Come essere genitori… al tempo del Coronavirus e dopo il DPCM 9 marzo 2020

Crescere è, indubbiamente, nell’era del Coronavirus, un processo che comporta davvero molti impegni, affetti, virtù in cui credere. Sovente il ragazzo, mentre il proprio sviluppo evolutivo tende, per natura organica e psichica, a introiettare tutti gli stimoli che riceve dall’ambiente circostante.
Stimoli, talvolta, che in questo momento storico appare. Il modo di interiorizzare tali stimoli a volte è, abbastanza, occasionale e il più delle volte piomba in una totale disorganizzazione interiore.
La società moderna, multi-tecnologizzata, lancia continuamente messaggi di ogni genere che volontariamente mirano a colpire i giovani, poiché labili e molto sensibili a qualsiasi sollecitazione.
Per cui, stranamente, capita che davanti a una scelta, rimanere a casa in epoca di Coronavirus o imitare altri giovani che, incuranti dei rischi e delle regole, organizzano feste in spiaggia, o nelle case al mare o, peggio, affollare le piazze, i bar (quei pochi rimasti aperti) per un’apericena, la sollecitazione vincente è quella di rimanere appiccicati, l’uno accanto all’altro, in una rischiosa roulette russa. Sino a costringere il governo, davanti a questa escalation criminale a pensare proprio al DPCM 9 marzo 2020. Ed in tutto questo qual è il ruolo dei genitori? Di entrambi, appunto, anche se il crescente numero delle separazioni e dei divorzi ha, di fatto, minato la stabilità organizzativa della cellula fondamentale della nostra società? Sì, quei genitori che dovrebbe avere o, meglio, dovrebbero riappropriarsi del ruolo finalizzato ad organizzare, in maniera più efficace e più duraturo e razionale (logico, potremmo dire) tali sollecitazioni in modo da garantire, o per lo meno provare a garantire, il sano sviluppo del figlio che comincia a prendere atto di far parte di un aggregato sociale.
Naturalmente oggi, iniziata la seconda decade del terzo millennio, il ruolo del genitore resta in assoluto il più difficile, in quanto comporta, più degli altri ruoli, un trasporto umano e organico impossibile da quantificare. Fin dai primi mesi di vita, l’essere umano sente il bisogno di appartenere a qualcuno, a qualcosa, e la sua esigenza di sentirsi parte della realtà si manifesta con lo scrutare e col toccare i primi oggetti circostanti o, comunque, gli oggetti o le scelte poste innanzi e a sua disposizione. Il senso di appartenenza fa parte della natura intrinseca dell’uomo e quando questo viene a mancare egli si ritrova a rotolare nel buio. Il primo nucleo al quale il giovane deve sentire di appartenere è la famiglia, poiché solo in sinergia con essa può coordinare, in modo sano, i rapporti con gli altri e con restanti nuclei sociali ed umani.
Quasi sempre il malcontento dei giovani, in senso lato, scaturisce da un negativo e travagliato rapporto familiare e tale condizione ha, quindi, come risultato un degrado interiore del ragazzo che comincia a cercare all’esterno, fuori dai muri domestici, e con i più svariati mezzi l’ambiente adatto per crescere. È bene sottolineare il fatto che anche i ragazzi che hanno un buon rapporto con la propria famiglia possono provare un totale senso di smarrimento quando si relazionano agli altri e interagiscono con la comunità circostante.
Tale fenomeno, spiega il bisogno che il ragazzo ha di vivere in stretto rapporto sinergico con il mondo nel quale cresce e con la propria famiglia allo stesso tempo. E i risultati sono quelli visti nelle ultime settimane.
Occuparsi dei propri figli non sempre risulta facile, poiché anche i genitori, sballottati dalle vicissitudini familiari o da moti interiori ancora più forti, non sempre riescono a far sì che in casa si crei l’ambiente ideale per crescere in armonia.
La tendenza dei giovani a scaricare le colpe sui genitori è molto diffusa. Però questo aspetto deve essere bene analizzato.
