotive e favorire una maggiore capacità di controllo, rendendo i giovani più resilienti di fronte alle sfide quotidiane.

Non si possono, però, ignorare le esperienze traumatiche che influenzano profondamente lo sviluppo comportamentale. Abusi, trascuratezza e lutti non elaborati rappresentano ferite psicologiche che, se non trattate, si trasformano in ostacoli al benessere emotivo e relazionale. Gli effetti del trauma si radicano nel sistema limbico del cervello, in particolare nell’amigdala, che, se iperattivata, rende le risposte emotive più intense e difficili da controllare. Questa condizione può generare una predisposizione a comportamenti antisociali, isolamento o esplosioni di rabbia. Interventi mirati, come terapie specializzate basate sull’elaborazione del trauma, svolgono un ruolo fondamentale nel rompere questo ciclo. Tali approcci non solo permettono ai giovani di affrontare le loro esperienze dolorose, ma anche di costruire un senso di sicurezza interna che li aiuti a navigare meglio le relazioni e le sfide della vita.

Un altro elemento spesso sottovalutato è l’influenza del contesto sociale e familiare. La mancanza di un supporto familiare adeguato, unita a condizioni di disagio economico o sociale, può creare un ambiente ostile allo sviluppo emotivo e comportamentale equilibrato. Il senso di esclusione, l’assenza di dialogo e l’impatto negativo di modelli familiari disfunzionali contribuiscono a radicare atteggiamenti oppositivi o devianze. La scuola, in questo scenario, può diventare un luogo di compensazione, dove il giovane trova riferimenti positivi e strumenti per il cambiamento. Tuttavia, questo richiede una stretta collaborazione tra famiglie, educatori e professionisti della salute mentale, per garantire un intervento coerente e integrato.

Affrontare queste dinamiche richiede quindi non solo di lavorare sulle manifestazioni evidenti dei comportamenti problematici, ma anche di agire sulle loro radici profonde. Un approccio integrato che includa educazione socio-emotiva, programmi terapeutici e strumenti neuroscientifici non si limita a correggere, ma punta a prevenire e trasformare. Investire su questi percorsi significa non solo risolvere il problema immediato, ma anche offrire ai giovani una strada verso una crescita armoniosa e responsabile, ponendo le basi per una società più equilibrata e inclusiva.

Aspetti sociali e il ruolo del gruppo

L’ambiente sociale esercita un’influenza profonda sul comportamento degli studenti, fungendo da contesto che può sia mitigare che amplificare atteggiamenti disfunzionali. La famiglia, il gruppo dei pari e la società nel suo insieme giocano ruoli complementari in questo complesso intreccio. Contesti familiari caratterizzati da conflitti, mancanza di dialogo o assenza di supporto emotivo possono creare un terreno fertile per il disagio comportamentale. Quando il giovane si trova isolato o in situazioni di stress sociale, il gruppo dei pari può diventare una forza predominante nel modellare i suoi atteggiamenti.

Il gruppo dei pari, spesso, funge da amplificatore del comportamento, fornendo rinforzi sociali che incentivano atteggiamenti problematici. L’approvazione del gruppo, espressa attraverso risate, consenso o imitazione, può trasformare un atto scorretto in una pratica ripetitiva, radicata nel bisogno umano di appartenenza e riconoscimento. Sul piano neuroscientifico, questo fenomeno trova una spiegazione nel sistema dopaminergico: la dopamina, neurotrasmettitore associato al piacere e alla ricompensa, viene rilasciata in risposta a stimoli sociali positivi. Quando un comportamento scorretto riceve un feedback favorevole dal gruppo, il rilascio di dopamina rafforza il legame tra l’azione e la gratificazione percepita, incentivando la ripetizione del comportamento.

Spezzare questo circolo vizioso richiede interventi tempestivi e mirati, capaci di influenzare le dinamiche di gruppo e di promuovere valori positivi. Tecniche di gestione del gruppo, come la sensibilizzazione ai valori di collaborazione e rispetto reciproco, possono ridurre l’influenza negativa del gruppo sui singoli. Creare un clima di classe inclusivo, in cui ogni studente si senta valorizzato e rispettato, rappresenta una strategia cruciale. L’educazione socio-emotiva svolge un ruolo importante in questo contesto, fornendo agli studenti gli strumenti per riconoscere e gestire le proprie emozioni, sviluppare empatia e costruire relazioni autentiche.

Interventi che favoriscano la gratificazione dei comportamenti prosociali anziché punire quelli negativi possono rimodellare le risposte del sistema dopaminergico, orientandolo verso dinamiche più costruttive. Tecniche come il feedback positivo, il riconoscimento pubblico dei successi individuali e di gruppo e l’implementazione di attività collaborative aiutano a creare un ambiente in cui gli studenti siano incentivati a cercare approvazione attraverso azioni responsabili e rispettose. Questo approccio, combinato con una guida costante da parte degli educatori, può trasformare il gruppo dei pari in un alleato per la crescita personale e sociale, promuovendo comportamenti che favoriscano l’armonia e il benessere collettivo.

