Come potremo affrontare un concorso in estate? Lettera

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Inviata da Daniela Vignali- Gentile Ministra, Sono un’insegnante di matematica precaria della scuola secondaria di secondo grado. Ho 49 anni, ho una laurea in fisica e sono in terza fascia da 6 anni, senza aver mai avuto la possibilità di abilitarmi tramite PAS/concorso/TFA (l’ultima selezione per il TFA è stata fatta un anno prima della mia iscrizione in graduatoria).

La scuola, i miei ragazzi, sono il mio senso, tutto il significato che io attribuisco alla parola lavoro. Anche se le scelte della vita mi hanno tenuta lontano dalla scuola per tanto tempo.

Ce lo abbiamo dentro il nostro sogno, il nostro senso. Nasce con noi, come embrione nella pancia, allunga le sue radici nell’infanzia e diventa germoglio nell’adolescenza. Lo si sente crescere, sotto pelle, ci parla sottovoce, chiede di essere annaffiato.

E poi c’è la vita e il senso di responsabilità.
E la responsabilità, quando ci parla, non si rivolge mai alla pancia, ma al cervello, fa leva sulle nostre paure, sul bisogno di sicurezza, su ciò che la nostra mente percepisce come utile e ragionevole.
E succede che quella vocina dalla pancia la metti a tacere, perché non è il momento, perché hai un posto fisso e abbandonarlo sarebbe folle, perché c’è una figlia da crescere e le bollette da pagare. Quella vocina la ascolterai poi.

Nel mio caso quel poi è durato 20 anni. Anche se non posso dire che il lavoro che ho fatto per 20 anni non mi sia piaciuto.
Ma l’amore è un’altra cosa. Lavorare con amore non è lavorare. È vita che cresce, costruisce, è vita che scambia. È bellezza che ti scorre dentro e ti illumina lo sguardo. È ritrovarsi, perdonarsi, nutrire l’anima, sentire di dare un senso profondo ai giorni. Ecco, questo è per me la scuola.

E ora che ho scelto non tornerei indietro. Anche se il precariato è duro, perché vivo 12 mesi con lo stipendio di 9, perché salutare i ragazzi a giugno, sapendo che non potró essere con loro a settembre è doloroso. È frustrante sentire di non avere mai la continuità, non poter raccogliere i frutti l’anno successivo di ciò che ho seminato il precedente. È triste sapere di non poterli seguire, non vederli crescere, maturare, diventare pian piano giovani uomini e donne di cui andare fiera.

Ma va bene, pur nella precarietà del sentirsi sempre di passaggio, questo mio lavoro resta il più bello del mondo e ne accetto di buon grado tutte le difficoltà. Perché è nell’essere insegnante che trovo il mio senso. Perché non c’è ambizione, promozione, gratificazione economica che possa essere barattata con la ricerca del significato più profondo di ciò che facciamo.
Ho sperato nell’autunno scorso nell’approvazione di in un PAS abilitante. Un percorso lineare, fatto di lezioni universitarie, studio ed esami da superare. Anche alla soglia dei 50 anni so di potercela fare, studio da una vita, ho metodo, determinazione e tanta voglia di continuare a fare questo lavoro.

Mi fa invece più paura il concorso straordinario, che avrà come unica prova scritta un quiz a risposta multipla, senza il superamento del quale non si può accedere all’anno di prova e alla successiva immissione in ruolo/abilitazione. Un quiz a tempo, un minuto a domanda, richiede tanta velocità, prontezza di riflessi e anche un po’ di fortuna. Alla mia età, davanti ad una corsa contro il tempo io ho paura di rimanere indietro.

E questo timore è condiviso dai tanti colleghi che, come me, hanno anzianità anagrafica oltre che di servizio. La situazione per la terza fascia con tre anni di servizio è resa ancora più precaria dalla concomitanza del concorso ordinario, a cui parteciperanno i neo laureati, attraverso il quale tutti gli idonei, anche se non vincitori di cattedra, conseguiranno l’abilitazione e passeranno automaticamente in seconda fascia, scavalcando tutta la terza fascia, che ha accumulato punti e ha conquistato posizioni in graduatoria attraverso tanti anni di servizio.
Il rischio per chi non raggiunge la soglia minima è quello di non lavorare più.
Ma così è, ho deciso di rimboccarmi le maniche, ho comprato il manuale sulle Avvertenze Generali di 900 pagine e ho cominciato a studiare, la sera, nei pochi momenti liberi che la scuola e la famiglia mi lasciano. I primi di Marzo ho conseguito anche i 24 CFU, non richiesti per il concorso straordinario, ma indispensabili per quello ordinario.

Poi è arrivato il Covid e con esso, tutto il dramma che ne consegue e la necessità della didattica a distanza. Pur essendo impreparati, noi Insegnanti ci siamo buttati in questa nuova avventura, con strumenti e risorse personali improvvisati, ma tanta, tantissima buona volontà.

È un mese che lavoriamo a distanza. Lezioni al mattino e correzione compiti al pomeriggio e alla sera. È un mese che non esiste giorno libero, non esiste domenica, la DAD non ha orari. Ciò che in classe correggo per tutti alla lavagna, ora diventa un lavoro di restituzione individuale, allievo per allievo. Con quatto classi, correggo 100 elaborati nuovi ogni 3 giorni.
Vederli tutte le mattine dentro la finestrella del PC, mi riempie di nostalgia, sono arrabbiata con questo maledetto virus che mi sta rubando tanto tempo di vita vera con i miei ragazzi. Tempo che non recupererò, perché il prossimo anno non sarò più con loro.

Ma sento anche che è più che mai fondamentale e prezioso continuare con i nostri incontri online, perchè ci danno forza, senso di unità, ci permettono di non mollare, di avere meno paura. Ed è fondamentale andare avanti col programma, lavorare nel miglior modo possibile, affinché il prossimo anno non siano costretti a recuperare anche questi mesi di lavoro. Già la matematica è una materia piena di ostacoli, ci vogliono i tempi giusti per capirla e metabolizzarla. Vorrei prepararli adeguatamente, vorrei salutarli sentendo di aver fatto tutto il possibile per loro.

Ieri, durante il collegio a distanza, la nostra Preside ha detto: “Sento di dovervi dire grazie, perché in questa situazione di emergenza con il vostro lavoro state dando tutti la dimostrazione di ciò che significa essere PERSONE DI STATO “. E una lacrima è scesa a tanti di noi.

E stamattina leggo che è in approvazione un Decreto che congela gli aggiornamenti delle graduatorie, ma che dà il via libera ai concorsi. Il bando uscirà a breve e le prove verranno fatte appena possibile. E allora penso a quando sarà il prima possibile. Ipotizzo giugno/luglio, per poter completare l’iter necessario per le assunzioni a settembre. Ma giugno luglio è troppo presto per noi, penso. È un mese che la DAD non ci permette più di aprire un libro, perché ci impegna per un tempo che non esagero a dire triplo rispetto alla scuola in presenza. E se penso ai prossimo mesi, se non potremo rientrare a scuola, non riesco a pensare ad un impegno inferiore, fino alla fine dell’anno scolastico. E allora mi chiedo come potremo affrontare un concorso in estate se fino a metà giugno non riusciremo a metterci sui libri.
Mi chiedo se non sia possibile rivedere la procedura di selezione alla luce del periodo straordinario che stiamo vivendo. Perché la posta in gioco per noi è altissima e oggi non siamo nelle condizioni di poterci preparare adeguatamente alle prove.

Grazie per l’attenzione

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