L’adolescenza è un periodo molto lungo della vita umana compreso tra i 12 e 18 anni e tale periodo è caratterizzato dalla crescita generale dell’individuo. Una crescita che modifica i tratti somatici e, molto spesso, le caratteristiche comportamentali e caratteriali. In questo abbondante arco di tempo gli adolescenti vivono degli stati emozionali interiori molto intensi e, di conseguenza, la loro irascibilità generale aumenta, a volte, a ciò, si aggiunge un rapporto genitoriale molto complesso causato da litigiosità o, in estrema ratio anche da abbandoni. Susanna Tamaro in “Va dove ti porta il cuore” sintetizza un poco questo dramma che è dei giovani ed è dei genitori. “Sebbene fossi preparata al fatto che avresti cambiato carattere con l’adolescenza – scrive – una volta avvenuto il cambiamento mi è stato molto difficile sopportarlo. All’improvviso c’era una persona nuova davanti a me e questa persona non sapevo più come prenderla”. Oggi, le tematiche attuali giovanili investono ad alta velocità i nostri tavoli da congresso e le nostre pagine d’agenda.
Molti assumono un atteggiamento empatico con i giovani e a tratti, o sempre, tendono a giustificare il comportamento degli adolescenti in quanto lo stesso ritengono sia dettato da un disagio interiore e da un normale fluttuare psicologico.
Un atteggiamento protettivo che fa sentire sicuro il giovane anche se, da una profonda riflessione, parrebbe che gli adolescenti, i giovani uomini, abbiano bisogno più che di protezione esplicita di protezione implicita.
Servirebbe fornire loro le fondamenta e i mezzi per costruire e difendere il proprio presente ed il proprio futuro.
È necessario trasmettergli coraggio e voglia di vivere.
I ragazzi, spesso, in situazioni drastiche tendono ad assumere un atteggiamento vittimistico.
Tale comportamento mira a sensibilizzare i genitori che, per così dire intenerendosi, diventano più sensibili alla volontà del figlio.
È bene chiedersi, però, in che modo questa assunta sensibilità possa contribuire al sano sviluppo evolutivo dell’adolescente, specie in un momento, come il nostro, nel quale è necessario, invece, un maggior senso di responsabilità e la capacità di leggere i fatti nella loro, talvolta, drammaticità.
Dovremmo porre fine alla predisposizione che tende a rendere plausibili tutti i pasticci che i giovani combinano poiché scaturiti da problemi di varia natura.
L’uomo è corpo e anima allo stesso tempo. Le due cose sono fuse assieme. Ed in quanto, l’uomo, dotato di una parte organica e di razionalità deve essere capace di ragionare e di prendere delle decisioni mature.
Gli adolescenti, ma non solo loro, anche i ragazzi, anche se ventenni, vanno guidati nella costruzione della propria vita.
Questa non va loro costruita, anche a costo di far scontrare il giovane con le problematicità della vita, le delusioni, le punizioni e le costrizioni.
La presenza di tenerezza e amore nei confronti dei giovani è ovvio e scontato che non debba mancare ma, deve essere trasmessa in modo intelligente e creativo.
Basta questo pressapochismo genitoriale, talvolta in scontro con l’intervento dei docenti e della scuola in toto, che danneggia irrimediabilmente i giovani compromettendone il futuro.
I giovani devono ritornare a sognare certi d’avere, sempre attenti, al loro fianco, i genitori. È un momento difficile nel quale, scrive Marcel Proust, i giovani sono “tutti circondati di mostri e di dèi e non si conosce la calma. Dei gesti compiuti in quegli anni, quasi non ve n’è uno che più tardi non vorremmo sopprimere, mentre ciò che invece dovremmo rimpiangere è di non possedere più la spontaneità che ce li faceva compiere”. Però, continua Proust “più tardi si vedono le cose in modo più pratico, pienamente conforme a quello del resto della società, ma l’adolescenza è il solo tempo in cui si sia imparato qualcosa”. Impegniamoci a che rimanga così e affinché anche le secolari forme stereotipate di irresponsabilità siano definitivamente archiviate. Sì, perché non è cambiato molto, rispetto agli eccessi mortificanti di questi ultimi giorni, da quando William Shakespeare scriveva “vorrei che non esistesse quell’età tra i sedici anni e i ventitré o che la gioventù dormisse per tutto quell’intervallo; perché non c’è nient’altro in mezzo se non ingravidare le ragazze, offendere gli anziani, rubare ed azzuffarsi”. Ma non morire o essere responsabili della morte di altre persone, anche familiari, per Coronavirus.