Comportamenti problematici in classe da parte degli alunni: scarica scheda di osservazione per analizzarli e ridurli
Alcuni accorgimenti possono ridurre i comportamenti problematici e permettere una più facile gestione delle loro manifestazioni. Uno dei primi interventi su cui riflettere è l’organizzazione degli spazi, a partire dalla disposizione dei banchi/arredi.
La scelta della posizione più idonea destinata al bambino (e/o al piccolo e grande gruppo di appartenenza) scaturirà da alcune valutazioni:
- dal punto di vista dell’insegnante, avere il bambino nella propria visuale permette di mettere in atto una serie di strategie che mireranno a coinvolgerlo nelle attività scolastiche e parallelamente intervenire tempestivamente in caso di azioni non corrette,
- la possibilità di muoversi tra i banchi/arredi e raggiungere senza difficoltà ogni bambino migliorerà il controllo sulle attività;
- bisognerà valutare quali compagni sono vicini al bambino poiché, ad esempio, i compagni più tranquilli possono favorire un modello positivo di comportamento.
La manifestazione di difficoltà legate alla capacità di autoregolazione del comportamento
In genere le circostanze che rafforzano la manifestazione di difficoltà legate alla capacità di autoregolazione del comportamento sono le situazioni poco strutturate, ad esempio la ricreazione, alle attività in palestra. Più il bambino riuscirà a prevedere e comprendere che cosa l’ambiente si aspetta, maggiori saranno le probabilità che cercherà di soddisfare tali richieste. Ciò avviene – come si legge nell’ottimo Protocollo per la gestione dei “comportamenti problema” realizzato e in uso all’Istituto Comprensivo Statale “Vincenzo Randi” di Ravenna, magistralmente guidato diretto dal dirigente scolastico prof. Mirco Banzola – poiché il futuro appare ai suoi occhi poco prevedibile, non anticipa che cosa potrà accadere, fa fatica ad organizzare attività future; il suo comportamento sarà invece più controllato se saprà esattamente quello che deve fare. Perciò l’ordine, la routine risultano essere dei validi alleati nella gestione dello stile impulsivo. Alcuni esempi di routine sono: presentare le attività della giornata, controllare il materiale didattico necessario, concordare le pause, creare un inventario che includa le routine già esistenti in classe e rendendo esplicite quelle tacite, riconoscere l’impegno del/dei bambino/i anche per le piccole cose.
Le regole della classe
Grazie agli strumenti di osservazione, diventa chiaro che il comportamento del bambino viene influenzato da una determinata situazione in cui si trova e in cui manifesta la difficoltà di pianificare e regolare il comportamento. In tutti i momenti della vita scolastica in cui non vi siano chiare regole e ruoli si possono presentare situazioni scatenanti che dovranno essere opportunamente analizzate per introdurvi regole e attività strutturate prevedibili. Offrire un supporto al bambino per gestire il comportamento agendo sugli antecedenti significherà anche definire all’interno della classe poche, semplici e chiare regole che, per essere efficaci, dovranno essere discusse, condivise e approvate da allievi e insegnanti. La cosa più importante è far sì che gli alunni le avvertano come proprie: “Se mi dici una cosa, posso dimenticarla. Se me la mostri, può darsi che me la ricordi. Ma se mi coinvolgi, non la dimenticherò mai più” (Tagore). Inoltre tali regole dovrebbero essere espresse sotto forma di informazioni e affermazioni, anziché una lista di divieti (“fai…” anziché “non fare…”).
Gli interventi basati sulle conseguenze
Gli interventi sulle conseguenze riguardano le strategie volte a migliorare il comportamento tramite la risposta dell’insegnante e attraverso le conseguenze derivanti dalle azioni dell’alunno poiché dopo qualsiasi comportamento – come si legge nell’ottimo Protocollo per la gestione dei “comportamenti problema” realizzato e in uso all’Istituto Comprensivo Statale “Vincenzo Randi” di Ravenna – si verificano degli effetti piacevoli o spiacevoli: quelle positive aumenteranno la frequenza, l’intensità e la permanenza di una manifestazione comportamentale, mentre quelle negative le faranno diminuire.
