Collaboratori dei Ds, Cicero (ANCoDIS): “Il nostro ruolo è fondamentale per le scuole. Non temiamo la valutazione del nostro lavoro” [INTERVISTA]
Rosolino Cicero, presidente dell’Ancodis, l’associazione nazionale dei collaboratori scolastici, spiega nel corso di un’intervista ad Orizzonte Scuola le motivazioni alla base della tutela giuridica e contrattuale che da anni chiedono questi docenti. E annuncia la volontà di poter divenire un sindacato a tutti gli effetti.
I collaboratori dei dirigenti scolastici chiedono da anni riconoscimento: giuridico, contrattuale e sindacale. Sono migliaia e migliaia i lavoratori che affiancano all’attività di insegnamento quella di supporto alle attività di pianificazione e gestione scolastica, il cui vertice è comunque rappresentato sempre dal preside.
Ma la macchina organizzativa della scuola dell’autonomia ha col tempo assunto una complessità sempre crescente. Ecco allora che il dirigente scolastico si affida a docenti in grado di svolgere mansioni diverse. Adesso, dopo anni di rivendicazioni, l’ANCoDiS, l’associazione nazionale collaboratori dei Ds guidata da Rosolino Cicero, spinge per diventare un sindacato a tutti gli effetti. Una sigla per tutelare i diritti di questi lavoratori.
Ad Orizzonte Scuola parla proprio il presidente nazionale ANCoDIS, che spiega proprio i presupposti alla base di questa svolta sindacale dell’associazione.
Perché il ruolo del collaboratore del dirigente è fondamentale nelle scuole?
La scuola autonoma è un’organizzazione molto complessa sia per le finalità istituzionali proprie che per le azioni organizzative e gestionali-amministrative che ne conseguono. Interessa una comunità scolastica nella quale si identificano protagonisti portatori di diversi interessi educativi, didattici e professionali. Chi è il responsabile giuridico di questa comunità? Il Dirigente scolastico ovviamente. Ma se poi ci chiediamo chi si fa carico della quotidiana azione di progettazione, gestione, monitoraggio, verifica, di eventuali correzioni in itinere, di garantire i processi organizzativi in tutti i plessi o nelle sedi in reggenza la risposta non può che essere qualche decina di docenti che, individuati ai sensi del comma 5 dell’art. 25 del D. Lgs 165/2001 e il comma 83 della legge 107/2015, assumono l’onore e l’onere di esprimere competenze e professionalità non nell’interesse di qualcuno ma in favore delle loro comunità. Si tratta di donne e uomini che vivono quotidianamente la scuola decidendo di assumere uno o più incarichi aggiuntivi per il funzionamento organizzativo e didattico e senza i quali il dirigente scolastico non potrebbe portare avanti – a partire dal suo atto di indirizzo – il progetto educativo didattico che affida con il Ptof alla valutazione ed approvazione degli organi collegiali. Tutto questo non si può più negare e chi lo fa non è uomo o donna di scuola o è in evidente malafede. Non si dimentichi che nel lontano 1997 il legislatore, nel conferire la qualifica dirigenziale ai presidi, scrisse “nel rispetto del principio della libertà di insegnamento e in connessione con l’individuazione di nuove figure professionali del personale docente, ferma restando l’unicità della funzione”. Previsione ancora oggi disattesa che non ha completato il processo di costituzione della governance scolastica della scuola autonoma.
Come si riescono a conciliare le esigenze didattiche o comunque tipiche dell’insegnamento, con quelle di “governance” della scuola?
E’ un problema che nessuno ha voluto affrontare in questo ventennio. L’azione didattica di un collaboratore del ds subisce molto spesso e in relazione alle deleghe assunte – proprio per la complessità della quotidiana azione organizzativa – una significativa interferenza. Mi risultano colleghi – grazie alla comunità dei collaboratori di ANCoDiS – che lavorano in contesti urbani e in aree territoriali dove sono primi se non unici riferimenti per il personale, per gli alunni, per le famiglie. La possibilità di potersi dedicare al buon funzionamento organizzativo a volte confligge con quella didattica negli ambienti di apprendimento. Occorre dunque fare una scelta di sistema che guardi alla sua efficienza e qualità: riconoscere l’opportunità dell’esonero per almeno un collaboratore che coadiuva il dirigente scolastico – a partire dalle scuole in reggenza e nei plessi distaccati con una popolazione scolastica significativa – è una scelta non più eludibile
Cosa potrebbe cambiare se Ancodis diventasse sindacato?
Si concretizzerebbe l’obiettivo strategico di dare finalmente una voce autorevole, chiara e credibile al “terzo anello” della scuola italiana, costituito da almeno 100.000 docenti che si dedicano non solo all’attività di insegnamento, ma anche al funzionamento organizzativo e didattico e al conseguente sviluppo del piano triennale dell’offerta formativa di ciascuna scuola autonoma. Non si deve più lasciare ai margini del dibattito culturale, politico e sindacale il tema del riconoscimento e della tutela della professionalità di donne e uomini che continuano a subire una insopportabile indifferenza da parte delle organizzazioni sindacali per le quali valorizzazione del merito, diverso sviluppo di carriera e definizione di un’area in seno alla funzione docente restano arcaici tabù. E’ una debolezza del sistema scolastico italiano caratterizzato in ultimo da un CCNL inadeguato rispetto le necessità e la complessità di una autonoma e moderna scuola. Noi vogliamo una scuola più efficace ed efficiente, più corrispondente ai bisogni formativi degli alunni e organizzativi del personale, una scuola per la quale tra le riforme auspicate si possa avere quella che riguarda lo stato giuridico, la valorizzazione della professione docente, il riconoscimento delle figure intermedie, la vera carriera docente. In questi quattro anni ANCoDiS ha dato visibilità professionale ad una categoria che restava dal punto di vista mediatico ai margini e misconosciuta; con la transizione a sindacato – seppur consapevoli della non semplice impresa – il “terzo anello” potrà avere finalmente quella piena rappresentanza con una identità unitaria e sindacale! Il nostro motto è “Lavora e merita il tuo riconoscimento in modo proporzionale alla QUANTITÀ e QUALITÀ del lavoro e non alla tua età”.
