Comportamento problematico, oppositivo, esplosivo, come osservarlo e come intervenire? In allegato un modello di “Piano individuale di prevenzione delle crisi comportamentali”
Un alto grado di sofferenza nell’alunno si manifesta, sovente, sotto forma di crisi. Chi di noi non ha osservato e ritenuto, di conseguenza, che gli alunni più strafottenti, irriverenti, irrispettosi, arroganti, hanno di fondo una serie di problemi che manifestano una evidente inadeguatezza comunicativa, sociale, comportamentale, un senso, talvolta smisurato, di spaesamento, di isolamento, anche di paura.
Se si fosse tentati (come fanno taluni) di guardare al ragazzo solamente dal punto di vista della crisi comportamentale, tali docenti, tali genitori, tali operatori del sociale e culturali, non avranno mai la possibilità di intervenire per aiutarlo compiutamente e nel vero senso più profondo del termine. Come si legge in un pregevole documento dell’USR Emilia-Romagna allegato alla nota prot. 12563 del 5 luglio 2017 “II Edizione Rivista e Integrata” “non si comprende la cima di un iceberg se non se ne esplora la parte sommersa (ciascuno secondo la propria competenza: famiglia, psicologi, scuola, sociale)”.
Il nostro allievo, nostro figlio, deve essere, evidentemente, considerato nella sua completezza come persona e come uomo e nel suo contesto: ovvero quello legato alla sua vita, in famiglia in primis, e a scuola. Tale alunno, nostro figlio per mantenerci entro il confine del nostro diretto intervento (anche quotidiano) va osservato, con attenzione, per poterlo comprendere nelle sue difficoltà e nei suoi punti di forza. Soltanto in questa maniera, la Scuola, la Famiglia e nel suo complesso più ampio e completo la Società potranno avere l’aspettativa di fornire lui un vero e sostanziale aiuto.
La non “intenzionalità” delle crisi: il nostro alunno che le manifesta non sceglie intenzionalmente di colpirsi, di colpire, di distruggere
Le crisi comportamentali non sono programmate, nel senso che non sono coscienti. Il bambino o il ragazzo che le mostra non sceglie intenzionalmente di colpirsi, di colpire, di demolire tutto quello che gli sta attorno. Perciò, da parte del mondo che gli gira attorno, a scuola come a casa, nella comunità e nel mondo più ampio inteso, quello che prende il nome di “mondo adulto”, ci vuole una consapevolezza più ampia e circostanziata.
Quella che passa dalla cognizione che agire sul piano unicamente punitivo o, peggio ancora, repressivo serve a poco (diremmo a nulla, per la verità), in quanto non condiziona per nessun motivo quello che, in effetti, è il motore che avvia le crisi. Crisi che è determinata da serie di difficoltà o, in taluni e ben evidenti casi, da vere e proprie inadeguatezze nel comportarsi in modo diverso da quella manifestazione, talvolta inappropriata (per alcuni, non per tutti, per fortuna) manifestazione de sé; è a queste crisi che bisognerebbe porre rimedio per cercare di perfezionare veramente la circostanza che avvia il processo che porta alle crisi comportamentali.
Bisognerebbe evitare di confondere la persona con la condotta che manifesta, particolarmente nel linguaggio con cui si rappresentano gli eventi o con cui si parla dell’alunno stesso sia ai colleghi o ai genitori che agli stessi compagni. In un ragionamento, qualunque esso sia e per qualunque ragione esso sia stato determinato. Non si può affermare, riferendosi all’alunno, “tu sei un irresponsabile” oppure “sei aggressivo”.
L’alunno, contrariamente a questa modalità di intervento, dovrebbe, invece, essere convinto di poter modificare il proprio comportamento, per divenire collaborativo. Perché se, al contrario, lo convinciamo, con interventi di questo tipo, di “essere” ciò che fa, allora non potrà cambiare e condannerà se stesso a “progredire” nel suo essere negativo, acutizzando la sua modalità di relazionarsi e confrontarsi. Non possiamo essere ciò che siamo in un momento “x” della nostra giornata.
Quali sono le funzioni che si rilevano più di frequente?
