Come inserire in classe degli alunni adottati: tempo, gestione del piano emotivo
La realtà dell’adozione (Legge del 4 maggio 1983, n. 184 – Diritto del minore a una famiglia) è da tempo ampiamente diffusa nella nostra società. In Italia, soltanto nel periodo 2010-2013, sono stati adottati circa 14.000 bambini con l’adozione internazionale e oltre 4000 con quella nazionale. Conseguentemente, anche la presenza dei minori adottati nelle scuole italiane è divenuta un fenomeno quantitativamente rilevante. Occorre considerare che alla condizione adottiva non corrisponde un’uniformità di situazioni, e quindi di bisogni, e che i bambini e i ragazzi adottati possono essere portatori di condizioni molto differenti, che possono andare da un estremo di alta problematicità ad un altro di pieno e positivo adattamento. Non è raro, infatti, incontrare soggetti che presentano benessere psicologico e performance scolastiche nella media, se non addirittura superiori. È, pertanto, molto importante non avere pregiudizi e non dare per scontata la presenza di problematicità nei minori adottati. Detto questo, è innegabile che all’essere adottato siano connessi alcuni fattori di rischio e di vulnerabilità che devono essere conosciuti e considerati, affinché sia possibile strutturare una metodologia di accoglienza scolastica in grado di garantire il benessere di questi alunni sin dalle prime fasi di ingresso in classe.
La scuola secondaria e l’alunno adottato
Nella scuola secondaria di secondo grado il tema si pone in maniera meno urgente perché molti di loro vengono adottati in età generalmente prossima ai 6 anni. Però, per garantire un’adeguata accoglienza anche a questi alunni, è sempre utile e opportuno elaborare un protocollo di accoglienza, sintetizzando i contenuti essenziali del documento del MIM “Linee di Indirizzo”.
Il tempo proporzionato per l’inserimento scolastico è fondamentale
L’opzione di un tempo proporzionato per l’inserimento scolastico è fondamentale per ogni bambino che sia stato adottato. Ciò vale per ogni tipologia di adozione e lo è ancora di più per chi arriva per adozione internazionale lo è, a volte, ancora di più poiché sovente coincidono l’arrivo nel nuovo paese, l’entrata in famiglia e l’ingresso a scuola. Ci riferiamo al cosiddetto “tempo necessario per permettere di recuperare e costruire la sicurezza necessaria ad affrontare in maniera serena le richieste prestazionali che i percorsi di apprendimento richiedono; tale periodo varia in funzione dell’età del bambino e della sua storia pregressa. Un alunno adottato che si è trovato in un tempo molto breve privato dei riferimenti spaziali e comunicativi cui era abituato necessita, da parte di chi lo accoglie a scuola, cautela e rispetto dei tempi dell’adattamento personale alla nuova situazione. Le prime fasi dell’accoglienza devono dunque sovente basarsi sull’appianare le difficoltà che possono comparire in relazione alla necessità dei bambini di esprimere i propri bisogni primari personali”. Così recita, infatti, con ogni ottima intuizione il documento allegato alle “Linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio delle alunne e degli alunni che sono stati adottati – 2023” (prot.AOOGABMI n.5 del 28.03.2023). documento al quale, più volte, stiamo facendo riferimento, per non dimenticarci dell’importanza di una conoscenza adeguata non solo delle norme ma anche dei numerosi suggerimenti operativi che le stesse forniscono.
La regressione sul piano emotivo è fondamentale
L’allegato 2 delle “Linee di Indirizzo” ci parlano, neppure troppo a margine, sebbene indicandolo in una nota, spesso dis-attenzionata, per la verità, della cosiddetta “regressione emotiva”. L’esperienza evidenzia che i bambini e le bambine adottati internazionalmente (soprattutto nella fascia di età 3-10 anni) hanno necessità, una volta arrivati in Italia, di una fase di regressione sul piano emotivo. “Tale regressione – si legge nella nota 1 – è funzionale al superamento dei grandi cambiamenti che sono avvenuti nei pochi mesi dal loro arrivo in Italia (dalla perdita dei riferimenti sociali, culturali e linguistici del Paese di provenienza, alla tensione della nuova realtà adottiva). Nello specifico, si riscontrano, talvolta, immature istanze emotive nella relazione con il gruppo, in quanto alunni maggiormente esposti alla naturale curiosità e soprattutto alle critiche, che vengono interpretate dai bambini adottati come un segnale del loro non sentirsi all’altezza, poiché la loro capacità di adattamento dipende ancora principalmente dal consenso degli altri. In tali circostanze potrebbe acuirsi l’ansia da prestazione (ad esempio nelle funzioni linguistiche), che talvolta contrasta con le loro reali potenzialità cognitive”.
La cura dell’aspetto affettivo-emotivo per arginare stati d’ansia e d’insicurezza
Risulta importante e utile, da parte del docente, una particolare attenzione (mai poca, in questi casi) all’aspetto affettivo-emotivo. Tale cura è utile per arginare gli stati d’ansia e d’insicurezza che possono evidenziarsi talvolta in tale momento (molto critico), “mediante l’instaurazione di un rapporto cooperativo che configuri l’insegnante stesso come adulto di riferimento all’interno del nuovo ambiente. Pertanto, nella scelta della classe e della sezione si suggerisce di prediligere, nel limite del possibile, un team di insegnanti stabili che possano garantire una continuità di relazione interpersonale e un clima rassicurante. Si avrà cura, altresì, di assicurare che gli educatori, gli insegnanti e tutto il personale ricevano una formazione specifica sulla comunicazione con i genitori, con particolare riferimento al colloquio di accoglienza, e sull’inserimento scolastico del bambino adottato”.
Il silenzio utile a valutare
Il silenzio è d’oro, recita un proverbio. Nel caso di un alunno adottato è vitale. In alcuni alunni adottai la “fase del silenzio” corrisponde al periodo nel quale egli osserva, valuta, cerca di verificare e capire l’ambiente nel quale deve vivere e di fatto vive. Non è prevedibile affatto la durata di questa fase. L’unica cosa certa è che va rispettata non confusa frettolosamente (ed in maniera assolutamente errata) con una incapacità cognitiva o con una non ben definita volontà di applicazione o di collaborazione. Questa fase, talvolta, è alterata da momenti di eventuale agitazione e di opposizione talvolta apparentemente insensata.
Costruire l’alfabetizzazione emotiva
Riprendiamo qui, una riteniamo utilissima indicazione dell’allegato alle “Linee di indirizzo”. Si legge “L’invito agli insegnanti è di costruire opportunità volte all’alfabetizzazione emotiva nella comunicazione per attivare solo dopo l’approccio alla lingua specifica dello studio. Pur tenendo in considerazione l’età degli alunni e il grado di istruzione frequentato, il metodo didattico, in queste prime fasi, può giovarsi di un approccio iconico (intelligenza visiva) ed orale (intelligenza uditiva) per incentivare e mediare le caratteristiche affettive d’ingresso all’apprendimento”. (…) “Una buona accoglienza e un buon andamento scolastico del bambino che è stato adottato concorrono a definire il successo dell’incontro adottivo e la sua evoluzione futura. L’adozione di un bambino, quindi, non interessa solo la sua famiglia, ma coinvolge necessariamente gli insegnanti e i genitori in un confronto costante”.
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