Come usare le api BEE BOT e BLUE BOT nella scuola: robotica educativa e coding

Partiamo innanzitutto col dire che cosa sono. La Bee Bot e la Blue Bot sono strumenti di robotica educativa che aiutano a fare coding e coding unplugged nella didattica quotidiana.
Entrambe sono piccole api robot educative e programmabili che aiutano ad attivare percorsi di coding a scuola.
L’ape Bee Bot, piuttosto conosciuta e di facile utilizzo, si spende benissimo nella didattica dei bimbi dai 3 ai 10 anni. Non ha bisogno di strumenti digitali, di corrente elettrica (se non per ricaricarla) o di rete wifi. Entrambe si ricaricano a corrente con un semplice caricabatteria. Seguono percorsi su griglie di quadrati di 14-15 cm che permettono un’attività di coding unplugged (fare coding senza strumentazione informatica), oppure su caselle singole. Griglie e caselle sono acquistabili nei negozi specializzati o realizzabili con curiosità e fantasia da docenti e alunni.
Le due apine suscitano senza dubbio molto interesse tra i bambini, per il loro aspetto e per la facilità con cui possono muoverle. Con questi strumenti è possibile costruire percorsi di coding e storytelling nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, oltre a percorsi specifici e individualizzati per i bambini in difficoltà anche nella scuola secondaria. Adattissime per fare coding unplugged, hanno bisogno di pochi e semplici materiali che possono anche essere costruiti manualmente dai bambini.
Andiamo nello specifico. Che cosa è la Bee Bot?
La Bee Bot è un piccolo robot che insegna ai bambini come muovere lo strumento e se stessi nello spazio, che aiuta a sviluppare il pensiero computazionale e a fare coding, con tutti i vantaggi ad esso connessi. E’ pensato per gli alunni della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, nonché per i ragazzi in difficoltà di qualunque fascia d’età. Può diventare un utile strumento di motivazione anche per le scuole in ospedale o per gli Enti e le Associazioni che si occupano di bambini fragili. Si muove su una scacchiera, griglia, reticolato o tabellone di quadrati di 14 cm per 14 cm (va bene anche 15), realizzati dai ragazzi, in dotazione nella scatola o acquistabili separatamente. Riesce a memorizzare una serie di passi e quindi muoversi sul percorso desiderato programmando un passo per volta o una serie di passi multipli. Memorizza fino a 40 comandi.
Tutti i comandi sono sul dorso (a differenza di altri robottini, come ad esempio Cubetto): avanti, dietro, destra, sinistra. Le rotazioni sono di 90° a destra o a sinistra. Sempre sul dorso è visibile il tasto “pause” che permette all’ape di fermarsi per un secondo, mentre il tasto “clear” rappresenta il reset della memoria, importantissimo per liberare la memoria e proseguire con un nuovo percorso, fino al raggiungimento dell’obiettivo. Ogni bambino ha tempi e modi diversi per raggiungere la propria meta. Un passo alla volta o la programmazione di una serie di passi multipli lo porterà alla casella desiderata. Ogni volta che il bambino programma una serie di passi, la Bee Bot li memorizza, quindi, se nel percorso successivo si desidera ripercorrere lo stesso tracciato, è sufficiente cliccare sul “Go” per farla ripartire; mentre se l’obiettivo è cambiare programmazione, è necessario cliccare su “clear” e cancellare la memoria. Poi si può ricominciare a programmare.
La Blue Bot
In commercio esiste anche la Blue Bot, diversa nel colore e trasparente, che consente agli alunni di vedere i meccanismi interni ed elettronici del giocattolo. Anche questo strumento è pensato per l’utilizzo della robotica educativa nella scuola. Molto simile all’altro, è un robot da pavimento, o tabellone o scacchiera, come il precedente. Aiuta i bimbi a pensare, ragionare, contare e a sviluppare logica e pensiero computazionale. Si programma via Bluetooth dal tablet o dallo smartphone in modo semplice e giocoso.
Come la Bee Bot si muove su quadrati di 14/15 cm ruotando a destra e sinistra di 45 o 90 gradi.
Entrambe le api si ricaricano con un caricatore e presa USB.
Per l’acquisto di un kit completo esiste anche la base station per una carica multipla, comoda e veloce. Bisogna considerare che per un progetto con l’intera classe, sarebbero necessarie almeno 6 apine. Pur pensando a gruppi di 4-5 bambini per ape, la dotazione ideale si aggira intorno alle 6 api. Non sempre ciò è possibile, quindi, la domanda che mi si rivolge spesso è: come faccio io, insegnante, a gestire tutti se ho un’ape sola?