I rinforzi positivi
Con i bambini l’uso delle conseguenze positive, utilizzate strategicamente, in modo immediato, frequente e vario per evitare che diventino un’abitudine, consente di raggiungere un risultato notevole. Individuare le conseguenze che sono davvero rinforzanti è il primo passo per programmare un intervento di questo tipo. Attraverso l’osservazione l’adulto potrà notare quali sono i comportamenti che si verificano con più frequenza e che quindi risultano più rinforzabili. Non è auspicabile ricorrere troppo frequentemente a rinforzi tangibili, al contrario i rinforzi simbolici (bollini, punti, gettoni, ecc.) sono strategicamente utili perché dopo essere stati accumulati possono essere scambiati con oggetti, attività o situazioni piacevoli precedentemente stabiliti con il bambino.
I rinforzi negativi (da non confondere, né attivare, con le punizioni)
Le conseguenze negative sono dei buoni regolatori del comportamento e, facendo parte della vita, non possono essere evitate. La mancanza di coerenza nell’utilizzo dei rinforzi negativi può rafforzare il comportamento problema. Non dovrebbero essere, inoltre, la prima o l’unica strategia a cui l’insegnante deve ricorrere, ma essere sempre associate a conseguenze positive perché il principale limite di tale strumento è che fornisce informazioni su ciò che è inadeguato senza fornirne su ciò che è appropriato. Tra le conseguenze negative più utilizzate:
- L’ignorare pianificato: ignorare sistematicamente il comportamento indesiderato. Questa conseguenza negativa non è applicabile quando il comportamento è pericoloso o eccessivamente disturbante, tale da richiedere la messa in atto di strategie alternative.
- I rimproveri: essi dovranno essere centrati sul comportamento, quindi contenere una descrizione dello stesso e del perché è considerato indesiderato, suggerirne uno alternativo esplicitando quali vantaggi ne deriveranno (evitare di chiamare per nome il bambino mentre lo si rimprovera, al fine di evitare di associare il bambino al comportamento negativo) .
- Il costo della risposta o Token Economy: questa procedura richiede che vengano messi a disposizione del bambino un certo numero di punti, bollini o gettoni all’inizio di tutte le lezioni giornaliere. L’insegnante e il bambino decideranno insieme quali ricompense otterrà in base ai punti conservati o guadagnati grazie ai comportamenti corretti. Al contrario se si verificheranno comportamenti inadeguati, precedentemente stabiliti, l’intervento non prevederà la possibilità di ricevere un ulteriore punto/bollino/gettone. Alla fine della giornata, in base al conteggio dei bollini in possesso, l’alunno potrà scegliere una ricompensa. Il numero dei bollini deve essere sufficiente affinché alla fine delle lezioni il bambino ne possieda un numero adeguato.
- Il time-out: dovrebbe essere inteso come un momento di pausa, proprio come avviene in ambito sportivo quando l’allenatore vuole riportare la squadra a concentrarsi, soprattutto nei momenti di difficoltà. È una tecnica di modificazione del comportamento che mira a interrompere comportamenti aggressivi, collera con una sospensione di attenzione, soddisfazione. Questa strategia consiste nel collocare il bambino in un luogo neutro e tranquillo per allontanarlo dalla situazione in cui si verifica il comportamento indesiderato.
Gli obiettivi del time-out
Con il time-out si perseguono due obiettivi:
- interrompere il prima possibile il comportamento problema;
- aiutare il bambino a raggiungere la capacità di autocontrollo.
Quando l’alunno sarà motivato a ridurre le reazioni negative e a individuare modalità di comportamento alternative?
Di solito i bambini non apprezzano il time-out poiché comporta – come si legge nell’ottimo Protocollo per la gestione dei “comportamenti problema” realizzato e in uso all’Istituto Comprensivo Statale “Vincenzo Randi” di Ravenna, magistralmente diretto diretto dal dirigente scolastico prof. Mirco Banzola – la perdita di qualcosa e provoca un senso di irritazione che scompare alla fine della sospensione. Se si ricorre sistematicamente a questa strategia l’alunno sarà motivato a ridurre le reazioni negative e a individuare modalità di comportamento alternative, ma richiede la presenza di un ambiente adatto per poterlo attuare. Bisogna innanzitutto scegliere uno o, al massimo, due comportamenti “bersaglio” sui quali applicare il time–out metodicamente e solo dopo essere riusciti a ridurre il primo comportamento è possibile sceglierne un altro da attenuare. Affinché la tecnica dia i risultati sperati, il comportamento negativo deve essere individuato immediatamente e il time-out applicato subito al manifestarsi del comportamento negativo. Contemporaneamente il bambino non deve sentirsi, escluso, dispregiato o giudicato, comunque deve percepire la bontà dello sguardo di attenzione su di lui e il supporto emotivo dell’adulto di riferimento.
