Ci vuole un miliardo di euro per le scuole non statali, Anna Monia Alfieri: “Serve a garantire ai cittadini il diritto di apprendere senza costi aggiuntivi, come in tutto il mondo, dittature escluse”
Entra a piede teso all’interno del dibattito politico degli ultimi mesi sulla scuola pubblica privata suor Monia Alfieri, un’icona della “vera parità” che auspica il cavaliere della Repubblica per gli alunni italiani. La parità di accesso alla formazione. Come dirà, più avanti nell’intervista, “occorre fare esattamente ciò che avviene in Europa e nel mondo, dittature escluse, ovviamente, ossia garantire ai cittadini”. Ma perché, oggi più di prima, è necessario intervenire e con urgenza? Quali gli attuali costi per o Stato e quanto è necessario prevedere nel prossimo Bilancio per l’accesso “di uguaglianza” alla scuola pubblica garantita dal privato? Nell’intervista una disamina attuale e puntuale della questione.
Riparte un nuovo anno scolastico: rimangono irrisolti gli annosi problemi legati alla scuola pubblica generalmente intesa. Con quale auspicio, Suor Monia, prende avvio questo anno?
«Come ho scritto nella lettera che ho indirizzato agli studenti, ai docenti e ai genitori, il mio auspicio – che forse parrà scontato – è questo: che sia un anno scolastico buono. Un anno scolastico è buono quando è costruito su solide relazioni tra compagni, con i docenti, con i genitori, quando queste relazioni consentono un clima di apprendimento che apre la via alla crescita umana e intellettuale; ancora, quando si fanno esperienze di vita, quando si impara qualcosa dagli altri, quando la mente si apre alle diverse esperienze e il singolo inizia a costruirsi, in questo modo, le proprie idee, il proprio pensiero, la propria visione del mondo e delle cose. In una parola: un anno scolastico è buono quando tutte le persone, a vario titolo coinvolte, si sentono coprotagonisti, corresponsabili del bene dell’altro. Un anno scolastico, al contrario, non è buono, quando regna il piattume, quando le “invidiette” e le rivalità serpeggiano dentro e fuori dalle classi sino ad avere la meglio, quando si guarda solo a se stessi e non si collabora. Questo tipo di realtà va assolutamente evitato».
Suor Monia Alfieri, se fosse nelle condizioni di scegliere, con un decreto, cosa riformare nella scuola: cosa farebbe immediatamente?
«La scuola italiana si trova in una situazione di grande energia e piena vitalità: dopo il covid si sono liberate una molteplicità di proposte che fanno capire che la scuola è il punto nodale della società. Certo la scuola italiana non è libera, perché ai genitori non è ancora stata garantita, nei fatti, la libertà di scegliere la scuola per il proprio figlio: ma sono stati compiuti enormi passi in avanti che fanno comprendere come la meta tanto ambita e tanto desiderata è sempre più vicina. Pertanto, il primo provvedimento che attuerei sarebbe proprio quello della garanzia del diritto alla libertà di scelta educativa per i genitori, di insegnamento per i docenti, di apprendimento per gli studenti. Ben inteso: la scuola pubblica paritaria non chiede soldi per sé ma chiede che sia riconosciuta ai genitori una quota da spendere per l’istruzione dei figli, una quota che può essere spesa presso una scuola pubblica statale o una scuola pubblica paritaria, all’interno di una attenta rendicontazione e sotto lo sguardo dello Stato, controllore e garante e non più gestore pressoché unico del sistema di istruzione e controllore di se stesso. Occorre, dunque, garantire alle famiglie che scelgono la scuola paritaria il 70% del Costo Medio Studente. La spesa è di euro 2.500.000.000,00: da spesare euro 1.000.000.000,00 (compresi i contributi a oggi erogati) nella prossima legge di Bilancio, il resto nelle tre leggi di Bilancio successive. È impensabile che ciò non avvenga: in tempo di fondi PNRR non è ammissibile che si preferisca la chiusura delle scuole paritarie con un costo per lo Stato e i cittadini in primis di 5.141.342.841,92 €. 1Mld oggi o 5,2Mld domani e 6Mld dopo domani?»
Le scuole dell’Autonomia sono scuole che tutelano le identità territoriali e di comunità. Le scuole pubbliche non statali non incentiverebbero, con il loro bagaglio di esperienze, questo profilo dell’Autonomia?
«Certamente. Però è bene chiarire un punto importante per non generare confusione o addirittura sospetto sulla scuola paritaria. La scuola pubblica paritaria fa parte, sulla base della legge 62/2000, del Sistema Nazionale dell’Istruzione. Pertanto, la scuola paritaria vuole attenersi alle indicazioni relative alla normativa giuslavoristica, ai livelli di apprendimento, alla didattica, alla valutazione che le Autorità competenti indicheranno. Così lo Stato si vedrà garantito il proprio ruolo di garante e controllore del sistema di istruzione e non gestore quasi unico dello stesso. Certamente ogni scuola espliciterà nel proprio PTOF gli orientamenti educativi, le proprie impostazioni di pensiero sull’uomo e sulla realtà. E i genitori potranno scegliere liberamente. All’interno di questo sistema, le straordinarie identità che caratterizzano il nostro territorio sarebbero preservate e custodite».
Gli alunni sono davvero liberi di scegliere quale scuola frequentare? Cosa garantire a loro e alle loro famiglie per adempiere pienamente al dettato costituzionale?
«La risposta è semplice: occorre fare esattamente ciò che avviene in Europa e nel mondo, dittature escluse, ovviamente, ossia garantire ai cittadini – che hanno già pagato le tasse – il diritto di apprendere senza costi aggiuntivi. In tutti i Paesi europei i cittadini scelgono liberamente fra una scuola statale e una scuola paritaria, entrambe pubbliche, a costo zero, avendo già pagato le tasse. Si tratta di un modello che favorisce il pluralismo, la libertà di scelta educativa dei genitori, il diritto di apprendere degli studenti, la libertà di insegnamento dei docenti, in sostanza un sistema scolastico di qualità, con rendimenti scolastici ai primi posti Ocse Pisa. Non è un caso che in quelle regioni in cui sono state avviate politiche a sostegno della libertà di scelta educativa dei genitori, i risultati degli apprendimenti sono in linea con gli standard europei. La scuola potrebbe, quindi, tornare ad essere un vero ascensore sociale grazie anche ad una imposizione fiscale più equa ed efficiente».