Pensiamo a possibili soluzioni:
– creare una catena di montaggio per gruppi dove ogni gruppo deve gestire una singola attività di tutto il percorso. Ad esempio: un gruppo costruisce la griglia, mentre un altro prova il funzionamento del robot ed un altro ancora documenta le attività. Insegnare la documentazione aiuta gli alunni ad acquisire maggiori competenze, sia che la documentazione sia cartacea, sia che si usino gli strumenti tecnologici.
– Approfittare della presenza in classe di più insegnanti o educatori e separare la classe facendo il lavoro un gruppo alla volta.
– Lavorare per classi parallele.
– Attivare laboratori a numero limitato con turni a rotazione, per dare a tutti la possibilità di partecipare.
Luci e suoni rendono queste apine dinamiche e simpatiche oltre ad evidenziare se i comandi sono stati programmati correttamente.
Blue Bot può essere programmato anche da IOS e Android con un’app gratuita che è scaricabile su Itunes e Google Play.
Sono entrambe adatte al coding e al coding unplugged.
La Bee Bot, potendo essere utilizzata senza alcuna strumentazione informatica, si spende bene per questo ultimo tipo di percorso. Anche senza tablet, pc e smartphone si può inserire in percorsi di storytelling o logici matematici. La Blue Bot si aggancia ottimamente al coding unplugged e al coding grazie alle app e agli strumenti informatici che la supportano.
Si acquistano nei negozi di giocattoli specializzati in robotica educativa, ma anche on line. Singolarmente o in kit con 6, 12, 18 o 24 apine.
Sul web è possibile recuperare tante risorse, sia per imparare le caratteristiche degli strumenti, che per visualizzare progetti e percorsi in tutte le lingue. Diversi sono anche i video presenti in rete per approfondire l’argomento.
Sarebbe importante non utilizzarli solo come semplici giocattoli, ma inserirli in contesti ludici e didattici appropriati, magari a classi aperte, a gruppi, nei progetti ponte, in percorsi di peer to peer, in un’ottica di learning by doing, dove il bambino diventa il protagonista del suo apprendimento e l’apina diventa lo strumento ludico e motivazionale per apprendere e per arrivare agli obiettivi prefissati dall’insegnante, seppur con nuovi modi di intendere la didattica. I progetti realizzati con i Pon e i fondi messi a disposizione dalle varie scuole aiutano l’acquisto di questi e altri kit di robotica educativa e facilitano l’attivazione di attività scolastiche che vedono la presenza di robot educativi per i bambini. Si impara facendo, giocando ed esplorando.
Come inserirle nella didattica
In modo semplice e accessibile a tutti. Qualsiasi disciplina è ideale. Le api possono essere travestite da animali, da personaggi della storia o di racconti o di fiabe. La griglia può rappresentare qualsiasi scenografia, da quella storica a quella fantastica, alle tabelline, al testo regolativo (per fare qualche esempio). Lo sfondo del reticolo può essere costruito dagli stessi alunni creando un percorso interdisciplinare tra arte, tecnologia e la disciplina tema del lavoro. La costruzione della griglia crea la possibilità di lavorare in gruppo, interagire, raggiungere insieme uno scopo comune. Dopo il travestimento dell’ape e la costruzione della scacchiera o delle singole caselle, il passo successivo è quello di dare dei ruoli. Il bambino può individualmente partire per eseguire il suo percorso o essere guidato da un istruttore: un compagno o l’adulto di riferimento. A rotazione tutti saranno istruttori o esecutori. Al classico percorso: vai avanti, a destra, a sinistra, è possibile associare uno storytelling, un racconto, una fiaba, un aneddoto storico, ecc… a cui gli alunni devono far riferimento per raggiungere la casella. Nella griglia potrebbero esserci caselle che indicano l’errore o caselle su cui non è possibile transitare. L’istruttore potrebbe avere in mano delle carte (realizzate per l’occasione), che istruiscono sul da farsi.
Ottimo anche per le verifiche di qualsiasi disciplina
Con questi strumenti si fa coding e non solo.
Che cos’è il coding?
Fare coding significa scrivere un codice, imparare a programmare. Che cosa? Semplici passi che portano ad una sequenza: avanti, destra, sinistra, ecc. Si utilizzano oggi, nella programmazione per i più piccoli, blocchetti, che, posizionati nel modo corretto, creano un algoritmo e quindi un percorso. L’obiettivo non è certo quello di insegnare agli alunni a diventare dei programmatori, quanto offrire strumenti che portino al ragionamento e alla soluzione di ogni tipo di problema (problem solving e pensiero computazionale).
Il percorso diventa ludico, stimolante, accattivante e porta il bimbo ad un apprendimento attraverso il gioco. Learning by doing, impariamo facendo e giocando.
Tutti questi kit si inseriscono tranquillamente in qualsiasi progetto, sia per arricchire progetti esistenti o in collaborazione con Enti locali, che per implementare una didattica innovativa. Gli ambienti di apprendimento laboratoriale di cui parla il Piano scuola 4.0 del PNRR sono ideali per questo tipo di didattica.