La gestione della crisi
Durante una crisi comportamentale di tipo esplosivo si possono verificare situazioni di pericolo per l’alunno stesso (rischia di farsi male e di subire le conseguenze psicofisiche dovute ad un eccesso di stress), per gli altri alunni (per il rischio aggressioni, per un vissuto di minaccia e di paura), per gli insegnanti (sia dal punto di vista fisico che emotivo). È quindi necessario che l’alunno non faccia male a se stesso, agli altri e non distrugga gli arredi/oggetti scolastici. L’adulto deve cercare di rimanere calmo, evitando di perdere la pazienza e qualsiasi forma di reattività, così che il bambino non percepisca stati di tensione.
Non ledere la dignità del bambino
L’insegnante – come si legge nell’ottimo Protocollo per la gestione dei “comportamenti problema” realizzato e in uso all’Istituto Comprensivo Statale “Vincenzo Randi” di Ravenna – può scegliere se far uscire dall’aula i compagni, o portare fuori l’alunno così da preservare la loro sicurezza e garantire un ambiente più disteso e la privacy necessaria per non ledere la dignità del bambino. Se si decide di far allontanare i compagni essi devono sapere dove andare, come andarci e chi avvertire. In ogni caso, un alunno non può mai, per nessuna ragione, essere lasciato solo in un momento di crisi, in qualsiasi ambiente si trovi e l’allontanamento dal gruppo non può essere utilizzato quale unico metodo per interrompere la crisi e/o gestirla. L’ambiente prescelto dovrebbe avere delle caratteristiche tali da poter effettivamente aiutare il rilassamento e la progressiva ripresa di contatto con la realtà; deve quindi essere accogliente, magari con l’angolo morbido, e fornire la possibilità di ascoltare musica o svolgere attività che all’alunno piacciano.
La crisi e la scheda di osservazione
Durante la crisi – come si legge nell’ottimo Protocollo per la gestione dei “comportamenti problema” realizzato e in uso all’Istituto Comprensivo Statale “Vincenzo Randi” di Ravenna, magistralmente guidato diretto dal dirigente scolastico prof. Mirco Banzola – occorre mantenere il contatto verbale con il ragazzo, senza parlare né troppo né poco, rassicurandolo e confermandogli che non deve avere paura. Nel caso di alunni non verbali, il linguaggio corporeo diventa fondamentale insieme al sapere cosa può aiutarli a rilassarsi o a distogliere l’attenzione. L’atteggiamento di chi gestisce un ragazzo in crisi deve essere quello di chi aiuta e sostiene la persona, mai di colui che si vendica o punisce: occorre sempre ricordare che una crisi comportamentale deriva da una sofferenza profonda che il ragazzo non riesce ad esternare in altro modo. Il contenimento fisico, cioè fermare l’alunno, è l’ultima strategia da mettere in atto, dopo che qualunque altra modalità/approccio non abbia funzionato e solo quando si presentano rischi per la sicurezza e per l’incolumità propria e degli altri (esempio mentre trascina un compagno). Quando il ragazzo si sarà calmato, si potrà procedere con il “debriefing”, cioè analizzare ciò che è successo cercando di elaborare insieme l’accaduto. Tuttavia, l’intervento educativo NON si può basare sulla SOLA risposta al comportamento problema, per quanto possibile si deve prevenire l’evento “esplosivo”. Il gruppo docente, in accordo con la famiglia e con gli operatori socio-sanitari, se presenti, definiscono metodologie, strategie, strumenti, percorsi, laboratori attivare per tentare di ridurre le crisi, (anche nel caso in cui non sia possibile estinguerle completamente) dopo aver individuato la funzione o le funzioni del comportamento problema.