Lo staff del dirigente, spesso, non viene visto di buon occhio dagli altri colleghi docenti. Perché secondo lei?
Lei è molto garbato nel dire “non viene visto di buon occhio”! Abbiamo esperienze e testimonianze di vere e proprie aggressioni anche mediatiche che ci identificano in “partigiani del re”, “lecchini”, “zerbini” per arrivare a frasi quale “maledetti. Solo a loro il coronavirus non fa niente!” scritto sotto un mio post. C’è una diffusa acrimonia nei nostri confronti perché ci vedono protagonisti in campo. E’ vero che la nostra presenza è connessa all’autonomia del dirigente scolastico nell’individuare docenti cui delegare specifici compiti o assegnare incarichi di supporto organizzativo e didattico; è anche noto che spesso il dirigente scolastico individua docenti sulla base di indicazioni collegiali e osservazioni sul campo e deve confidare sul senso di responsabilità e spirito di servizio di chi accetta la proposta nonostante non abbia alcun effetto nella propria carriera. Alle tante e tanti docenti impegnati a diverso titolo ad assumere incarichi relativi all’organizzazione e al funzionamento didattico occorre dire semplicemente grazie e riconoscere che senza il loro lavoro aggiuntivo sarebbe impossibile avere una scuola adeguata ai bisogni formativi – oggi più che mai di socialità – degli alunni. Lo dico senza mezzi termini: siamo docenti privilegiati perché abbiamo la fortuna di conoscere la scuola e di viverla dalle due prospettive oggi possibili: dentro gli ambienti didattici e dal vertice dei processi organizzativi e progettuali! Nella nostra proposta è scritto chiaramente che chi decide di impegnarsi nella governance scolastica deve avere specifica formazione in gestione, coordinamento e pianificazione organizzativa, sicurezza, progettazione, coordinamento e pianificazione didattica. Abbiamo una visione completa delle criticità e dei punti di forza, lavoriamo in favore delle nostre comunità scolastiche e riceviamo anche sinceri riconoscimenti da chi ci guarda senza pregiudizio e con gli occhi scevri da posizioni ideologiche. E le dico anche che non temiamo la valutazione del nostro lavoro da parte per esempio del comitato di valutazione o di un altro organo rappresentativo della comunità scolastica. Chiediamo anche di entrare a pieno titolo nella valutazione degli obiettivi poiché riteniamo che i risultati non siano ascrivibili ad un uomo o donna ma ad una squadra.
Il piano estivo previsto dal Ministero vi vede contrari. Può spiegarci i motivi?
Non ci vede affatto contrari! Per il ruolo che svolgiamo nelle nostre scuole abbiamo e poniamo delle osservazioni di merito che si fondano sulla conoscenza delle norme, delle procedure, delle azioni prodromiche che una scuola è chiamata a mettere in campo. L’obiettivo dell’apertura delle scuole nella prossima estate significa costruire un “ponte” che però necessita di essere progettato, di una direzione dei lavori, di una previsione dei tempi e non per ultimo deve tenere conto della complessità della scuola. Riteniamo di evidenziare al Ministro e alle OO.SS. in quali condizioni emergenziali si trovano le scuole: siamo, infatti, alla fine di un complicato anno scolastico con scrutini ed esami da gestire, progetti in fase di svolgimento da completare, possibili contagi da monitorare e seguire, ATA con incarico a tempo determinato che andranno in ferie già a partire dalla seconda metà di maggio. In questa situazione, una squadra di progettisti deve avere forti motivazioni professionali per poter accettare un incarico così complesso. Mentre la Nota 643 del 27/4/2021 a firma del Capo Dipartimento Dott. Versari ricorda a ragione che “l’autonomia delle istituzioni scolastiche assegna agli organi collegiali la responsabilità di individuare cosa fare e come farlo” nessuno tra le forze politiche e le organizzazioni sindacali si preoccupa di chi sarà impegnato nella progettazione, chi segue i lavori, chi monitora, chi propone eventuali correzioni in fase di esecuzione, chi segnala impreviste criticità. Ecco la ragione del nostro disappunto: come già accaduto nella seconda parte dello scorso anno scolastico e successiva estate, diverse migliaia di collaboratori del Ds e le figure di sistema sono consapevoli dell’importante e faticoso impegno al quale sono chiamati insieme ai Ds e ai DSGA ma chiedono semplicemente di avere riconosciuto e valorizzato – come hanno scritto Campione e De Anna nel libro Liberare la scuola – “quel diversamente indaffarato lavoro docente invece di mortificarlo entro un comune e anonimo contenitore incapace di ospitarne la flessibilità, la creatività, la variabilità di parametri organizzativi”.