Come insegnare la letteratura contemporanea a scuola
C’è un tema che probabilmente molti insegnanti di italiano di scuola secondaria avrebbero difficoltà a svolgere: nella scelta dei libri da far leggere ai propri studenti, meglio prediligere esclusivamente i classici o attingere alle nuove proposte dell’attualità letteraria e culturale?
In quest’ultimo caso, come procedere alla scelta dei testi in maniera non casuale o immotivata, vista l’assenza di un canone autorevole e accettabile?
Un aiuto probabilmente verrà a loro dal nuovo saggio di Romano Luperini, Dal modernismo a oggi. Storicizzare la contemporaneità, (Carocci 2018), in cui l’autore tratteggia l’evoluzione della forma poetica e romanzesca dal Primo Novecento sino ai finalisti del Premio Strega 2017. L’intento più urgente, esplicito dalle prime pagine e su cui si focalizza una buona parte dell’opera, è offrire uno strumento a tutti coloro che, volendo non restare confinati alla scelta rassicurante dei classici, sentono il bisogno di mettere una distanza tra sé e l’ipertrofia del mercato e dei tanti primi letterari, talk show, top ten list che inquinano il panorama della produzione letteraria attuale.
Un saggio militante, insomma, in cui il critico letterario, pur constatando in maniera quasi ossessiva la fragilità del proprio statuto, riesce a fare anche il proprio mestiere, individuando gli autori che per la qualità delle loro opere meglio definiscono un periodo, o perché – parafrasando quello che si dice da p. 15 – ne accettano poetiche e caratteristiche dominanti o perché da esse prendono le distanze e magari propongono modelli alternativi. In una sola parola, storicizzando.
Nella premessa Luperini entra nel vivo della questione che ci siamo posti all’inizio e afferma, dopo aver messo in evidenza i tanti ostacoli che la società frappone alla storicizzazione del presente, che “Orizzontarsi in questa girandola di titoli è difficile, anche perché ormai da anni non esiste più una società letteraria capace di selezionare e distinguere. Da questa situazione esce svantaggiata anche la scuola, che pure potrebbe essere uno dei principali agenti canonizzanti. Privo di orientamenti, l’insegnamento della letteratura contemporanea brancola nel vuoto. Mentre nessun professore, per studiare il romanzo dell’Ottocento, farebbe leggere a uno studente un’opera di Guerrazzi o di Rovani, quanto più ci si avvicina al presente tanto più le scelte, in assenza di qualsiasi indicazione o suggerimento autorevoli, e in presenza invece di una molteplicità frastornante di proposte, tendono a essere casuali, spesso immotivate” (p. 15).
Si coglie in queste come in altre pagine del saggio la sensazione di un declino, la fine del mandato che la società civile implicitamente affidava agli studi letterari e alla critica, evidenti nella descrizione accorata di Edoardo Sanguineti come ultimo grande intellettuale del secolo scorso: “Sanguineti non è solo uno scrittore e un critico letterario: è stato un intellettuale, uno di quegli autori – come Fortini, Pasolini, Calvino, Sciascia, per citare alcuni esponenti della sua generazione – che non restano negli steccati dello specialismo, conoscono la grande cultura europea – arte, storia, politica, filosofia – e le sue principali letterature, antiche e moderne, e ricercano i nessi tra etica e società” (p. 92). C’è stato un tempo – ma non è più quel tempo – si legge ancora qualche pagina più avanti “in cui letteratura e saggistica potevano almeno conservare l’aspirazione a superare la propria separatezza in senso non consumistico ma civile e a entrare in un dibattito generale e in un conflitto delle interpretazioni che attraversa una parte non indifferente del corpo sociale” (p. 108).
E così, dopo le promozioni di un certo Saviano (quello di Gomorra, prima che l’autore venisse inghiottito dal ruolo postmoderno di star del giornalismo), di Annie Ernoux (specie per un romanzo non ancora tradotto in italiano, Se perdre), e quella con riserva di Elena Ferrante, ecco che l’autore, pur avendo constatato le armi spuntate della critica e dell’esercizio specialistico sui testi, risponde alla domanda iniziale: “La conoscenza della letteratura contemporanea, insomma, non è necessaria solo per colmare una lacuna nella formazione scolastica dei giovani, ma anche come passaggio obbligato per tornare a leggere gli autori del passato” (p. 135).