I kit mobili, le aule aumentate, l’introduzione di device nella didattica, l’idea del ragazzo al centro del processo insegnamento/apprendimento è l’idea della scuola di oggi.
Isole d’apprendimento, aule modulari, kit e strumenti informatici, robotica educativacambiano gli scenari e danno una visione di scuola nuova e rinnovata che si adatta al passare del tempo, che sta al passo con l’uomo e la sua grande capacità di innovarsi continuamente.
Ognuno di questi strumenti offre opportunità.
L’idea è quella di cambiare la metodologia e gli strumenti per creare motivazione, curiosità, interesse. I contenuti e gli obiettivi rimangono invariati e seguono i programmi e le indicazioni ministeriali.
Sono i robot ad inserirsi nella nostra didattica, in maniera trasversale, multidisciplinare, con una o più classi; in percorsi di continuità, progetti ponte, peer to peer, curricolo verticale, in modo ludico e creativo dove il ragazzo può esprimere se stesso e valorizzare le sue capacità. La tecnologia al servizio della didattica.
La robotica aiuta a sviluppare il pensiero computazionale e il problem solving perché “costringe” a ragionare, a risolvere un problema, ad aiutarsi reciprocamente.
La correzione dell’errore (debug) è automatica, come la visualizzazione del risultato del proprio lavoro in maniera concreta.
Perché inserirle nella didattica?
Perché la robotica educativa è in grado di porre l’allievo al centro del processo di insegnamento-apprendimento.
Perché promuove una individualizzazione dell’insegnamento in un processo di inclusione dove lo strumento viene utilizzato da tutti gli alunni della classe e l’inclusione diventa automatica.
Perché sviluppa il pensiero computazionale e promuove un nuovo ruolo del docente quale mediatore didattico che coordina, guida, sollecita e incoraggia il ragazzo; promuove la meta-cognizione.
Perché sviluppa dinamiche di lavoro in gruppo e di peer-learning anche tra gradi di scuola diversi.
Il robot diventa qualcosa di cui prendersi cura, che genera attenzione, stupore, curiosità e interesse.
Seymour Papert, matematico sudafricano, ideatore della robotica educativa e teorico del Costruzionismo sostiene che “l’apprendimento è una costruzione piuttosto che una trasmissione di conoscenze ed è reso più efficiente quando è parte di un’attività, come la costruzione di un prodotto significativo”.(Papert)
La robotica valorizza le personali intelligenze, aiuta a lavorare in gruppo, ad attendere il proprio turno, a confrontarsi, a scambiarsi idee, a ipotizzare, sperimentare, verificare. Aiuta ad acquisire consapevolezza, attraverso la meta-cognizione, dei propri punti di forza e di debolezza.
È ovvio che tutto va inserito nel giusto contesto, partendo innanzitutto dalla classe e dai ragazzi che si hanno di fronte. La sola costruzione, la sola programmazione del movimento, il semplice utilizzo, non bastano. Sta a noi docenti inserirli in contesti e progetti appropriati che valorizzino lo strumento e lo rendano efficace a fine didattico. La tecnologia al nostro servizio e non viceversa.
Sarebbe bello insegnare ai nostri ragazzi a diventare utilizzatori attivi dei loro strumenti, invece che semplici consumatori passivi.
Approfondimenti
“Tante scuole hanno inserito nelle proprie attività didattiche percorsi in cui è presente la robotica educativa perché è motivante, innovativa e coinvolgente. Se ben inserita e adattata a percorsi e progetti trasversali e interdisciplinari, diventa un grande strumento di apprendimento e di inclusione. Oggi sul mercato sono presenti diversi strumenti adatti a fare percorsi di robotica a scuola, per qualsiasi fascia d’età: dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado”. https://www.orizzontescuola.it/robotica-educativa-perche-inserirla-nella-didattica/ “La robotica educativa permette al bambino di diventare vero protagonista del suo apprendimento; è lui che costruisce, smonta, pensa, impara e, come disse uno dei miei meravigliosi alunni di 8 anni:”si impara esplorando”. E’ la motivazione che spinge l’alunno a “fare”, a “completare”. Una motivazione che nasce dal suo stesso lavoro, un apprendimento che va oltre l’apprendimento. Il bambino esplora e sperimenta, si pone l’obiettivo di completare la sua “opera” o il suo percorso, che non gli viene imposto dall’adulto di riferimento, ma, ricercando tra le sue conoscenze e le sue abilità. L’insegnante si pone come tutor, facilitatore, mediatore, regista di questo apprendimento attivo. Il motto è “Aiutiamoli a fare da soli”.https://www.scuolaetecnologia.it/2017/03/15/antonietta-doria/la-robotica-educativa-scuola
Nel prossimo articolo+video tutorial, vedremo come imparare le tabelline con Bee Bot e Cubetto.
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