Devianze estreme: bullismo e cyberbullismo

Il bullismo e il cyberbullismo rappresentano espressioni estreme di devianza giovanile, caratterizzate da un comportamento aggressivo e intenzionalmente dannoso, che può lasciare segni profondi sia nelle vittime che negli autori. Le dinamiche alla base di questi fenomeni trovano una spiegazione nel funzionamento del sistema limbico, in cui l’amigdala svolge un ruolo cruciale nella gestione delle risposte emotive. Una sua iperattivazione, spesso associata a situazioni di stress o insicurezza emotiva, alimenta comportamenti aggressivi e impulsivi. Nel caso del cyberbullismo, questa tendenza viene amplificata dalle caratteristiche uniche della comunicazione digitale, come l’anonimato, l’immediatezza e l’ampia diffusione dei contenuti. I social media, in particolare, offrono un contesto in cui gli atti persecutori possono proliferare senza controllo immediato, rendendo le vittime più vulnerabili e gli aggressori meno consapevoli delle conseguenze delle proprie azioni.

Affrontare queste forme di devianza richiede un approccio olistico e integrato, capace di intervenire non solo sulle manifestazioni evidenti, ma anche sulle radici del problema. La prevenzione è il primo passo fondamentale e può essere realizzata attraverso programmi di educazione socio-emotiva, che insegnino agli studenti competenze chiave come l’empatia, l’autoregolazione e la gestione dei conflitti. Questi programmi non solo aiutano a prevenire comportamenti aggressivi, ma contribuiscono anche a creare un clima scolastico inclusivo, in cui i valori del rispetto e della collaborazione vengano interiorizzati.

Interventi tempestivi sono altrettanto cruciali per interrompere il ciclo di aggressività e sofferenza. Il coinvolgimento delle famiglie e dei servizi territoriali, come psicologi e mediatori sociali, può offrire supporto sia alle vittime che agli aggressori, aiutando entrambe le parti a sviluppare strategie più costruttive di gestione delle emozioni e delle relazioni. Per gli aggressori, interventi mirati possono aiutare a trasformare il comportamento aggressivo in capacità di leadership positiva, mentre per le vittime è fondamentale offrire un sostegno che le aiuti a ricostruire la propria autostima e il senso di sicurezza.

Un ulteriore pilastro per affrontare il bullismo, in particolare nella sua dimensione digitale, è la promozione di un uso consapevole della tecnologia. Questo include sensibilizzare gli studenti sui rischi e le responsabilità legati al mondo digitale, insegnando loro a riconoscere e segnalare comportamenti inappropriati, oltre che a proteggere la propria privacy. La collaborazione con le piattaforme digitali e l’adozione di strumenti tecnologici per il monitoraggio e la segnalazione di episodi di cyberbullismo possono rafforzare la capacità delle scuole e delle comunità di intervenire efficacemente.

In definitiva, affrontare il bullismo e il cyberbullismo non significa solo arginare comportamenti dannosi, ma trasformare il contesto sociale e digitale in un luogo di crescita e inclusione. Creare una cultura basata sul rispetto reciproco e sulla responsabilità condivisa rappresenta l’unica strada per superare queste sfide e costruire un ambiente scolastico e sociale più sicuro e solidale.

Conclusione: ripensare la scuola come comunità educante

La gestione della classe e il comportamento degli studenti necessitano di un approccio che integri diverse dimensioni educative, valorizzando la collaborazione tra dirigenti scolastici, docenti, famiglie e studenti stessi. La scuola, in questo contesto, deve assumere il ruolo di una vera comunità educante, un luogo dove la relazione e il dialogo non solo favoriscano l’apprendimento, ma diventino il fondamento per una crescita condivisa. Questo modello richiede un impegno costante per promuovere un ambiente scolastico che sia inclusivo e accogliente, dove ogni studente possa sviluppare il proprio potenziale in modo pieno e autentico.

Un elemento cruciale è l’investimento nella formazione continua dei docenti, che devono essere supportati nell’acquisizione di competenze pedagogiche e relazionali allineate alle esigenze di una società in rapida evoluzione. La capacità di comprendere le dinamiche emotive e sociali degli studenti, insieme alla padronanza di metodologie didattiche innovative, rappresenta la chiave per affrontare con efficacia le sfide quotidiane. Parallelamente, una netta separazione tra compiti educativi e amministrativi permetterebbe ai dirigenti scolastici e al personale docente di concentrarsi sulle priorità educative, riducendo il peso della burocrazia e rafforzando il loro ruolo come guide e modelli.

La scuola deve trasformarsi in uno spazio di trasformazione personale e sociale, andando oltre la semplice trasmissione di conoscenze. L’adozione di approcci innovativi, come l’apprendimento attivo, la co-creazione di progetti e l’educazione socio-emotiva, consente agli studenti di sviluppare non solo competenze cognitive, ma anche valori fondamentali come il rispetto, la responsabilità e la consapevolezza di sé e degli altri. In questo contesto, ogni studente viene riconosciuto come individuo unico, con potenzialità e talenti che meritano di essere valorizzati.

Restituire alla scuola il suo ruolo autentico significa riscoprire l’essenza dell’educazione, intesa non solo come preparazione al lavoro o acquisizione di nozioni, ma come formazione di cittadini consapevoli e responsabili, capaci di affrontare le complessità di un mondo in continua evoluzione. La scuola deve tornare al centro della società, diventando un luogo in cui ogni giovane si senta parte di un progetto collettivo, riconosciuto per ciò che è e incoraggiato a diventare la migliore versione di sé stesso. Solo così l’educazione potrà realizzare la sua missione più alta: costruire una società più equa, inclusiva e orientata al futuro.

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