Classi differenziali, addio nel 1975: oggi sarebbero antipedagogiche e diseducative
I primi anni del ‘900 hanno visto un’intensa riflessione sul ruolo e il posizionamento degli alunni con disabilità nelle scuole italiane. Le leggi degli anni ’60 hanno dato forma a questa discussione attraverso l’istituzione di scuole speciali e classi differenziali, destinate principalmente ad alunni con diverse necessità.
La Legge n. 1859 del 1962 ha permesso l’istituzione di classi differenziali per gli “alunni disadattati scolastici”, proponendo un calendario e un programma didattico personalizzato. Infatti le classi erano destinate anche agli allievi con problemi di condotta o disagio sociale o familiare. Questo è ad esempio il caso dei figli degli emigranti del sud che giungono nel nord-ovest, i quali molto spesso, di anormale hanno solo la scarsissima frequentazione della lingua italiana. Fino alla fine degli anni ’60 la logica prevalente rimane quella della separazione, in cui l’allievo disabile viene percepito come un malato da affidare ad un maestro-medico e come potenziale elemento di disturbo. Il DPR n. 1518 del 1967 ha delineato con maggiore chiarezza le categorie di studenti che avrebbero frequentato scuole speciali e classi differenziali.
Queste classi speciali e differenziali sono state infine abolite nel 1977, lasciando spazio alla figura dell’insegnante di sostegno e marcando il primo vero passo verso l’integrazione degli studenti con disabilità meno gravi nelle classi tradizionali. L’Italia è stato uno dei primi Paesi in Europa a superare le scuole speciali.
L’applicazione della Legge n.118/71 ha scatenato un dibattito tra sostenitori di una piena integrazione e coloro che propendevano per un modello più selettivo. Nel cuore degli anni ’70, una commissione presieduta dalla senatrice Franca Falcucci è stata incaricata di esaminare l’integrazione scolastica in Italia. Il suo rapporto, diffuso nel 1975, ha preparato il terreno per la Legge 104 del 1992 – un caposaldo nella promozione dei diritti e dell’integrazione delle persone con disabilità.
L’evoluzione dell’istruzione per gli alunni con disabilità in Italia è stata un percorso di crescita, dalla segregazione all’integrazione, dimostrando l’importanza di una pedagogia inclusiva per tutti.
A questo proposito è utile ricordare le parole di Andrea Canevero, esimio pedagogista, scomparso nel 2022: “Se un bambino viene ammesso in una scuola che non procede a nessun cambiamento egli viene “assimilato”. Se invece l’accoglimento di un bambino in una scuola comporta piccoli adattamenti, tanto da parte del bambino che da parte della scuola, allora si può parlare di “integrazione”. A maggior ragione, la differenza risulta fondamentale per le scelte educative vissute dai bambini handicappati. L’integrazione è dunque un cambiamento e un adattamento reciproco, un processo aperto e correlato con il riconoscimento e l’assunzione delle identità e delle conoscenze ‘incorporate'”