Come affrontare il rientro a scuola (e gli zombie)

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di Benedetta Petroni – Ho scelto di studiare Lettere quando avevo sedici anni e un’insegnante mi ha cambiato la vita. Volevo studiare giurisprudenza e fare tutt’altro, da grande; poi è arrivata Carla. Quello che ricordo sempre di lei, anche quando la penso a distanza di anni, era il suo modo di comunicare, il suo essere adulta e il suo essere giovane. Non si limitava a parlare attraverso i libri di testo, no, per spiegare Montale usava tutti i mezzi narrativi in suo possesso, anche quelli seriali. Il suo obiettivo era avvicinare la grande letteratura al nostro mondo e alle narrazioni di cui, allora, ci cibavamo.

E adesso?

Adesso la sveglia suona tutte le mattina alle sette. Ti alzi pensando già a tutte le incombenze che ti aspettano. Pensi alle interrogazioni programmate; pensi che molto probabilmente non tutte le vittime sacrificali si presenteranno all’appello; pensi che sei indietro con il programma e che, appena finite le interrogazioni, dovrai accelerare con le spiegazioni.

Poche righe, eppure fanno tanta paura. Fanno paura quasi quanto il pensiero di un’apocalisse zombie, uno scenario post-apocalittico o i cieli che si stagliano su La strada di McCarthy. Perché il futuro, in qualsiasi modo lo si immagini, sa essere spaventoso — che sia lontanissimo o vicinissimo. Ma se ricomincia settembre non dev’essere per forza la fine del mondo. Ci sono periodi in cui trovare le forze per affrontare un futuro imminente, come un nuovo anno scolastico, sa essere un po’ più complicato, è vero; può essere utile provare allora a fare un passo indietro nella memoria e tornare tra i banchi oltre la cattedra, tornare ai propri sedici anni.

Per me, almeno, funziona così. Quando penso a lei, a Carla, torna l’entusiasmo per l’insegnamento e anche settembre fa, per un attimo, meno paura. L’antidoto per settembre è la memoria. E la memoria è ricordarsi perché si fa questo mestiere. Ricordare genera entusiasmo. L’entusiasmo va coltivato sempre, non solo nella memoria.

Un vero generatore di entusiasmo e di meraviglia, per me è non solo per me, è per esempio il galeone che naviga a Torino, precisamente in Piazza Borgo Dora: Fronte del Borgo, nella Scuola Holden.

Fronte del Borgo è una realtà pensata per persone under 18 e punta a contrastare la marginalizzazione e la dispersione scolastica con l’avvicinamento gratuito alla lettura e l’empowerment attraverso le storie. Ogni anno, online e in presenza, si occupa di regalare contenuti didattici a ormai più di quattromila persone — corsi come per esempio Giovani Penne Scrittura e Redazione o l’Osservatorio sulla Gender Equality, per adolescenti.

A supportare tutta la gratuità che Fronte del borgo dispensa ogni anno, e a costituire con esso un polo congiunto di strategie e obiettivi didattici, c’è Holden per le scuole: un ufficio rivolto principalmente a chi di mestiere ha il compito di trasmettere a ragazzi e ragazze l’emozione di leggere, scrivere e usare le parole per raccontare quel che si ha dentro e che, spesso, ci tiene in vita. I corsi danno nuove prospettive e spunti per insegnare determinate materie o affrontare dati argomenti, per riacciuffare l’attenzione della classe e introdurre temi di attualità che spesso rischiano di essere sottovalutati dai libri di testo o rimanerne ai margini. Sono percorsi diversi e per tutte le esigenze: alcuni sono dedicati alla scrittura, altri sono guide per orientarsi nel mondo e trovare sempre le parole giuste, altri ancora sono un viaggio di esplorazione all’interno della letteratura, per riappropriarsi di testi e voci rimaste inascoltate dal temibile canone letterario. Ma non solo: alcuni corsi riescono, persino, a rendere innocuo il pensiero di un mondo distrutto, un mondo raso al suolo, un mondo dove la fine dell’umanità incombe; ché spesso il futuro bisogna saperlo immaginare senza stereotipi.

Vedere con occhi nuovi quanto già si conosce dovrebbe essere la spinta cardine in qualsiasi momento della vita. Dovrebbe essere il mantra da ripetere sempre, in qualsiasi ambito – e in quello professionale, forse, questo vale un po’ di più. Saper raccontare non è un passatempo o un divertimento, ma un superpotere che chi insegna deve sempre tenere a mente; e, se necessario, aggiornarlo in base alle generazioni che cambiano.

Quando conduco i laboratori per Holden per le scuole o quando li seguo a mia volta, penso sempre a Carla e al suo modo di insegnare. E allora tiro un sospiro, perché mi ricordo la bellezza di questo lavoro, data dallo splendore dell’aggiornarsi sempre e di non dare mai niente per scontato. Riscopro l’entusiasmo per quel che non so e che ancora posso imparare – e condividere, ovviamente – e la meraviglia per quel che sapevo ma che posso ancora interpretare in modo nuovo e più efficace in aula. È in quel momento che non vedo l’ora di raccontare a qualcuno ciò che di nuovo ho appreso, perché le cose diventano più belle quando si possono condividere, Cicerone e Krakauer docent (e molti altri con loro).

Settembre, ora, fa meno paura? E, invece, un immaginario distopico tipo The Last of Us, o in generale i consumi culturali delle nostre classi, spesso scollegati dai nostri? Una soluzione c’è. Ed è oltre la cattedra. Ci vediamo in aula?

Benedetta Petroni (1997) si diploma alla Scuola Holden in narrazione nel 2018, dove approfondisce la narrazione no fiction e quella giornalistica. Dopo il diploma, continua gli studi universitari e attualmente è laureanda alla magistrale di Lettere moderne. Accanto agli studi porta avanti le diverse attività: pubblica per Internazionale e minima&moralia, scrive per il teatro, insegna italiano come seconda lingua straniera nelle scuole secondarie e primarie e tiene corsi di narrazione per Holden per le Scuole.

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