In genere un comportamento esplosivo, problematico e oppositivo viene esaminato a fronte – come correttamente si evince nel “Piano generale dell’istituzione scolastica” dell’Istituto Comprensivo “Lorenzo Lotto” di Jesi diretto, con elevate qualità pedagogiche e gestionali, dal DS Prof.ssa Sabrina Valentini (di cui si allega l’eccellente modello di “Piano individuale di prevenzione delle crisi comportamentali”), delle seguenti situazioni:
- Per ottenere un oggetto o una possibilità, attenzione dagli altri, un’attività gradita, scarico di eccessiva tensione emotiva (rabbia, paura, stess, aggressività, …)
- Per evitare qualcosa che non si vuole fare, luoghi in cui non si vuole andare, situazioni nelle quali non ci si vuole trovare , stimolazioni sensoriali non sopportabili (frequente nell’autismo).
Il comportamento rinforzato: quando e in che modo?
È palese che un comportamento viene rinforzato dalla circostanza che, a seguito di esso, si consegua ciò che si anelava o si riesca ad evitare quello che non si voleva. È bene, però, contestualizzare e chiarire, una volta per tutte, che questo “meccanismo” non è attivato in forma cosciente e volontaria dal ragazzo. Non lo è in questi casi, potrebbe esserlo, naturalmente, per altri soggetti che, invece, ne determinano il meccanismo con volontarietà. Ma non in questa tipologia di alunni.
Le punizioni funzionano? No. No possono incidere sulle difficoltà da cui dipendono le crisi comportamentali
Le punizioni non funzionano. Naturalmente, parliamo, in genere. Esse, infatti, non possono incidere sulle difficoltà da cui discendono le crisi comportamentali. La massima punizione pensabile è la sospensione da scuola; per i nostri allievi che non desiderano andare a scuola, essa diventa, quindi, un premio.
Ecco perché il ministero, e il Ministro dell’Istruzione in prima persona, correttamente e intelligentemente, stanno pensando ad altro. Parliamo pur sempre della più importante agenzia educativa e altri devono essere i meccanismi. Per non parlare, poi, degli altri alunni, il cui allontanamento peggiora tutte le situazioni di ansia, di inadeguatezza, di timore del rifiuto. I disfunzionamenti della memoria, si legge in un pregevole documento dell’USR Emilia-Romagna allegato alla nota prot. 12563 del 5 luglio 2017 “II Edizione Rivista e Integrata”, la difficoltà di comprensione dei nessi causali, il limitato senso del tempo, la portata ridotta della comprensione di sé e degli altri, l’empatia carente, sono tutti elementi che rendono inefficace la punizione in quanto essa non può venire compresa dall’alunno. Inoltre, le punizioni hanno limiti precisi: esauriti quelli, se il ragazzo prosegue (perché non può o non sa comportarsi in altro modo), cosa si fa?
Il suggerimento lo fornisce lo stesso Ufficio Scolastico Regionale dell’Emilia-Romagna nella nota più volte richiamata. Serve sviluppare identità positive. “Tutte le scuole, in qualche modo, annoverano tra le loro finalità il potenziamento delle capacità sociali e lo sviluppo personale degli allievi. Ciò in quanto è ben chiaro che il compito della scuola, che pur si realizza tramite gli insegnamenti cosiddetti “accademici” (lettura, scrittura, matematica, scienze, arte, ….), non si esaurisce con essi né si limita alla trasmissione di contenuti da ripetere. Il sostegno alla crescita emozionale e sociale degli alunni è il filo rosso che intesse il lavoro della scuola; inoltre un buon equilibrio interiore e un sereno rapporto con gli altri costituisce la base essenziale per la cosiddetta “disponibilità ad apprendere”.
Riuscire a riattivare in questi alunni il desiderio di fruire delle opportunità che la scuola può fornire loro
Scrive il Center for Mental Health UCLA “Il dilemma delle scuole che hanno un grande numero di alunni con cattivi comportamenti, non è quello di riconquistare il controllo sociale, ma di riuscire a riattivare in questi alunni il desiderio di fruire delle opportunità che la scuola può fornire loro, per espandere i loro orizzonti e costruirsi un futuro di speranza”.
Ed è veramente così. La presenza di crisi comportamentali a scuola, così come di problemi comportamentali in genere, anche potenzialmente meno pericolosi e disgreganti, costituisce forse il maggiore generatore di paure, di tensioni e di scontri all’interno della comunità scolastica, e non soltanto in essa, naturalmente. La famiglia, la scuola e nel complesso la società (meglio la comunità nella quale l’alunno vive) dovrebbero iniziare a pensare che le crisi comportamentali sono una opportunità di apprendimento in primo luogo per gli adulti. Solo dopo o solo congiuntamente di tutti i ragazzi, i bambini, i nostri alunni
Modello Piano individuale di prevenzione delle crisi comportamentali